martedì 3 agosto 2010
Il governo delle assenze
Sfogliando i giornali di oggi mi sono balzate all'occhio due notizie, la cronaca di due fatti, distinti ma uniti da un comune denominatore: l'assenza. L'assenza di un Governo, di un Governo che dovrebbe rappresentare un Paese, il suo comune sentire, la sua giusta riconoscenza verso personaggi che nel proprio campo d'azione ne hanno fatto la storia, o verso vicende talmente tragiche e talmente oscure che non possono essere cancellate da un fischio, da una ideologia, da una semplice indifferenza.
A quali assenze mi riferisco? Una è risaputa ed è stata rispresa con rilievo da tutti i giornali: la prima assenza in trent'anni di un rappresentante del Governo Italiano alla commemorazione della Strage della stazione di Bologna. Lasciare il prefetto a rappresentare lo Stato italiano è come (con rispetto parlando) mettere il portinaio a fare gli onori di casa ad una festa.
Così, mandare il direttore generale per il cinema, Nicola Borrelli, a rappresentare lo Stato ai funerali di Suso Cecchi d'Amico ha il sapore della trasandatezza e dell'ignoranza. E' questa la seconda assenza (riferita più in piccolo nei giornali di oggi) che in un torrido due agosto ha dato l'immagine (senza dubbio più formale che concreta, ma spesso la forma è sostanza) di un Governo che non rappresenta più, o fatica a farlo, un Paese, sia che pianga 85 morti per una bomba che nasconde ancora tanti segreti, sia che pianga una signora schiva che di mestiere faceva la sceneggiatrice e ha lavorato con Luchino Visconti e Anna Magnani. C'erano tutti ai suoi funerali, il cinema italiano al gran completo, c'era pure il sindaco di Rosignano Marittimo, lei affezzionata alle estati a Castiglioncello, non c'era il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, non c'era il ministro Sandro Bondi, nè l'ultimo dei sottosegretari del suo ministero. Sicuramente i nostri governanti forse avranno avuto qualcosa di più importante da fare che sfidare i fischi della piazza a Bologna (i fischi anche quelli professionali, sono convinto, si zittiscono con l'autorevolezza e c'è stato chi in passato oltre ai fischi, su un palco, ha sfidato anche i bulloni) o rendere omaggio ad un monumento del nostro cinema.
Forse però ha ragione Paolo Conti sul Corriere di oggi, che parlando delle assenze ai funerali della sceneggiatrice romana osserva amaro: "Siamo in tempi di tagli economici alla cultura. Ma un'ora spesa per dire addio a Suso Cecchi d'Amico, alla ricchissima eredità lasciata all'Italia e alle future generazioni di nostri cineasti e intellettuali, no, non costa mezzo euro. Costa solo in intelligenza, riguardo, attenzione. In una parola, costa in cultura. Ma per poterla spendere è indispensabile possederla".
E Dio solo sa quanto siamo poveri di cultura intesa come rispetto per il nostro Paese, la sua gente, la sua storia.
A quali assenze mi riferisco? Una è risaputa ed è stata rispresa con rilievo da tutti i giornali: la prima assenza in trent'anni di un rappresentante del Governo Italiano alla commemorazione della Strage della stazione di Bologna. Lasciare il prefetto a rappresentare lo Stato italiano è come (con rispetto parlando) mettere il portinaio a fare gli onori di casa ad una festa.
Così, mandare il direttore generale per il cinema, Nicola Borrelli, a rappresentare lo Stato ai funerali di Suso Cecchi d'Amico ha il sapore della trasandatezza e dell'ignoranza. E' questa la seconda assenza (riferita più in piccolo nei giornali di oggi) che in un torrido due agosto ha dato l'immagine (senza dubbio più formale che concreta, ma spesso la forma è sostanza) di un Governo che non rappresenta più, o fatica a farlo, un Paese, sia che pianga 85 morti per una bomba che nasconde ancora tanti segreti, sia che pianga una signora schiva che di mestiere faceva la sceneggiatrice e ha lavorato con Luchino Visconti e Anna Magnani. C'erano tutti ai suoi funerali, il cinema italiano al gran completo, c'era pure il sindaco di Rosignano Marittimo, lei affezzionata alle estati a Castiglioncello, non c'era il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, non c'era il ministro Sandro Bondi, nè l'ultimo dei sottosegretari del suo ministero. Sicuramente i nostri governanti forse avranno avuto qualcosa di più importante da fare che sfidare i fischi della piazza a Bologna (i fischi anche quelli professionali, sono convinto, si zittiscono con l'autorevolezza e c'è stato chi in passato oltre ai fischi, su un palco, ha sfidato anche i bulloni) o rendere omaggio ad un monumento del nostro cinema.
Forse però ha ragione Paolo Conti sul Corriere di oggi, che parlando delle assenze ai funerali della sceneggiatrice romana osserva amaro: "Siamo in tempi di tagli economici alla cultura. Ma un'ora spesa per dire addio a Suso Cecchi d'Amico, alla ricchissima eredità lasciata all'Italia e alle future generazioni di nostri cineasti e intellettuali, no, non costa mezzo euro. Costa solo in intelligenza, riguardo, attenzione. In una parola, costa in cultura. Ma per poterla spendere è indispensabile possederla".
E Dio solo sa quanto siamo poveri di cultura intesa come rispetto per il nostro Paese, la sua gente, la sua storia.
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