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mercoledì 6 gennaio 2010

Restart: e se ripartissimo dalla vergogna?


L'analisi è seducente, la scommessa è esaltante, quasi come uscire dalla crisi facendo un balzo all'indietro anzichè in avanti. Beh, per la verità, quelli che fino all'altro ieri esaltavano il libero mercato si sono ritrovati in questi mesi a riempirsi la bocca di parole come "regole", "industria", "lavoro", "imprenditoria" da contrapporre a concetti quali "finanza", "creatività", "deregulation" e quindi, se non proprio un balzo all'indietro si sono almeno voltati a vedere dove avevano messo i piedi fino ad allora.
Il 2010 sarà l'anno della ripartenza? Molti lo sperano e non c'è fronte che non abbia bisogno di un ritocco, di una cazzuolata di stucco, di un restauro fatto guardando agli sbagli del passato.
"La vergogna ricomincerà a essere un valore, dopo un paio di decenni di apparente scomparsa? Ricominceremo a provare imbarazzo e disagio di fronte a comportamenti pubblici e privati che infrangono le regole collettive che ci siamo dati?" L'incipit e quello con il quale lo scrittore Marco Belpoliti inizia il suo "Elogio della vergogna" sull'ultimo numero del settimanale "L'Espresso"  dedicato alla ripresa nell'anno che muove in questi giorni i primi passi. "Riusciremo - si chiedere Belpoliti - a superare la "vergogna di pelle", come la chiama la filosofa Agnes Heller, che connota oggi i nostri atteggiamenti?". Domande che paiono un bel esercizio di retorica in un mondo che pratica la "commercializzazione del sesso e la sessualizzazione del commercio" e basta attraversare con uno zapping i salotti televisivi o i telegiornali per capire che anche i sentimenti sono commercio e che se Adamo fosse vissuto ai nostri tempi Masaccio non avrebbe mai potuto dipingerlo così come se lo è immaginato (vedi la foto che accompagna questo post) come alla Cappella Brancacci di Firenze. Lo sostiene Belpoliti con la certezza che attraverso la vergogna riconquistata, ci si riappropria anche dall'identità smarrita. "Nella scena politica - continua Belpoliti - abbiamo perso la nostra identità di cittadini, di membri attivi di una collettività, per diventare da un lato consumatori e, dall'altro, elementi anonimi di un rilevamento statistico continuo, un pulviscolo di dati numerici. La continua fluttuazione dei ruoli, la frantumazione delle identità individuali, ha eroso le basi stesse della vergogna morale".
Ma forse qualcosa sta cambiano, osserva timidamente Belpoliti: "La vergogna che si prova di fronte al degrado del Paese, la vergogna verso l'ingiustizia continua a reiterata, la vergogna per una società di anziani che ha tolto ai giovani il sogno del futuro sono segnali di un cambiamento in corso". Sarà il ritrovato sentimento della vergogna a guidare il riscatto morale di un Paese?  La scommessa è intrigante e il 2010 è appena iniziato.

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