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lunedì 30 agosto 2010

Mentana all'esordio

Mentana e' tornato alla conduzione di un Tg, quello de La7, l'ho visto questa sera all'esordio e, davanti a quello che passa il convento, mitraglia, come lo chiamavano i colleghi, resta un grande (anche qui in senso figurato, visto che fa a gara con Berlusconi per l'altezza).
Da buon professionista qual e' ci spiega senza giri di parole perché il signor B. vuole il processo breve, non certo per noi italiani qualunque, così come a spiegare cosa dovrebbe fare Fini davanti ai cinque punti ha invitato i due giornalisti meno simpatici dell'universo: Filippo Facci e Marco Travaglio. Divertente e professionale cosi' come la testimonianza delle due giornaliste infiltrate tra le hostess di Gheddafi. E poi zero pastoni politici, zero conferenze stampa e, soprattutto, zero "culi e tette".
E di questi tempi in cui le telecamere vanno pure negli spogliatoi non e' poco...


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Facciamo un gioco: quale confessione ha aperto alle coppie omosessuali e ha detto no al crocefisso in classe?

Facciamo un gioco. Chi ha scritto: "prendendo spunto dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo del 3 novembre 2009 (che ha dichiarato l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane lesivo del diritto dei genitori di educare i propri figli secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche), il Sinodo “si duole che il Governo italiano, anziché conformarsi alla decisione della Corte abbia presentato ricorso alla Grande Camera”. Deplorevole soprattutto l'uso strumentale che del crocifisso è stato fatto, e continua ad essere fatto: il crocifisso non può essere considerato “simbolo della civiltà e della cultura italiane” (Clicca qui per svelare subito il mistero).?
E ancora, chi "ha approvato con un ordine del giorno la benedizione di coppie dello stesso sesso, “laddove la chiesa locale abbia raggiunto un consenso maturo e rispettoso delle diverse posizioni" (anche qui clicca per sciogliere i toui dubbi)?
Parole di tolleranza e di fede profonda, parole che denunciano anche "l'assenza di una legge organica a tutela della libertà religiosa". Chi dice tutto ciò? Una pericolosa entità sovversiva, una altrettanto pericolosa religione "fai da te"?
Nulla di tutto questo: è l'ultimo sinodo della Chiesa Evangelica Valdese appena concluso. Una chiesa che per propria tradizione è abituata alle persecuzione e alla tolleranza. Una chiesa che crede nei valori del Risorgimento tanto da voler partecipare attivamente, dalle valli Piemontesi, alle celebrazioni dell'Unità d'Italia. Sembra un altro mondo, sembra un'eresia, ma è una religione cristiana presente in Italia sin dal Medioevo.

mercoledì 25 agosto 2010

Il mondo cattolico e la politica: tempesta di fine estate

Alla vigilia del Meeting di Rimini di Cl Aldo Cazzullo sul Corriere analizzava il disagio dei Cattolici spiegando che, persa l'unità rappresentata dalla vecchia Dc, gli ultimi sviluppi della politica italiana rischiavano di disorientare un mondo cattolico sempre più alla ricerca di uno sbocco politico che fatica a trovare tra idiosincrasia per la sinistra, scarsa affidabilità di un premier, comunque ispirato da sempre al partito azienda, scarso appeal per un federalismo che rischia di lasciare indietro chi non sa camminare con le sue gambe e una politica spesso trasformata in una sodoma e gomorra.
Qualche giorno dopo ci ha pensato Maristella Gelmini a spiegare in una lettera come sia il Pdl il partito più sensibile ai  valori cattolici e come Berlusconi sia sempre stato attento alle istanze della Chiesa e garante dei suoi valori (tesi alla quale mi verrebbe voglia di rispondere come fa mia madre che, da ascoltatrice di "Radio Mater" - una simil Radio Maria - non può essere certo tacciata di comunismo: "parlano tanto di famiglia, ma ce ne fosse uno non divorziato, senza l'amante o sposato in Chiesa"). Quella lettera nonostante fosse ispirata all'adulazione per il capo finiva con un auspicio interessante: "per concludere, qual è il compito dei cattolici in politica? Non dunque una antistorica unità politica o di partito, non certo la costituzione di un terzo polo anch' esso retaggio di vecchie logiche, ma un confronto e uno sforzo comune che superi le logiche degli schieramenti nell' interesse del Paese. Auspico che in Parlamento i cattolici presenti nelle diverse formazioni politiche sappiano ritrovarsi e, con l' equilibrio e la moderazione che sono proprie di questo mondo, proporre azioni forti e coraggiose".
Il dibattito comunque prosegue ed è di ieri la bufera sull' editoriale di Famiglia Cristiana, l'ennesimo contro il Berlusconismo.  Dicendo cose tutto sommato condivisibili (sintetizzo: Berlusconi vuol fare carta straccia della Costituzione se questa si frappone alla sua volontà di andare alle elezioni) lancia un'analisi sulla divisione dei cattolici: "Uno dei temi trattati in queste settimane dagli opinionisti - scrive l'editorialista storico del settimanale, Beppe Del Colle - è che cosa ci si aspetta dal mondo cattolico, invitato da Gian Enrico Rusconi su La Stampa a fare autocritica. Su che cosa, in particolare? La discesa in campo di Berlusconi ha avuto come risultato quello che nessun politico nel mezzo secolo precedente aveva mai sperato: di spaccare in due il voto cattolico (o, per meglio dire, il voto democristiano). Quale delle due metà deve fare “autocritica”: quella che ha scelto il Cavaliere, o quella che si è divisa fra il Centro e la Sinistra, piena di magoni sui temi “non negoziabili” sui quali la Chiesa insiste in questi anni? A proposito. Ivan Illich, famoso sacerdote, teologo e sociologo critico della modernità, distingueva fra la vie substantive (cioè quella che riassume il concetto di “vita” mettendo insieme, come è giusto, e come risponde all’etica cristiana, tutti i momenti di un’esistenza umana, dalla fase embrionale a quella della morte naturale) e ogni altro aspetto della vita personale o comunitaria, a cui un sistema sociale e politico deve provvedere.
Il berlusconismo sembra averne fatto una regola: se promette alla Chiesa di appassionarsi (soprattutto con i suoi atei-devoti) all’embrione e a tutto il resto, con la vita quotidiana degli altri non ha esitazioni: il “metodo Boffo” (chi dissente va distrutto) è fatto apposta".
Apriti cielo sul settimanale dei Paolini si è scaricato l'ira di Dio. Così mentre gli eleganti commenti sul sito internet del Giornale invitavano Feltri e Sallusti ad un bel "trattamento Boffo" per stanare gli scheletri dagli armadi di questi moralisti, la politica parlava di "pornografia mediatica" contro il Cavaliere.
E il mondo cattolico? Lupi, parlamentare Cl-targato, ci spiega come ormai Famiglia Cristiana è peggio dell'Unità. Altri auspicano l'intervento normalizzatore del Vaticano e Monsignor Fisichella si affrettava a dire che Famiglia Cristiana non rappresenta il mondo cattolico (i Paolini - permettetemi la battuta - sono notoriamente dei pericolosi anglicani).
Nessuno però mi spiega una cosa debba volere un cattolico impegnato in politica dal movimento che lo rappresenta, se basta essere laici-devoti per ragioni elettorali o è meglio essere cattolici-adulti con autonomia di pensiero, coerenza di comportamenti, liberi di schierarsi in autonomia, quando si predica bene, ma si razzola male e si calpesta l'etica dei comportamenti.
Ma è forse pretendere troppo da chi spesso bolla come comunista un cardinale illuminato qual è Dionigi Tettamanzi, solo perchè invoca accoglienza e solidarietà, sensibilità verso l'altro: cioè quei valori umani, prima che cristiani, che ci dovrebbero rappresentare tutti a destra come a sinistra.

martedì 24 agosto 2010

Tempi moderni: la maxi fabbrica e la grande utopia

Le coincidenze talvolta giocano brutti scherzi. Nei giorni scorsi Massimo Sideri sul Corriere ci raccontava che per realizzare le nuove meraviglie tecnologiche della Apple la Foxconn, azienda specializzata nell'assemblaggio di iPad, iPhone, iPod, computer Dell e Hp con sede a Shenzhen in Cina avrebbe assunto 400 mila persone in una fabbrica nota al mondo per il numero di suicidi e per i ritmi vertiginosi di lavoro.
Leggevi l'articolo e ti colpivano alcuni elementi: la Apple per ogni iPad prodotto elargiva un compenso di 3,98 dollari, passati a 7,96 di recente dietro l'assicurazione che quei soldi fossero utilizzati per rendere gli stpendi più equi; ogni tablet usciva dalla fabbrica cinese a 260 dollari, buona parte dei quali utilizzati per l'acquisto dei materiali; ogni operaio nella fabbrica percepiva un salario di 140 dollari al mese (recentemente raddoppiati dopo l'aumento dei contributi da parte della Apple).
Dopo la lettura di quell'articolo ho guardato il mio iPhone e mi sono sentito un po' ingranaggio di questo meccanismo perverso, di questo nuovo schiavismo (non saprei come altro modo chiamarlo). Mi sentivo un po' una merdina e pensavo alla mia lettera aperta mandata a Marchionne da questo blog sui temi dell'esportazione dei diritti nel mondo del lavoro, sul tema della globalizzazione delle conquiste (da Pomiglianno alla Serbia, da Mirafiori alla Polonia). Una provocazione smentita dai fatti in questo mondo nel quale ti chiedi se tornerà mai un capitalismo minimamente illuminato.

Eppure, qui sta la coincidenza di cui scrivevo all'inizio, qualche esempio in Italia c'è stato. Proprio nei giorni scorsi, quasi in concomitanza con l'uscita dell'articolo di Sideri, il Tg2 ha proposto in uno speciale la storia di Adriano Olivetti (nella foto) fondatore a Ivrea dell'omonima fabbrica di macchine per scrivere, esempio illuminato di chi sapeva coniugare, profitto, innovazione, lavoro, al benessere e alla qualità della vita dei propri operai. Così, raccontano le cronache, alla Olivetti nacquero i primi asili nido, i quartieri operai, la settimana corta. Rivoluzioni e utopie su un mondo migliore possibile che riuscirono a portare l'Olivetti in alto (il declino è arrivato dopo, quando Adriano Olivetti lasciò e l'imprenditoria famigliare fece posto a quella più sfacciatamente finanziaria). Gli altari di una azienda dove si faceva innovazione, dove si contribuiva a portare il made in Italy nel mondo. E lo si faceva in un modo impensabile nel mondo d'oggi: mettendo spesso l'uomo al centro del processo produttivo.
E' pretendere troppo oggi nella Cina della maxi fabbrica della Foxconn come nella fabbrichetta della Pmi? E' pretendere troppo sperare di rintracciare un po' di quell'animo imprenditoriale di Adriano Olivetti in un fondo di investimento o in un board imprenditoriale tutto chiacchiere e finanza?
Che spazio c'è di questi tempi in una fabbrica per la grande utopia?
Domande che cercano risposte negli anni della crisi.











mercoledì 18 agosto 2010

Servitore della Repubblica: nel bene e nel male


Sfogliando i giornali stamattina, ascoltando ieri in tv la "piena" di parole sul ricordo di Francesco Cossiga, mi ha colpito una frase scritta dal presidente picconatore nella lettera inviata al presidente del Senato: "confermo la mia fede civile nella Repubblica, comunità di liberi e uguali e nella nazione italiana che in essa ha realizzato la sua libertà e la sua unità". Così come è tornato a galla un termine che sembrava desueto "servitore della Repubblica".
Cossiga è stato un personaggio contestato, con idee spesso non condivisibili, di quelli, però, che sapevano dimettersi al momento giusto, di quelli che sapevano cosa è il senso del ridicolo ("Se Berlusconi è il nuovo De Gasperi io sono il nuovo Carlo Magno") e il senso dello Stato (talvolta padre, altre manganellatore). Mi chiedo quanti oggi, in uno scenario politico tutto sommato desolante, possano fregiarsi senza cadere nel ridicolo del titolo di "servitore dell'Italia".
Un titolo che Cossiga ha interpretato nel bene e nel male, ma mi chiedo cosa sia meglio: un servitore della Repubblica" o "un servitore del proprio portafoglio, della propria cricca, dei propri interessi"?
Il dibattito è aperto... commentate, gente, commentate.

Un'intervista

martedì 17 agosto 2010

E' morto Cossiga, qualcuno lo scrive ancora con la K

E' morto Francesco Cossiga: me lo ha detto l'iPhone. Aveva 82 ed è la conferma che puoi passare indenne la stagione delle Br e di Gladio, puoi essere amico dei servizi segreti, puoi essere un sardo di quelli tosti ma l'immortalità non è di questa terra.
E' morto Cossiga ed è l'unico cognome che qualcuno si ostina ancora a scrivere con la K, altri alla doppia esse preferiscono le ss in stile "camice brune", germania hitleriana, giusto per evidenziare quanto l'uomo fosse di quelli che dividono un Paese. Personalmente lo incrociai un paio di volte, da presidente emerito ad una assemblea annuale della Compagnia delle Opere di Brescia in cui, da grande affabulatore, ci intrattenne su tutto e di più, e da presidente della Repubblica in carica, quando, negli anni da picconatore, per conferire con Mino Martinazzoli, trattenuto a Brescia dalla morte della madre, si fece "paracadutare" lungo la rotta per il Trentino dove era diretto per un impegno ufficiale, all'obitorio dell'Ospedale civile di Brescia, dove era allestita la camera ardente. Ricordo il suo "Ciao Minno" con un'inflessione sarda da manuale e il lungo colloquio in un ufficio, deserto visto che era una domenica mattina, dell'amministrazione del nosocomio cittadino. Ricordo sorridendo i bresciani in visita parenti che chiedevano curiosi ragione di quel biscione di quaranta auto blu che ingolfava i viali interni all'ospedale e i poveri agenti della guardia presidenziale che faticavano a gestire la sicurezza di quel inatteso fuori programma, tanto che, nonostante la rigidita del protocollo,  mi ritrovai fortunosamente ad attendere il Presidente appoggiato alla portiera della sua auto, senza che nessuno  mi chiedesse cosa ci facessi lì.
Amato, odiato, comunque un personaggio, un navigatore di mari limacciosi, una carpa che sa sopravvivere nel fango e si esalta nelle acque limpide: ma chi era Francesco Cossiga?
A lui Mino Martinazzoli dedica più di un passaggio della sua autobiografica "Uno strano democrestiano". Cossiga era quello che lo confortava quando, da presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sullo scandalo Lockheed, il parlamentare bresciano stava per imbarcarsi su un aereo (leggendario il terrore per il volo di Martinazzoli) alla volta degli Stati Uniti ("Vedrai che torni, vedrai che torni" ripeteva nel tragitto verso Fiumicino tenendogli quasi la mano). Ma Cossiga era anche la scheggia impazzita dell'universo Dc. "Siamo amici - spiega Martinazzoli - anche se non sempre condivido le sue idee. ma del resto l'amicizia vale più delle opinioni politiche. Nell'ultimo periodo della sua presidenza Cossiga ha avuto con la Dc rapporti tutt'altro che sereni. Fu uno dei protagonisti del passaggio tra la prima e la seconda Repubblica. Era la voce che, dall'interno, gridava che il re era nudo. Naturalmente ai suoi amici non poteva non apparire una sorta di tradimento in un momento nel quale occorreva essere uniti e convinti in una battaglia da intraprendere. Del resto, se parlo della mia esperienza, devo dire che non l'ho certo trovato d'accordo nel momento in cui ho tentato l'estrema resistenza alla guida del Partito popolare".









IL COSSIGA- PENSIERO
 

 

 

 

 

L'estate dei calcioballilla vietati e del cattivo gusto

Alla vigilia di un Ferragosto piovoso come pochi ci consolavamo pensando alla giostra che provoca orgasmi, certificati da un video che sbanca su You tube. Oggi sfogliando il giornale  pensiamo che forse quella cortese signorina ansimante e l'unico raggio di sole in un'estate dove persino un terremoto ha fatto venire qualche disturbo d'ansia ai vip e ai politici di stanza alla Eolie (benvenuti sulla terra matrigna cortesi ospiti!).

 Il Corriere della Sera, infatti, ricorda con le parole dello scrittore Donato Carrisi (nella foto) l'ordinanza del sindaco di Villa d'Ogna (Bergamo), tale signor Angelo Bosatelli (Lega nord), con la quale vieta l'uso dei calciobalilla "dopo le ore 22 da lunedì a giovedì e dopo le 24 da venerdì a domenica e comunque anche negli orari precedenti il suo impiego non deve essere fonte di disturbo per il vicinato" così come ne "è vietata l’istallazione senza apposita autorizzazione comunale, all’esterno dei locali di somministrazione e intrattenimento".
Ma il signor Bosatelli (foto sotto), si chiede anche Carrisi, non ha mai avuto i calzoni corti e non è mai andato all'oratorio. "Possibile - si legge sul Corriere - che non rammenti le partite infinite sulla spiaggia, con il meccanismo d'estrazione delle palline bloccato dallo stecchetto del ghiacciolo?"
Da noi, per la verità, si usavano le 50 lire e più che un sindaco ad interrompere l'abuso arrivava il gestore del bar dell'oratorio insospettito dalla lunghezza della partita. Possibile che il signor Bosatelli, nel paese che - ci informano le cronache - ha iscritto ben due squadre al campionato provinciale organizzato dal Csi e ospita un'azienda, la Fas, che ha fatto degli omini rossi e blu il proprio core businees, non sia mai sceso in campo e non sappia che l'unico divieto assoluto (peraltro, come in un campo di calcio vero, ampiamente disatteso) è sempre stato quello della bestemmia mentre sul "rullaggio" ci si poteva mettere d'accordo. Il resto veniva da sè: si affinavano rivalità e si cementavano amicizie anche alzando un po' la voce, ma era nelle cose.
Ora negli anni della tolleranza zero e dei coprifuoco "fa un po' tristezza - conclude Carrisi - che questo divertimento comune a parecchie generazioni, che ha attraversato indenne l'epoca dei videogiochi, sia messo in discussione per così poco. Ci sono cose che devono rimanere sempre uguali. Perciò, signor sindaco, ci ripensi. Oppure mi inviti a Villa d'Ogna e ce la giochiamo".
Giocarsela, in questa estate calda e piovosa è forse l'unico modo per sopravvivere al crollo di ogni pudore che passa dai giornali che danno titoli più grandi all'acquisto di una cucina che allo scoppio della seconda guerra mondiale e approda alla regola aurea dello sputtanamento di ex amici ed ex amanti. La riflessione di Aldo Cazzullo sul Corriere di oggi è l'ottima sintesi di un'estate senza pudore dove, sono parole sue, si celebra la fine dei galantuomini.

Ovviamente si parla di Fini e della campagna di sputtanamento alla quale partecipano allegramente un ex latitante come Luciano Gaucci (nella foto con la Tulliani), uno Sgarbi fedele a se stesso e tanti comprimari che grazie all'appoggio dell'ex capo di An avevano costruito fortune professionali, affrettandosi ora (forse per non perdere tanti allori) a vestire i panni delle vergini e a lasciarsi andare a confidenze sui vizietti dell'ex amico. Bella Italia viperesca, una bella Italia di fango e divieti.
Così in questa estate tanto soffocante ho deciso - lo annuncio ufficialmente - di darmi alla clandestinità: vado in cantina a giocare a calcio ballilla...

 

sabato 14 agosto 2010

Ferragosto, consoliamoci con la giostra

Ferragosto: il tempo e il mondo si sono fermati. Persino le mail in questi giorni sembrano pigre come l'intestino della Marcuzzi prima della cura Activia. Le uniche bizze le fa il tempo e manda Milano quasi sott'acqua.
Ma i temporali, quelli veri, sono in casa Pdl e nel salotto Tulliani-Fini, con tanto di giornali che confondono, nella foga del "dagli al traditore", la donna boccolosa del presidente della Camera con la vicina di ombrellone, una ex attrice bresciana, Lilli Franceschetti Bianchi (nella foto sotto) che potrà ridere di questo Ferragosto che gli ha ridato la notorietà perduta (fece un film con Verdone e poi ripiegò felicemente nel ruolo di madre).

Come al solito i leghisti hanno scelto il soggiorno di Ponte Di Legno e il "castello" della famiglia Caparini per i loro proclami di metà estate: ho letto i primi lanci di agenzia frutto dell'assedio mediatico a Bossi e non mi sembrano, per ora, un granchè. Insomma, il Ferragosto si profila moderatamente noioso e stanco, come un pomodoro raggrinzito e un limone appassito abbandonati in frigoriferi vacanzieri.
Non ci resta che consolarci con la giostra. Con quel video che impazza su Youtube in questi giorni, con l'allegro orgasmo della ragazza che sperimenta con gusto la nuova attrazione di un parco divertimenti.
Dalle mie parti, Bassa Bresciana, si diceva spesso, di una donna che sapeva godersi la vita, "l'ha ga fat la giostra" ("ha fatto la giostra"). Vedendo questo video ho capito perchè. Buon Ferragosto a tutti

