«La libertà civile e la libertà politica sono ugualmente bandite da un paese in cui le leggi non sono applicate da un corpo giudiziario indipendente».
Giuseppe Zanardelli
(Brescia 1826 - Maderno 1903)
Sabato nelle Corti d'appello d'Italia è stato inaugurato il nuovo anno giudiziario. Cerimonie da decenni simili a se stesse, da qualche tempo anche nelle proteste della magistratura; liturgie cariche da un lato di preoccupazioni e consigli per il futuro, puntualmente inascoltati, e dall'altra parte di rassicurazioni e buoni propositi, altrettanto regolarmente non mantenuti.
Ma quello del 2010 verrà ricordato a Brescia per l'intitolazione del nuovo palazzo di Giustizia a Giuseppe Zanardelli, ex ministro Guardasigilli, politico bresciano vissuto tra il 1826 e il 1903. Ora la statua che lo raffigura (un tempo nel cortile del palazzo signorile che ospitava la Corte d'appello bresciana prima del trasloco nella nuova struttura) campeggia davanti all'ingresso della cittadella giudiziaria e non so proprio cosa penserebbe oggi Zanardelli della giustizia italiana, dei suoi problemi, delle sue tensioni, della sua cronica inefficenza. E sabato a scoprire quella statua nella sua nuova collocazione era presente un altro ex ministro di Grazia e Giustizia bresciano, Mino Martinazzoli.
Cosa accomuna i due politici bresciani? Sicuramente il fatto di poter legare la loro esperienza ministeriale a strumenti indispensabili per l'amministrazione della Giustizia: a due codici. In un paese dove le riforme sono più annunciate che attuate, Giuseppe Zanardelli tenne a battesimo il primo codice penale dell'Italia unita, promulgato il 1 giugno 1889 ed entrato in vigore il primo gennaio dell'anno successivo. In un paese dove si parla spesso a sproposito di giusto processo Martinazzoli diede un impulso determinante al nuovo codice di procedura penale entrato in vigore nel 1989 con alcuni importanti passi avanti sul fronte della parità tra accusa e difesa (la sparizione del giudice istruttore, l'istituzione della procura presso le preture, la riforma del dibattimento, la creazione del giudice per le indagini preliminari chiamato a vegliare sulle misure di custodia cautelare). Strumenti legislativi importanti, frutto di un lavoro colleggiale, di contributi culturali e specialistici autorevoli, di una sintesi meditata che oggi, con una politica che è battaglia e scontro frontale più che dialogo sul bene comune, sembrano impensabili.
Eppure si può. A spiegarcelo, sabato è stato anche l'intervento di Giuseppe Frigo, avvocato, docente universitario, primo bresciano ad essere eletto dal parlamento giudice della Corte costituzionale. Con Zanardelli e la sua opera Giuseppe Frigo ha una lunga frequentazione di studi e un'antica passione, così come è appassionato il suo ritratto dello statista bresciano che proponiamo qui sotto. Una lettura consigliata a chi ha la memoria corta, a chi guarda avanti con superbia scordandosi di voltarsi indietro, a chi assordato dalle urla non riesce a cogliere nella storia quei principi innovativi che aiutano a capire il presente.
Giuseppe Frigo ricorda Giuseppe Zanardelli
2 commenti:
Frigo ha rubato i baffi a Zanardelli
Ho solo un dubbio: che la firma di Franco Nicoli Cristiani del post precedente non sia veritiera
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