Noi di Bresciaoggi in chiesa abbiamo salutato Ruggero con questi ispirati pensieri del collega Massimo Tedeschi. Una lettera-tributo ad un uomo proprio speciale.
Caro Ruggero
questa non dovevi farcela. Ti aspettavamo per riprendere le solite telefonate, le corrispondenze, le chiacchierate sulla Valcamonica e sui paesi di cui ti occupavi. E invece, l’altra settimana, in redazione è arrivata come un fulmine a ciel sereno quella brutta notizia e al centro della brutta notizia c’eri tu: il tuo incidente, le tue condizioni di salute.
Sei entrato in redazione a Bresciaoggi tanti anni fa, lo ricordi, e all’inizio ti guardavamo anche con un po’ di sospetto: ma come, ci chiedevamo, un poliziotto che va in pensione e che vuole fare il giornalista?
Tu, come al solito, hai fatto alla svelta a vincere le nostre resistenze. Abbiamo capito subito che ti portavi, dentro, un senso della notizia un po’ speciale, un gusto della scoperta e un piacere del racconto che pochi di noi hanno. E poi, la semplicità: “Correggetemi, correggetemi che ne ho bisogno” dicevi portando le tue prime corrispondenze battute a macchina. E noi ti correggevamo, e qualche volta l’abbiamo fatto anche negli ultimi tempi. Lo sai. Però adesso che non possiamo più pronunciare mezze bugie, lascia che ti diciamo tutta la verità: per noi tu sei stato un maestro. E’ inutile che ti schermisci con la tua cadenza emiliana. E’ inutile che arrossisci. Lo sai che è così.
Ci hai insegnato l’umiltà, ci hai fatto capire che nessuno è solista, che una redazione – un giornale – è una squadra, in cui l’apporto di ciascuno è prezioso e arricchisce il lavoro di tutti.
Ci hai insegnato il senso dell’avventura. Mentre noi diventavamo un po’ impiegati da scrivania, tu salivi in Adamello con il pellegrinaggio degli alpini. Pochi di noi, forse nessuno, l’ha fatto. Tu sì. E se la fatica in montagna è preghiera, quanti rosari hai pronunciato su quei sentieri, sudando e prendendo appunti, e alla fine tornando a valle felice come un ragazzino. Un po’ inviato speciale e un po’ alpino anche tu, promosso sul campo.
Ci hai insegnato la disponibilità. Anche se passavano gli anni, non hai mai pensato che una notizia fosse troppo piccola, una persona troppo poco importante per occupartene con lo scrupolo e la passione di sempre.
Ci hai insegnato il senso della fratellanza. Quasi ognuno di noi conserva un tuo biglietto, un tuo telegramma che l’ha raggiunto nel momento di una gioia familiare, nel momento di un lutto. E ognuno di noi, in quel momento, grazie a te si è sentito meno solo.
Ci hai insegnato l’entusiasmo. Mentre noi diventavamo ogni giorno un po’ più grigi, tu portavi sempre ventate di novità, nuovi travolgenti impegni: le passeggiate, il computer, la musica, i viaggi. Una carica che, nei momenti di stanchezza, ci lasciava ammirati. E un po’ ci contagiava.
Ci hai insegnato il calore umano. Quando arrivavi in redazione e dispensavi pacchetti di caramelle, abbracci, saluti a ognuno di noi, era bello sentirti un po’ il nonno di tutti. Non te l’abbiamo mai detto ma i tuoi incoraggiamenti, i tuoi complimenti, ci hanno sempre fatto un gran bene.
Ci hai insegnato, soprattutto, l’umanità. Ci hai ricordato che il nostro mestiere è fatto prima di tutto di rapporti umani, di passione per le persone di cui ci occupiamo, di amore per la nostra gente e la nostra terra.
Per questo ci sei stato maestro e sai che ti porteremo sempre dentro di noi
Ciao, Ruggero
I “tuoi” giornalisti di Bresciaoggi
1 commenti:
Ruggero è stato per me un buon amico,
Sergio
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