lunedì 18 gennaio 2010
Immigrazione e Comuni: leggi la bocciatura di Trenzano
La sentenza è uscita venerdì scorso e il tar, cassando una delibera presa dal sindaco di Trenzano (Brescia), ha detto una cosa da non sottovalutare: i sindaci devono smetterla con provvedimenti che limitino la libertà di riunione (diritto fondamentale sul quale, se serve, può intervenire solo il prefetto e per motivi più che fondati) o che interpretino in maniera estensiva il loro ruolo di Ufficiale di Governo, sia pur facendo fede nelle nuove regole previste dal Decreto Maroni che dettano, però, precisi campi d'azione che nulla hanno a che vedere con riunioni o assemblee a sfondo religioso.
Il sindaco di Trenzano - è noto - aveva firmato il 5 dicembre scorso una delibera che, nella sostanza, disciplinava le riunioni pubbliche e in luoghi aperti al pubblico di associazioni e gruppi che perseguivano scopi culturali, religiosi o politici. Richiamando il Decreto Maroni, il sindaco disponeva che per fare una riunione in luogo pubblico bisognava darne avviso 5 giorni prima alla polizia locale, trenta se si trattava di cerimonie religiose fuori dai luoghi di culto e, da ultimo, "tutte le riunioni devono tenersi in lingua italiana".
Il tar, rispettoso, lui sì, delle competenze altrui non entra in materia di diritti umani e delle sue presunte violazioni ("la controversi sulla loro violazione o meno - scrive - rientra nella giurisdizione del giudice ordinario" di questo si occuperanno infatti i magistrati della terza sezione civile del tribunale di Brescia), ma spiega che il decreto Maroni ha posto un preciso perimetro agli interventi in tema di sicurezza, compresi i comportamenti più gravi (come, ad esempio, la minaccia del terrorismo) per i quali si possono limitare principi fondamentali come la libertà di riunione. Un bel recinto giuridico, al di là del caso specifico, per primi cittadini che si sentono "più realisti del re" e pronti a provedimenti che scavalcano allegramente direttive del Governo già di per se "border line" in tema di diritti della persona.
ECCO IL TESTO INTEGRALE DELLA DECISIONE DEI GIUDICI DEL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
La sentenza trenzano
GIUSTO PER RINFRESCARE LA MEMORIA ECCO UNO STRALCIO DI ANNOZERO CHE SI E' OCCUPATO DELLA VICENDA DI TRENZANO
PER CHIUDERE UN DOCUMENTO CHOC DIFFUSO DA "L'ESPRESSO" SUGLI IMMIGRATI RIMANDATI IN LIBIA E LASCIATI MORIRE NEL DESERTO.
Il sindaco di Trenzano - è noto - aveva firmato il 5 dicembre scorso una delibera che, nella sostanza, disciplinava le riunioni pubbliche e in luoghi aperti al pubblico di associazioni e gruppi che perseguivano scopi culturali, religiosi o politici. Richiamando il Decreto Maroni, il sindaco disponeva che per fare una riunione in luogo pubblico bisognava darne avviso 5 giorni prima alla polizia locale, trenta se si trattava di cerimonie religiose fuori dai luoghi di culto e, da ultimo, "tutte le riunioni devono tenersi in lingua italiana".
Il tar, rispettoso, lui sì, delle competenze altrui non entra in materia di diritti umani e delle sue presunte violazioni ("la controversi sulla loro violazione o meno - scrive - rientra nella giurisdizione del giudice ordinario" di questo si occuperanno infatti i magistrati della terza sezione civile del tribunale di Brescia), ma spiega che il decreto Maroni ha posto un preciso perimetro agli interventi in tema di sicurezza, compresi i comportamenti più gravi (come, ad esempio, la minaccia del terrorismo) per i quali si possono limitare principi fondamentali come la libertà di riunione. Un bel recinto giuridico, al di là del caso specifico, per primi cittadini che si sentono "più realisti del re" e pronti a provedimenti che scavalcano allegramente direttive del Governo già di per se "border line" in tema di diritti della persona.
ECCO IL TESTO INTEGRALE DELLA DECISIONE DEI GIUDICI DEL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
La sentenza trenzano
GIUSTO PER RINFRESCARE LA MEMORIA ECCO UNO STRALCIO DI ANNOZERO CHE SI E' OCCUPATO DELLA VICENDA DI TRENZANO
PER CHIUDERE UN DOCUMENTO CHOC DIFFUSO DA "L'ESPRESSO" SUGLI IMMIGRATI RIMANDATI IN LIBIA E LASCIATI MORIRE NEL DESERTO.
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