giovedì 1 aprile 2010
Pedofilia, celibato e la missione del sacerdote: le parole (dure) di un vescovo
E' poco elegante, lo so, ma il modo più efficace per definire l'omelia di monsignor Luciano Monari, vescovo di Brescia, in occasione della messa crismale di oggi (in sostanza la celebrazione del Giovedì Santo che fa memoria dell'istituzione del sacerdozio) mi sembra questo: una bella ramazzata. E' come se il presidente di una società, mi si passi l'ulteriore licenza, ribadisse con toni duri e senza troppi giri di parole che le cose non vanno poi troppo bene e che l'infedeltà di alcuni può minare i fondamentali dell'azienda.
Così, nelle settimane in cui la Chiesa è alle prese con lo scandalo internazionale della pedofilia, con le accuse ai vertici di aver coperto gli abusi del clero, il vescovo di Brescia chiama i suoi sacerdoti ad un ministero senza macchie, ad una prova di coerenza e di fedeltà alla missione.
Li chiama invitandoli a vestire gli abiti del pubblicano, del peccatore. "Tutti noi siamo chiamati a convertirci" dice "tutti noi dobbiamo piangere e cercare di sanare la frattura che separa la nostra vita dalla missione che abbiamo ricevuto". Chi di noi può dire con sincerità: "Siate miei imitatori così come io lo sono di Cristo?" Eppure fino a che non potremo parlare così - o perlomeno fino a che non avremo il diritto di parlare anche così - non saremo buoni preti".
Osservazioni dure come le pietre quelle del vescovo Luciano, che prendono in esame anche temi spinosi come il celibato, come la testimonianza, come il sacerdozio vissuto fino in fondo, senza devianze. "Se si vive il celibato - aggiunge il vescovo - surrogando la mancanza di una moglie e di una famiglia propria con diversi tipi di dipendenza, il risultato è quello di una vita dimezzata e il celibato appare una forma di castrazione. Quando parlo di dipendenze mi riferisco a comportamenti diversi che vanno da quelli più semplici e innocenti - piccole manie o attaccamenti - fino a una vera e propria "doppia vita" che lacera la persona e rende la sua esistenza un inferno per lei e per gli altri".
Parole come doppia vita, dipendenza, comportamenti diversi, messe in relazione al sacerdozio e pronunciate dal pastore di una diocesi, danno il segno di come sia un momento difficile per la Chiesa e per i suoi attori. Pastori che il vescovo ha chiamato ad un ministero di qualità perchè il prete è una scelta consapevole e profonda e non il ripiego di una vita senza orientamenti. "Quando non so bene chi io sia e che cosa io voglia diventare - continua il vescovo -, qualunque scelta diventa possibile perchè la compio non responsabilmente ma in una specie di sonno della coscienza dove una cosa equivale al suo contrario. C'è una legge ferrea nell'esistenza umana ed è che tutti i nostri comportamenti contribuiscono a dare forza alla nostra persona: o ci fanno crescere verso la maturità più piena o ci trascinano verso il degrado progressivo".
Degrado progressivo o maturità più piena? La Chiesa bresciana ha di che riflettere in questo giovedì santo e anche a noi, cattolici-laici, un po' di riflessione su queste parole del vescovo Luciano può far solo bene.
LEGGI QUI IL MESSAGGIO DI MONS.MONARI
L'omelia del vescovo di Brescia il Giovedì Santo
Così, nelle settimane in cui la Chiesa è alle prese con lo scandalo internazionale della pedofilia, con le accuse ai vertici di aver coperto gli abusi del clero, il vescovo di Brescia chiama i suoi sacerdoti ad un ministero senza macchie, ad una prova di coerenza e di fedeltà alla missione.
Li chiama invitandoli a vestire gli abiti del pubblicano, del peccatore. "Tutti noi siamo chiamati a convertirci" dice "tutti noi dobbiamo piangere e cercare di sanare la frattura che separa la nostra vita dalla missione che abbiamo ricevuto". Chi di noi può dire con sincerità: "Siate miei imitatori così come io lo sono di Cristo?" Eppure fino a che non potremo parlare così - o perlomeno fino a che non avremo il diritto di parlare anche così - non saremo buoni preti".
Osservazioni dure come le pietre quelle del vescovo Luciano, che prendono in esame anche temi spinosi come il celibato, come la testimonianza, come il sacerdozio vissuto fino in fondo, senza devianze. "Se si vive il celibato - aggiunge il vescovo - surrogando la mancanza di una moglie e di una famiglia propria con diversi tipi di dipendenza, il risultato è quello di una vita dimezzata e il celibato appare una forma di castrazione. Quando parlo di dipendenze mi riferisco a comportamenti diversi che vanno da quelli più semplici e innocenti - piccole manie o attaccamenti - fino a una vera e propria "doppia vita" che lacera la persona e rende la sua esistenza un inferno per lei e per gli altri".
Parole come doppia vita, dipendenza, comportamenti diversi, messe in relazione al sacerdozio e pronunciate dal pastore di una diocesi, danno il segno di come sia un momento difficile per la Chiesa e per i suoi attori. Pastori che il vescovo ha chiamato ad un ministero di qualità perchè il prete è una scelta consapevole e profonda e non il ripiego di una vita senza orientamenti. "Quando non so bene chi io sia e che cosa io voglia diventare - continua il vescovo -, qualunque scelta diventa possibile perchè la compio non responsabilmente ma in una specie di sonno della coscienza dove una cosa equivale al suo contrario. C'è una legge ferrea nell'esistenza umana ed è che tutti i nostri comportamenti contribuiscono a dare forza alla nostra persona: o ci fanno crescere verso la maturità più piena o ci trascinano verso il degrado progressivo".
Degrado progressivo o maturità più piena? La Chiesa bresciana ha di che riflettere in questo giovedì santo e anche a noi, cattolici-laici, un po' di riflessione su queste parole del vescovo Luciano può far solo bene.
LEGGI QUI IL MESSAGGIO DI MONS.MONARI
L'omelia del vescovo di Brescia il Giovedì Santo
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