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martedì 14 settembre 2010

Giornali: quando se ne va un direttore

Si sono svolti oggi a Roma i funerali di Pietro Calabrese, 66 anni giornalista, romano d'adozione, direttore negli anni di Messaggero, Panorama, Gazzetta dello Sport. Non ho mai avuto occasione di conoscerlo di persona, anche se ho collaborato per anni al Messaggero. L'ho conosciuto attraverso le parole di chi gli aveva lavorato a fianco, nei ricordi della sua squadra come si chiamavano i giornalisti che dal Messaggero, in questi anni sono approdati a tanti nuove avventure professionali (dalla direzione di Sette del Corriere, alla firme di punte giornalismo di inchiesta del medesimo quotidiano). Una di questi colleghi, Fiorenza Sarzanini, ha scritto nel suo ricordo per il Corriere parole toccanti.  "Si arrabbiava - ha raccontato - se non stavi attento quando parlava, era capace di gridare se un articolo non era come lo aveva immaginato e di commuoverti con gli elogi se avevi capito che cosa aveva in testa. Lo diceva sempre: "I lettori si devono emozionare". Lui sapeva farlo bene. Anche quando scriveva analisi politiche riusciva a non essere noioso o banale. Il Messaggero, quotidiano di Roma, è stato per anni la sua casa, lì ha creato la sua squadra: i «ragazzi» che non l' hanno mai abbandonato e alla fine sono diventati un pezzetto della sua famiglia. Adesso sono un po' attempati, hanno preso strade diverse. Però non si sono persi. E a lui piaceva quando si riusciva a stare tutti insieme per mangiare oppure soltanto per fare quattro chiacchiere. Era orgoglioso quando poteva vantarsi perché «adesso siete tutti in carriera e molti di voi fanno i direttori». Pietro era così, non ti abbandonava mai".
Parole e ricordi che fanno bene al giornalismo, troppo spesso orfano di buoni maestri, un po' padri, un po' padroni, ma sempre professionisti trasparenti. Sembra ieri, ma Fiorenza Sarzanini racconta di atmosfere antiche, di dinamiche ormai rare delle quali resta spesso solo tanta nostalgia. Come quella che si leggeva negli occhi di quei ragazzi d'un tempo che oggi a Roma hanno portato sulle spalle la bara del loro maestro.

2 commenti:

zeudi ha detto...

Ho seguito su Sette tutta la saga di Gino...non conoscevo il giornalista e non avevo la più pallida idea che fosse lui....Ci sono rimasta molto male. Mi ero affezionata a Gino e mi piaceva il modo di scrivere di Calabrese.
Quando leggerò Sette mi mancherà la sua rubrica...e Gino!
Complimenti per il coraggio di raccontare in questo modo una malatia così terribile.

Enrico Maria Porro ha detto...

ciao marco, ho segnalato questo tuo bel post sul mio blog Pazzo Per Repubblica

http://pazzoperrepubblica.blogspot.com/2010/09/in-ricordo-di-pietro-calabrese.html