Subscribe Twitter FaceBook

martedì 5 gennaio 2010

Craxi, lo statista e le sentenze


Come ricordare Bettino Craxi? Al solito noi italiani fatichiamo a dare il giusto senso alle cose. Così oscilliamo tra la santificazione e la demonizzazione, tra il tributo allo statista e la gogna del latitante pregiudicato. Ci sarà mai uno modo corretto per ricordare l'ex presidente del Consiglio socialista? Sicuramente sì, basta saperlo cogliere.
Un contributo importante mi sembra arrivi da un articolo comparso sul Corriere della Sera il 3 gennaio a firma di Luigi Ferrarella. Al solito Ferrarella, giornalista serio e preparato come pochi, intinge la penna in qualcosa di semplice e facilmente digeribile: la verità. La verità che parla, accanto ad un curriculum politico di tutto rispetto, di sentenze passate in giudicato con le quali in un paese normale prima o poi bisogna fare i conti. A meno che non si consideri una pendenza giudiziaria come una medaglia. E in questo caso sarà anche un fregio di prestigio in questa Repubblica un po' così, ma è pur sempre un fregio di latta.

Leggi qui l'intervento di Luigi Ferrarella sicuramente lo merita.

Dimenticavo.... già che ci siamo ecco l'intervento di Massimo Gramellini su la Stampa del 30 dicembre

da Buongiorno


del 30/12/2009 -

Betti no

È giusto dedicare una via di Milano a Bettino Craxi nel decennale della morte? Proviamo a sollevare lo sguardo dalla rissa che si è di nuovo scatenata intorno allo scheletro per mere ragioni di bottega. Comunque la si pensi, il personaggio esce ingigantito dal paragone con i nani dell’attualità. Ma anche il riconoscimento più entusiasta delle sue qualità politiche non può passare sopra una considerazione semplicissima: si tratta di un uomo che morì in contumacia dopo che la magistratura, in nome del popolo italiano - cioè nostro - lo aveva dichiarato colpevole di corruzione.
Ora, uno Stato che non sia una barzelletta può rendere pubblico omaggio a un cittadino che lo stesso Stato aveva condannato in via definitiva al carcere? Per farlo dovrebbe negare alla magistratura che lo processò ogni legittimazione. Dovrebbe riconoscere che in quegli anni in Italia non esisteva un sistema di poteri condiviso dalla comunità, ma una guerra civile fra bande contrapposte che, dopo una vittoria iniziale dell’ala giacobina, portò a una restaurazione incarnata dal migliore amico di Craxi e osteggiata di continuo dai rigurgiti degli sconfitti. E’ una visione dissociata della storia patria, e personalmente me ne dissocio. Poiché lo Stato è sempre lo stesso - il nostro - sia quando sugli altari sale il pool di Mani Pulite sia quando ci sale Berlusconi, riterrei più giusto lasciare la figura del politico Craxi al giudizio degli storici e dedicare una via di Milano alla poetessa incensurata Alda Merini.
Massimo Gramellini
La Stampa

0 commenti: