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sabato 24 aprile 2010

La mensa negata di Adro: ne abbiamo parlato con Sandro Ruotolo (Annozero)

Mi avevano colpito le sue parole in diretta tv: "In tanti anni non mi era mai capitato di lavorare in un clima simile". Il clima era quello che si respirava nella mensa di Adro giovedì sera durante la diretta tv di Annozero, il disagio manifestato agli oltre 5 milioni di telespettatori che stavano seguendo la trasmissione era quello di un veterano del programma: Sandro Ruotolo, da oltre 20 anni braccio destro di Michele Santoro. Ieri, per Bresciaoggi, ho sentito Sandro Ruotolo, mi interessava capire cosa avesse turbato uno come lui che ne ha viste tante, dalle intimidazioni mafiose alle dirette più burrascose.
"Venendo ad Adro, come andando a Rosarno alcuni mesi fa - mi ha detto -, mi sono reso conto di persona cosa voleva dire il presidente della Repubblica quando ha lanciato gli appelli alla coesione sociale. Atmosfere come quelle respirate ad Adro mostrano un tessuto sociale che si è progressivamente sgretolato".
Recuperare la coesione sociale ci è sembrata (dopo un lungo scambio di opinioni)  l'unica via da percorrere per non cadere in un baratro dal quale potrebbe essere impossibile riprendersi.
Ecco le riflessioni di Sandro Ruotolo apparse nell'edizione odierna di Bresciaoggi.

Da oltre vent'anni è al fianco di Michele Santoro, inviato sul campo sin dai tempi di Samarcanda. L'altra sera, però, Sandro Ruotolo, 54 anni, a Adro non ha saputo nascondere il disagio per il clima che si respirava e lo ha detto in diretta: «Non mi è mai capitata una cosa simile».


Sandro Ruotolo, una affermazione la sua che ha colpito molti: cosa è accaduto?

«Mi ha molto colpito quel "vergogna" partito dalla platea quando, in diretta, ho parlato del contributo dato dal missionario del Congo per la mensa di Adro. Mi ha sconvolto anche il clima che si respirava in quella sala, odio e di intolleranza che andavano oltre la difesa delle proprie posizioni. Non mi hanno dato fastidio le urla ma l'astio mostrato, ad esempio, contro gli stranieri presenti, contro quella donna maghrebina che ha rivendicato i propri diritti di cittadina che paga le tasse o contro la stessa direttrice della mensa».

Lei gira l'Italia, che idea si è fatto di questo Nord?

«Non venivo da queste parti a trattare temi di immigrazione da tempo e ho trovato un clima molto deteriorato. Prima di Adro ero stato a Rosarno ai tempi della rivolta contro i clandestini. Non ho trovato un'atmosfera poi tanto tanto diversa, c'è un imbarbarimento che deve preoccupare. Se delle mamme si sentono offese perchè un benefattore versa i soldi della mensa a chi non ha la possibilità di pagare e non accettano le riflessioni contenute in una lettera è il segno che non c'è più coesione sociale. E se ad Adro come a Rosarno è venuta meno la coesione sociale mi chiedo, complice la crisi economica, quali saranno i prossimi ad essere colpiti ed emarginati. Oggi sono gli immigrati e domani?

Che fare?

«Dobbiamo riconquistare una coesione sociale che si è persa. Noi cerchiamo di raccontare delle storie e giovedì sera alla mensa di Adro abbiamo tastato con mano la radicalità della situazione. Il mio disagio non derivava dagli animi accesi, in ventidue anni ne ho viste tante, quello che mi ha colpito è stato il non voler capire le ragioni degli altri, reagire aggredendo. È il segno che la coesione non regge più».

Come riconquistare la coesione perduta?

«Questa storia deve far riflettere. In sala c'era gente che non la pensava come chi urlava e forse sono proprio loro che stando in mezzo alla gente possono fare qualcosa per migliorare la situazione. La politica? Beh, dalle vostre parti mi pare che su questi fronti ci si affidi alla Cgil. E mi pare che questa anomalia si commenti da sè».

Marco Toresini
da Bresciaoggi del 24 aprile 2010

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