giovedì 12 agosto 2010

Memoria corta e Gianfranco Miglio

A Brescia polemica estiva sull'inaugurazione sponsorizzata dalla Lega di un busto a Gianfranco Miglio nel lembo di un parchetto cittadino. "Padre del federalismoe e della questione settentrionale" per i leghisti, provocazione in mesi in cui si celebra l'Unità d'Italia per le opposizioni cittadine.
Polemica non particolarmente pregnante visto che alle critiche della sinistra, Carroccio e maggioranza rispondono, con un qualche senso, per la verità, che non accettano lezioni da chi in passato ha dedicato vie e angoli di città "a un cantante come John Lennon o a un terrorista come Alexander Langer". La gente, intanto,(vedi un sondaggio pubblicato dalla versione on line de Il Giorno ) si schiera contro la necessità di dedicare al professore un monumento.
In redazione ieri, però, mi facevano notare come la Lega abbia la memoria corta persino sulla propria storia. Gianfranco Miglio, attorno al cui monumento si sono stretti tanti leghisti adoranti, rappresenta uno di quei personaggi che, ve ne sono stati tanti nel movimento, dopo anni di fortune a fianco del leader finiscono in disgrazia, spesso per eccessiva autonomia di pensiero e passano dagli altari alla polvere, dalla definizione di "padre del federalismo e della Repubblica del Nord" a quella di "scoreggia nello spazio". Si, avete letto bene: "scoreggia nello spazio" fu l'elegante epiteto riservato al professore dal futuro dottore honoris causa in Comunicazione Umberto Bossi. Ascesa e caduta del Miglio-pensiero in casa leghista mi sembrano ben sintetizzate in questo articolo pubblicato nell'aprile 2009 da Marco Travaglio sull'Espresso. Giusto per dovere di cronaca nulla più, visto che gli omaggi postumi al professore senza un minimo di autocritica sugli insulti del passato, continuano anche in queste ore.

IL MIGLIO PENSIERO

mercoledì 11 agosto 2010

Se il paese è senza leader

Famiglia cristiana ha scelto l'estate per andare all'attacco e dopo un editoriale dal titolo"La morale fai da te" ecco un'altra analisi impietosa di questo nostro paese senza guide autorevoli. "Un paese senza leader" è il titolo di un editoriale pungente che spazia dalla politica all'imprenditoria. "Mancano persone capaci di offrire alla nazione obiettivi condivisi - scrive il giornale dei Paolini - . E condivisibili. Non esistono programmi di medio e lungo termine. Non emerge un’idea di bene comune, che permetta di superare divisioni e interessi di parte. Se non personali. Si propone un federalismo che sa di secessione. Senz’anima e solidarietà. Un Paese maturo, che deve mirare allo sviluppo e alla pacifica convivenza dei cittadini, non può continuare con uomini che hanno scelto la politica per “sistemare” sé stessi e le proprie “pendenze”. Siamo lontani dall’idea di Paolo VI, che concepiva la politica «come una forma di carità verso la comunità», capace di aiutare tutti a crescere".
Bocciatura senza se e senza ma: "L’opinione pubblica - prosegue l'editorale -, sebbene narcotizzata dalle Tv, è disgustata dallo spettacolo poco edificante che, quasi ogni giorno, ci viene offerto da una classe politica che litiga su tutto. Lontana dalla gente e impotente a risolvere i gravi problemi del Paese. La richiesta della Chiesa di “uomini nuovi” trova ampi consensi tra la gente. Anche se non sono mancate critiche, da chi si sente nel mirino della denuncia. C’è chi ha parlato di mancanza di gratitudine, per il sostegno che una parte politica dà ai “valori irrinunciabili” e alle opere della religione. Soprattutto in un Paese difficile da governare. E refrattario a qualsiasi riforma di grande respiro".
E il Paese, quello politico, come risponde? Invece di riflettere su valutazioni forse poco condivisibili, ma reali attacca con Rotondi, l'ex democristiano miracolato dal presidente del consiglio, che parla di "militanza contro Berlusconi" e il sottosegretario ai beni culturali Francesco Giro (non certo una stella di prima grandezza del firmamento governatico, ma già responsabile nazionale per i rapporti con il mondo cattolico per Forza Italia) che parla del periodico come di un "portavoce del disfattismo nazionale, critica sempre e non propone nulla".
Basta leggere lo spessore di questi commenti per capire quanto le valutazioni del settimanale siano azzeccate.
Su proposte e analisi, poi, Famiglia Cristiana guarda in casa propria e fa pure autocritica: "Da tempo - si conclude infatti l'editoriale -, Papa e vescovi hanno lanciato l’appello: «Giovani politici cattolici cercansi». Per invitare i credenti più impegnati a misurarsi con il destino della nazione. In ruoli di grande responsabilità pubblica, così come sono ben presenti nel volontariato e nell’associativismo. Sono molte le figure autorevoli nella comunità ecclesiale. Tanto più queste cresceranno, tanto più se ne gioverà l’intero Paese. Ma la Chiesa è anche chiamata a valutare quanto, di fatto, i propri quadri più alti rappresentino dei punti di riferimento etico e spirituale per tutta la nazione".

martedì 10 agosto 2010

I rapporti sindacali a Brescia secondo il Sole 24 Ore

Segnalo, telegraficamente, l'articolo sul Sole 24 Ore di Nino Ciravegna sui rapporti intersindacali a Brescia. Al di là delle analisi, da annotare l'elenco delle aziende in difficoltà e delle vertenze aperte, alla faccia di chi dice, forse con troppo ottimismo o per il gusto di essere alla moda, che siamo fuori dalla crisi.

