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lunedì 22 febbraio 2010

Intolleranza e razzismo in crescita, soprattutto fra i giovani: e noi educatori?

Fino a non molto tempo fa ci dicevano: saranno i nostri figli ad insegnarci l'integrazione, la tolleranza; attraverso la scuola arriverà anche la necessaria mediazione per costruire una società multietnica.
Giusto una settimana fa, all'indomani degli scontri di via Padova a Milano, Swg, l'Istituto di ricerca, ci illustra, attraverso l’Osservatorio nazionale “Io e gli altri: i giovani italiani nel vortice dei cambiamenti”, uno studio che ha coinvolto oltre 2.000 ragazzi tra i 18 e i 29 anni, effettuato per conto della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee Legislative delle Regioni e delle Province Autonome, che il razzismo è in crescita e che l'intolleranza sembra in salità proprio là dove dovrebbe essere più aperta la mentalità: fra i giovani.
I giovani percepiscono un’Italia poco incline all’integrazione, poco pronta ad accogliere altre culture. È addirittura il 63% dei 18-29enni a sostenere che l’intolleranza siano in crescita. E se per il 29% dei ragazzi e delle ragazze il livello di razzismo sembra essersi bloccato, preoccupa che solo un esiguo 8% percepisca, invece, una fase migliorativa e, quindi, una diminuzione di atteggiamenti ostili nei confronti del diverso.



"Ma quali i maggiori autori in fatto di discriminazione?  - si chiedono i ricercatori della Swg - Gli unici a salvarsi, in termini di integrazione, sono gli anziani. Per gli under 29, solo l’8% degli italiani più ‘maturi’ dimostra, infatti, una maggior tolleranza. Gli atteggiamenti razzisti sono, invece, molto diffusi tra i ragazzi. La maggioranza degli interpellati (60%), attribuisce, infatti, ai giovani le forme di rifiuto più dure nei confronti delle altre appartenenze. Un po’ più tolleranti appaiono le persone di mezza età, tra cui è il 28%, secondo i giovani intervistati, a dimostrare comportamenti razzisti".



Viene da chiedersi dove stia l'educazione degli adulti, della scuola, delle istituzioni se proprio ai ragazzi trasmettiamo sentimenti e principi di vita improntati all'intolleranza, anche se non c'è molto da stupirsi in un mondo in cui - è notizia di oggi - la diversità di un bimbo down può diventare senza rimorsi oggetto di scherno e gioco su Facebook.
" Secondo le ragazze e i ragazzi italiani - continua l'indagine -, i fattori determinanti, quelli che maggiormente contribuiscono a generare discriminazioni verso gli immigrati, sono in primis il numero di extra-comunitari che delinque e l’esistenza di stereotipi negativi sul alcune etnie o popoli. Per i giovani sono questi i propulsori dell’intolleranza: in una scala da 1 a 10, entrambi i fattori ottengono, infatti, il punteggio più alto (rispettivamente 7,75 e 7,74). Determinanti anche l’ignoranza della gente, veicolata dalla paura e dal rifiuto per ciò che non conosce (7,52) e l’aumento troppo veloce del numero di extra-comunitari nel Paese (7,4).
I fattori che, invece, i giovani considerano a basso impatto sono la pretesa degli immigrati di professare la propria religione e di avere i propri luoghi di culto (6,48) e la paura di perdere l’identità culturale e le tradizioni (6,02)".


 Insomma è ancora molta la strada da fare sul fronte dell'educazione. Ho solo un timore: che i primi ad avere qualche problema di fondamentali in termini di convivenza civile siamo proprio noi adulti.

LEGGI QUI ALTRI ASPETTI DELLA RICERCA:
1) "I giovani e gli altri. I popoli simpatici e quelli osteggiati "
2) "Dagli inclusivi agli improntati al razzismo: i clan giovanili in Italia "

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