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martedì 26 luglio 2011

Tuffi

I tuffi sono la metafora della vita: un salto nel vuoto e l'incognita di quanto l'acqua sia alta più sotto. Possono essere il brivido e la scommessa che aiutano a vivere, possono trasformarsi nell'azzardo che ti inghiotte in un buco nero. I tuffi sono la metafora di questa estate sull'orlo del baratro, dove può capitare che un tipo alto e biondo faccia una strage da far impallidire il più oltranzista dei talebani, dove cammini su una cresta appuntita e stretta e qualcuno ti sussurra nell'orecchio la parola che tutti temono: default. Chissà che senso fa tuffarsi nel gorgo di un Titanic che affonda?  Tutti dicono "tranquilli", ma l'orchestra si sente suonare in lontananza: l'estate non è poi così torrida, ma l'inverno potrebbe essere glaciale.
Tuffarsi nel vuoto libera la voglia di scommettere su se stessi. Quest'estate ho fotografato un  gruppo di giovani tuffatori lanciarsi dalle rocce a picco sul mare della Costa Azzurra: ammiravo il loro coraggio, ma temevo la loro incoscienza. Un po' come questa Italia che non si capisce bene dove voglia andare, in quali acque voglia tuffarsi. Il timore è che l'acqua sia troppo bassa...




giovedì 21 luglio 2011

L'estate dei poteri morti

"Queste tormentate giornate parlamentari (...) hanno trasformato il sospetto in certezza: l'Italia è ostaggio dei poteri morti"
Mattia Feltri (da La Stampa del 21 luglio 2011) 
Un'estate così, forse, non si era mai vista: altro che governi balneari, chiamati a galleggiare, a far pochi danni e traghettare verso momenti politici meno burrascosi. Qui sta andando tutto a fondo: anche i giornali amici attaccano la casta, gli speculatori pressano le borse, i cittadini pagano, s'arrabbiano, preparano le monetine, persino monoliti come la Lega mostrano qualche crepa. Su che spiaggia rischiamo di annegare questa estate?
Forse ha ragione Mattia Feltri oggi su La Stampa che, lanciando un occhio nell'emiciclo di Montecitorio e Palazzo Madama, si dice convinto che ormai più che una nazione in ostaggio dei poteri forti siamo un'Italia in balia dei poteri morti.
A noi, che in brache di tela ci siamo da un pezzo, anche in pieno inverno, non ci resta che sperare che in questa torrida estate si alzi almeno un po' di vento. Così la puzza sarà un po' meno pungente...

lunedì 18 luglio 2011

La quotidianità e le lezioni alla politica

Talvolta la quotidianità aiuta a capire anche la politica: cosa non va e a cosa dovrebbe servire. Ecco il racconto di una giornata (venerdì scorso, per l'esattezza) che mi ha aiutato a capire alcune cose.

Scena prima: edicola del paese nel giorno di mercato. Una signora chiede una copia di Libero: "ho sentito di quelle cose alla tv, che voglio documentarmi voglio leggere, sono arrabbiata, molto arrabbiata" spiega ad alta voce al giovane edicolante. La sua esternazione fa subito breccia nei clienti dell'edicola, il tema è chiaro, la manovra finanziaria e il fatto che si sia tassato tutto fuorchè i costi della politica. "Per loro niente tagli, è uno schifo" dicono all'unisono, mentre la signora con Libero in mano ha il piglio del capopopolo. Morale: se una potenziale elettrice di centro destra (almeno a giudicare le sue letture quotidiane) la pensa così se fossi il governo inizierei a preoccuparmi e se fossi un politico italiano (al di là dello schieramento) proverei a stare un po' tra la gente per capire quanto sia profondo il solco tra il paese amministrato da Montecitorio e quello reale, tra la "Casta" e il popolo.

Scena seconda: festa del Pd nella Bassa bresciana. Una festa silenziosa e mesta, senza orchestra e con le bandiere a lutto. E' morto Gianni Alghisi, un militante storico della politica del paese, un autista di pullman ormai in pensione che ha attraversato la sinistra (dal Pci al Pd) in tutte le sue evoluzioni, ma senza risparmio: consigliere comunale, sindacalista, leader dei pensionati, animatore e uomo-macchina di tante feste dell'Unità. Se l'è portato via in mattinata un incidente stradale, forse propiziato da un malore, banale nella dinamica ma devastante nelle conseguenze. La festa e la sinistra del paese piangono ora un uomo semplice, ma che aveva saputo costruire tante cose stando in mezzo alla gente. In paese lo conoscono tutti, lo conoscono soprattutto per essere stato il presidente di una cooperativa edilizia che negli anni '70 aveva dato una casa a decine e decine di famiglie di operai, una casa in edilizia convenzionata che aveva portato sicurezza e serenità in tante persone, che ora piangono Gianni a prescindere da cosa scelgano nell'urna. Piangono l'uomo che aveva saputo interpretare i bisogni della gente, semplicemente, senza consulenze, senza studi di settore, navigando nella vita. Quella cooperativa si chiamava la Speranza, come il sentimento che animava in quegli anni la politica.