LEGGI: Il «rosso lega» della Fiom di Brescia

venerdì 6 agosto 2010

Il "rispetto" per il lavoro di una politica distante

Ieri sera ho assistito ad una puntata da Linea notte, programma di approfondimento del Tg3. In conduzione la direttrice Bianca Berlinguer, ospiti, tra gli altri, il deputato Pdl Giorgio Clelio Stracquadanio, il finiano ex radicale Benedetto della Vedova, e la leghista Carolina Lussana.
Si parlava, ovviamente, della situazione politica e del destino della legislatura, ma, come accade periodicamente, ieri sera era previsto il collegamento con l'Asinara, dove, in quello che fu il carcere di massima sicurezza, sono autoreclusi da oltre 160 giorni i lavoratori della Ineos Vinyls Italia (IVI), azienda chimica sarda di proprietà tedesca che produce Pvc, messa in liquidazione dalla casa madre perchè, spiegano gli operai: "Eni non ha mai voluto cedere la sua parte di impianti sardi per permettergli di chiudere il ciclo del cloro ed essere indipendente per questa produzione". Una vertenza complessa, che va oltre i polimeri che si producono a Porto Torres e l'intero "ciclo del cloro" (dalle saline al prodotto finito) sardo, ma coinvolge il futuro della chimica in Italia e, accusano gli operai, le scelte di Eni di indirizzarsi verso il più redditizzio mercato dell'energia. Per rendere più incisiva la protesta dell'Asinara è nata così l'isola dei Cassintegrati, un reality vero come le storie che si raccontano sul sito internet che segue la vicenda, che proprio sul Tg3 ha una finestra periodica.
Quella di ieri sera è stata, però, una finestra particolarmente desolante soprattutto per l'arroganza dell'onorevole Stracquadanio che, davanti ad un operaio impegnato a spiegare come la situazione fosse ancora in alto mare e come la mediazione del governo (affidata al sottosegretario bresciano Stefano Saglia), complice anche la mancanza di un ministro alle attività produttive, mostrasse spesso la corda, incespicasse, portasse più confusione che certezze, è arrivato quasi all'insolenza. Davanti alle richieste di maggior incisività da parte del governo e anche di un'opera di mediazione verso Eni, che potrebbe rappresentare una seria e affidabile alternativa alla dismissione dell'impianto, il parlamentare Pdl ha risposto che aziende come quelle chiudono, ed è giusto che sia così, per colpa di operai che la pensano come lui e di un certo sindacalismo. Parole pesanti, soprattutto se pronunciate davanti ad operai che rischiano di perdere il lavoro, a famiglie senza stipendi. Parole ingiuste di una politica poco preparata (lo stesso operaio che ha chiamato il parlamentare "buon uomo", lo ha pacatamente accusato di non conoscere la storia dell'azienda di cui stava parlando) e di una politica sempre più distante dai problemi veri del paese che, comunque la si pensi, vanno in qualche modo risolti. Parole senza rispetto per il lavoro (quello vero) degli altri, pronunciate da chi dovrebbe onorare quel lavoro come pilastro su cui si fonda quel Paese che lui, come parlamentare, aspira (dopo la piazzata di ieri sera mi verrebbe da dire assai poco degnamente) a rappresentare. Una nota positiva? Gli altri due parlamentari presenti alla trasmissione non si sono uniti al brutto spettacolo.

CLICCA QUI PER VEDERE LA PUNTATA DI LINEA NOTTE DEL 5 AGOSTO (IL BATTIBECCO PARTE DAL MINUTO 48 IN POI)



Il calcio all'ora di pranzo e i devoti del conflitto di interessi

La mattina, a colazione, vedo spesso Omnibus estate su La7, un discreto rimedio ai film in bianco e nero e alle super repliche. Stamane ho visto far capolino sullo schermo Claudio Paganini, o meglio, monsignor Claudio Paganini, assistente ecclesiastico del Csi nazionale, padre spirituale del Brescia calcio, per me un amico con il quale sono cresciuto ancor prima che maturasse in lui la scelta di vestire la tonaca.
Che ci faceva Claudio a fianco dell'onorevole Paolo Cento e del direttore di "Tempi" (giornale vicino a Cl), Luigi Amicone? Parlava di calcio, ovviamente, spaziando dalle partite a mezzogiorno della domenica imposte dalla Pay tv alla tessera del tifoso, transitando per la bestemmia in campo: argomenti cult di questa estate pallonara, quando non si parla di calcio mercato. Ha detto cose sensate, don Claudio, non nuove, visto che sulla bestemmia in campo si era già espresso in passato spiegando che: "Non scomodiamo i diritti umani (il sindacato mondiale dei calciatori aveva invocato sul tema la libertà di espressione, ndr), è una questione di buon senso: non si può dire tutto a questo mondo, specie se insulti qualcosa che per qualcuno è sacra". Così come si è detto contrario alla tessera del tifoso (guadagnandosi gli elogi degli amici ultrà sul suo profilo di facebook) spiegando che in realtà anche in questo caso è un discorso di educazione, che va affrontato non tanto attraverso la schedatura, quanto attraverso uno sforzo educativo che coinvolga tutti, dalle famiglie alle società di calcio. Una riflessione, la sua, andata nel solco di quanto don Claudio ha scritto per Bresciaoggi alla vigilia dell'investitura di Cesare Prandelli a commissario tecnico della nazionale. A lui, conterraneo e compagno di classe dell'ex allenatore della Fiorentina, avevamo chiesto un augurio che fosse anche una rifessione e aveva chiuso così il suo intervento iniziato con un caro Cesare: "Da sacerdote, educatore e tifoso, mi aspetto che il tuo lavoro nobiliti le passioni sportive e che, nel tempio del dio pallone, prevalga la logica del dono. Il primo dono sia la «fiducia»: valore indiscusso su quanto puoi e sai fare, sulle tue qualità umane, sulle competenze sportive, sui sacrifici e le solitudini vissute per giungere ad essere prescelto in questo incarico. Una «fiducia» che questa terra bresciana ti dichiara senza condizioni, e che ti dovrà accompagnare e sostenere durante il lavoro di selezione, preparazione e competizione agonistica.
Un altro dono controcorrente da mettere ogni volta sull'erba del campo da gioco, consapevole che altri ti chiederanno solo vittorie, è di rafforzarci nella «speranza». Forse perché ci sei stato d'esempio nel viverla attraverso le vicende personali e famigliari, di certo questo dono di trova competente e preparato. Senza speranza non si può vivere ne insegnare a vivere.  Sogno allora che la speranza possa venire offerta all'intera famiglia sportiva nazionale perché maturi e cresca di cultura. Sogno che tu possa ridare speranza al cuore dei tifosi perché la passione educhi alla vita. Sogno e spero di ringraziarti anche dopo la sconfitta, perché comunque hai dato il meglio di te. E questi, fiducia e speranza, sono i doni che i grandi campioni dello sport sanno trasmettere".
L'ultimo argomento trattato ieri in tv è stato quello del calcio a mezzogiorno di domenica. Un tema sul quale la Chiesa ha già detto la sua, spiegando che non ha alcuna intenzione di svendere l'intimità della famiglia, nel giorno dedicato ai propri cari, di alienare, sull'altrare della pay-tv, un momento conviviale difficilmente ripetibile durante la settimana. Un tema non nuovo per la Chiesa, visto che, anni fa, già si era mobilitata contro l'apertura dei negozi "nel giorno del Signore". Una battaglia persa quella delle aperture domenicali, così come non sembra avere grande seguito l'appello contro le partire alle 12,30. Chissa perchè, viene però da chiedersi, questo argomento non incontra il fervore e non mobilita crociate come il destino del crocifisso nelle classi e nei luoghi pubblici? Forse i politici sono confessionali solo quando non si toccano gli interessi del capostazione, perso tra squadre di calcio e digitale terrestre?  Il dubbio è legittimo e forse anche per questo le parole di buon senso e la riflessione di don Claudio sul sembrano destinate a perdersi nel grande vortice del conflitto di interessi che tutto inghiotte. Come il ventre della balena di Giobbe.

LA CLERICUS CUP SU MATTINO CINQUE con Don Claudio Paganini

giovedì 5 agosto 2010

La morale fai da te

Il titolo di questo post non è mio, ma dell'ultimo editoriale di Famiglia Cristiana, uno scritto sul quale, qualche ministro della Repubblica ha già fatto reprimenda dicendo, nella sostanza, che farà piangere il Papa, che è così in sintonia con quel che resta del Governo italiano di Centro destra.
Parlando della questione morale che agita il dibattito politico sin dai tempi di Berlinguer, Famiglia Cristiana spiega: "Il disastro etico è sotto gli occhi di tutti. Quel che stupisce è la rassegnazione generale. La mancata indignazione della gente comune. Un sintomo da non trascurare. Vuol dire che il male non riguarda solo il ceto politico. Ha tracimato, colpendo l’intera società. Prevale la “morale fai da te”: è bene solo quello che conviene a me, al mio gruppo, ai miei affiliati. Il “bene comune” è uscito di scena, espressione ormai desueta. La stessa verità oggettiva è piegata a criteri di utilità, interessi e convenienza".
Addio bene comune, dunque, nel senso sempre inteso dalla Chiesa come "l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente" (cfr. Gaudium et spes). Addio, però, anche al senso della legalità e del rispetto delle regole in questa morale fai da te dove, parafrasando un autorevole giornalista, quando qualcuno accusa un altro di essere un ladro non si cercano riscontri alle accuse, ma si va a caccia degli eventuali scheletri nell'armadio dell'accusatore.
"Se è vero, come ha detto il presidente del Senato Renato Schifani, che «la legalità è un imperativo categorico per tutti, e in primo luogo per i politici, e nessuno ha l’esclusiva», - continua l'editoriale - è altrettanto indubbio che c’è, anche ad alti livelli, un’allergia alla legalità e al rispetto delle norme democratiche che regolano la convivenza civile. Lo sbandierato garantismo, soprattutto a favore dei potenti, è troppo spesso pretesa di impunità totale. Nonostante la gravità delle imputazioni. L’appello alla legittimazione del voto popolare non è lasciapassare all’illegalità. Ci si accanisce, invece, contro chi invoca più rispetto delle regole e degli interessi generali. Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici in “servitori”. Semplici esecutori dei voleri del capo. Quali che siano. Poco importa che il Paese vada allo sfascio. Non si ammettono repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il “dominus” assoluto".
In questa politica-azienda che ne sarà della rottura Fini-Berlusconi? Per Famiglia Cristiana il futuro costruttivo passa attraverso il ritorno alla politica vera. "Quella, cioè, che ha a cuore i concreti problemi delle famiglie: dalla disoccupazione giovanile alla crescente povertà. Bisogna avere l’umiltà e la pazienza di ricominciare. Magari con uomini nuovi, di indiscusso prestigio personale e morale". E in un paese ormai "moralmente" impotente, la ricostruzione, a Roma come nei nostri territori, non sarà facile, con il rischio di perdere l'appuntamento con le nuove generazioni alle quali, prima o poi, dovremo interrogarci su quali valori etici e comportamentali dare. Famiglia Cristiana, da giornale cattolico, lancia uno sguardo fiducioso alle settimane sociali dei cattolici italiani (14-17 ottobre a Reggio Calabria) che parleranno di politica e bene comune per ridare un futuro al nostro Paese.
E gli italiani? Basta leggere la pioggia di commenti che accompagna l'Editoriale di Famiglia Cristiana per fare i conti con gente disorientata e un filo rassegnata (tanto da esprimere solidarietà preventiva al direttore della rivista prevedendo che per quello scritto finirà nel tritacarne del killeraggio mediatico e nel ventilatore di fango. Qualcuno, poi, ne parla come si parla dei martiri, quando in un "paese civile" sarebbe solo una persona per bene che esprime le sue idee in libertà pronto ad accogliere le replice di chi si sente attaccato.
Ma forse quando ho scritto "un paese civile" molti di voi han dato per scontato che non parlassi dell'Italia. Come darvi torto.