Cosa mi resta di questa giornata iniziata davanti all'edicola e chiusa in una festa di partito dedicata al ricordo?
Mi resta il rimpianto per una politica semplice, che sapeva declinare in positivo termini come  speranza e interpretare senza remore i bisogni di tutti. Mi resta il disgusto e la tristezza per la politica di oggi che non riesce più ad interpretare nulla che non sia l'interesse di pochi.

Il vescovo dei bimbi soldato

Se n'è andato durante la celebrazione della messa, stroncato da un infarto. Se n'è andato all'indomani del coronamento di un sogno: quello di rendere sovrano un lembo di terra perseguitato da una guerra di religione che, in mezzo alla povertà, tra sabbia e stenti, rendeva ancora più crudele quella guerra civile tra musulmani e cattolici.
Monsignor Cesare Mazzolari se n'è andato accasciandosi su una sedia, tra i suoi fedeli alla vigilia di un vangelo domenicale che proclamava le parabola del granello di senape che se piantano produce un albero giganteso e del lievito che impastato alla farina produce ricchezza e sostentamento per molti. Monsignor Mazzolari, con il suo entusiasmo, con la sua indomabile voglia di lottare è stato senape e lievito per un'intera regione della parte più povera dell'Africa. Chissà se un giorno lo faranno santo? Sarà il santo dei bambini soldato strappati ai kalasnikov e alle barbarie dei signori della guerra, sarà il patrono di una nazione neonata che si chiama Sud Sudan, una nazione che ora piange un padre fondatore, un uomo di chiesa che ha saputo camminare con gli ultimi nella consapevolezza che saranno i primi. Nonostante tutto. Nonostante questo mondo.

In questi link alcuni ricordi di monsignor Mazzolari:

IL BLOG DI LUIGI ACCATTOLI

IL RICORDO DI SANDRO MAGISTER

IL BLOG DI VITTORIO ZUCCONI

ANDREA SARUBBI SCRIVE...

IL RICORDO DI RADIO VATICANA

L'INTERVISTA DI MONSIGNOR MAZZOLARI RILASCIATA A ENZO BIAGI 



mercoledì 13 luglio 2011

Generazioni della patacca

Margaret Mazzantini
Le vacanze sono spesso legate ad un titolo, ad un libro. Un testo che puoi leggere finalmente tutto d'un fiato, senza grattar via le pagine quasi di nascosto, come capitava agli adolescente di fine anni '70 con "Porci con le Ali", approfittando delle distrazioni di una vita sempre troppo intensa e piena.
L'estate 2011 porta un nome: "Nessuno di salva da solo" di Margaret Mazzantini. Biografia sentimentale di una generazione, una generazione un po' naufraga, carica di fobie e venerazioni. Amo troppo Margaret Mazzantini e la sua prosa, il suo modo di scrivere, per essere obiettivo. Mi limito a dire che mi aspettavo di più: dall'intensità di "Non ti muovere", alla leggerezza di "Manola"; dalla visionarietà di "Zorro", alla profondità di "Venuto al mondo"  poteva scaturire qualcosa di più indimenticabile rispetto a questa storia d'amore di periferia, un po' fighetta, un po' abbandonata a se stessa.
Cosa mi sono appuntato di questo libro? Questo passo:
"Loro appartenevano alla generazione della patacca, del remake. Tutto era già stato provato, si trattava solo di rivisitare, senza un vero nerbo. Vecchie le ferite, le facce dipinte degli emo. Cosa c'era di nuovo? Il sushi da asporto, la festa di Halloween, Facebook. Il sogno di tutta la gente che conoscevano era quello di organizzare eventi. Di anelare a una festa continua sulle macerie di tutto. L'egoismo come unica borsa a tracolla. Eppure quello era il loro mondo e avrebbero dovuto camminarci insieme ai loro figli. Drizzare le antenne per captare un segnale positivo. (...) Chissà se gli piacerà guardare indietro la loro vita un giorno. Sono ancora abbastanza giovani. Due ragazzi, si direbbe a vederli passare nei vetri di una macchina parcheggiata.
Nessuno si salva da solo.Possono sentire l'eco di quelle parole cadere davanti ai loro passi. Una condanna o un confronto..."
(da Margaret Mazzantini "Nessuno si salva da solo" - Mondadori, 19 euro)

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