martedì 3 agosto 2010

Il governo delle assenze

Sfogliando i giornali di oggi mi sono balzate all'occhio due notizie, la cronaca di due fatti, distinti ma uniti da un comune denominatore: l'assenza. L'assenza di un Governo, di un Governo che dovrebbe rappresentare un Paese, il suo comune sentire, la sua giusta riconoscenza verso personaggi che nel proprio campo d'azione ne hanno fatto la storia, o verso vicende talmente tragiche e talmente oscure che non possono essere cancellate da un fischio, da una ideologia, da una semplice indifferenza.
A quali assenze mi riferisco? Una è risaputa ed è stata rispresa con rilievo da tutti i giornali: la prima assenza in trent'anni di un rappresentante del Governo Italiano alla commemorazione della Strage della stazione di Bologna. Lasciare il prefetto a rappresentare lo Stato italiano è come (con rispetto parlando) mettere il portinaio a fare gli onori di casa ad una festa.

Così, mandare il direttore generale per il cinema, Nicola Borrelli, a rappresentare lo Stato ai funerali di Suso Cecchi d'Amico ha il sapore della trasandatezza e dell'ignoranza. E' questa la seconda assenza (riferita più in piccolo nei giornali di oggi) che in un torrido due agosto ha dato l'immagine (senza dubbio più formale che concreta, ma spesso la forma è sostanza) di un Governo che non rappresenta più, o fatica a farlo, un Paese, sia che pianga 85 morti per una bomba che nasconde ancora tanti segreti, sia che pianga una signora schiva che di mestiere faceva la sceneggiatrice e ha lavorato con Luchino Visconti e Anna Magnani. C'erano tutti ai suoi funerali, il cinema italiano al gran completo, c'era pure il sindaco di Rosignano Marittimo, lei affezzionata alle estati a Castiglioncello, non c'era il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, non c'era il ministro Sandro Bondi, nè l'ultimo dei sottosegretari del suo ministero. Sicuramente i nostri governanti forse avranno avuto qualcosa di più importante da fare che sfidare i fischi della piazza a Bologna (i fischi anche quelli professionali, sono convinto, si zittiscono con l'autorevolezza e c'è stato chi in passato oltre ai fischi, su un palco, ha sfidato anche i bulloni) o rendere omaggio ad un monumento del nostro cinema.

Forse però ha ragione Paolo Conti sul Corriere di oggi, che parlando delle assenze ai funerali della sceneggiatrice romana osserva amaro: "Siamo in tempi di tagli economici alla cultura. Ma un'ora spesa per dire addio a Suso Cecchi d'Amico, alla ricchissima eredità lasciata all'Italia e alle future generazioni di nostri cineasti e intellettuali, no, non costa mezzo euro. Costa solo in intelligenza, riguardo, attenzione. In una parola, costa in cultura. Ma per poterla spendere è indispensabile possederla".
E Dio solo sa quanto siamo poveri di cultura intesa come rispetto per il nostro Paese, la sua gente, la sua storia.

lunedì 2 agosto 2010

2 agosto 1980 - La strage

Oggi è l'anniversario della Strage di Bologna: 2 agosto 1980, 23 chili di tritolo alle 10.25 fecero 85 morti e sventrarono una stazione affollata dal popolo delle vacanze. Trent'anni fa quella strage coprì di sangue l'estate italiana e oggi si commemora senza alcun rappresentate del governo in piazza per timore dei fischi.
Non è bello: è il segno di una riconciliazione mancata, è il segno che una parte politica, forse, non ha saputo fare i conti in maniera sincera e disincantata con il proprio passato per poter dirsi finalmente una destra moderna, senza scheletri nell'armadio. E' il segno, anche, che lo Stato ha abdicato alla chiarezza a chiudere il con il passato delle cricche e dei depistaggi. Ma forse quel passato non è mai passato fino in fondo anche se tanta strada è stata fatta.
Per ricordare la Strage di Bologna, vorrei usare le parole che Carlo Lucarelli, giallista emiliano-romagnolo, ha scritto per Sette del Corriere. Un pensiero che dice quanta strada, umana più che giudiziaria, ci sia ancora da percorrere.
"Ma quella stazione oggi c'è ancora. Quell'ala distrutta è stata ricostruita, la sala d'aspetto è ancora lì ed è sempre piena, c'è ancora Bologna, nonostante le ferite, c'è ancora l'Italia, nonostante le stragi, e ci siamo ancora noi. Oggi quella fenditura nel muro della sala d'aspetto che è stata lasciata dalla ricostruzione è diventata patrimonio dell'Unesco come monumento di pace.
Accanto a quella fenditura c'è un memoriale con i nomi delle vittime della bomba. Che non sono fantasmi, sono ricordi. Ci ricordano che a trent'anni da quel giorno quella Strage ancora mantiene molti lati oscuri e soprattutto come molti altri episodi simili della nostra storia, ancora non ha un mandante e ancora non ha un perchè".


Inedito: la strage di Bologna
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