martedì 5 aprile 2011
Tu rapini, io ti uccido: dove sta il giusto?
Il tema è di quelli che aprono discussioni profonde che stanno a metà tra lo stato di diritto e il far west. E' un dilemma che inquieta giuristi e cittadini, che interroga la coscienza e che agita lo stomaco.
La notizia. Ieri tre rapinatori (vecchi professionisti, gente che di mestiere, dicono dalle mie parti "la fà 'lader") armati di taglierino entrano in una banca di Quinzano d'Oglio (pianura bresciana), il classico colpo del primo pomeriggio, diecimila euro in cassa, fuori un paese all'ora del riposino a garantire, nei progetti, una fuga tranquilla. Tutto va secondo copione fino a quando, sulla via della fuga, il terzetto incontra un furgone portavalori, diretto ad un altro istituto della zona. Una delle guardie, che, racconta, si è sentita minacciata dall'auto dei banditi in fuga, spara oltre una decina di colpi: uccide due banditi, il terzo viene catturato mentre tenta la fuga con una bici rubata poco lontano.
L'epilogo. Nel corso della notte la procura di Brescia decide il fermo della Guardia giurata per duplice omicidio volontario, la fine che i magistrati hanno ritenuto naturale davanti ad un comportamento che "presenta qualche problema giuridico", come hanno sin dall'inizio evidenziato.
Tu rapini, io ti uccido: dove sta il giusto? E' la domanda che sorge naturale in episodi come questi, dove è naturale che ci si divida tra chi sta dalla parte della guardia e chi, senza giustificare i rapinatori, pensa che davanti alla morte delle persone nessun comportamento sia giustificato. Spiattellare ora la risposta giusta sarebbe presunzione anche perchè chi di mestiere fa il rapinatore sa che quelli sono gli inconvenienti della "professione", un rischio calcolato; così come chi indossa la divisa malpagata e poco considerata della guardia giurata vive nel perenne ricordo di quanti, alla guida di un portavalori, sono finiti sotto i colpi dei kalasnikov delle bande dei blindati.
Dividere ora tra buoni e cattivi è quindi prematuro. Cercare di capire quello che è successo, coglierne gli eventuali eccessi è un passo doveroso. Scandalizzarsi ora per l'accusa di omicidio volontario è far finta di non capire che, grazie a Dio, non viviamo nel far west, che le regole sono a tutela di tutti, che la vita di una persona ha valore a prescindere dal fatto che sia quella di un rapinatore. Giudicare passi dolorosi come quelli del fermo della guardia giurata come l'inizio di un percorso per cogliere eventuali accessi in quel comportamento è quindi indispensabile. E l'essenza di uno stato di diritto che troppo spesso dimentichiamo di avere.
La notizia. Ieri tre rapinatori (vecchi professionisti, gente che di mestiere, dicono dalle mie parti "la fà 'lader") armati di taglierino entrano in una banca di Quinzano d'Oglio (pianura bresciana), il classico colpo del primo pomeriggio, diecimila euro in cassa, fuori un paese all'ora del riposino a garantire, nei progetti, una fuga tranquilla. Tutto va secondo copione fino a quando, sulla via della fuga, il terzetto incontra un furgone portavalori, diretto ad un altro istituto della zona. Una delle guardie, che, racconta, si è sentita minacciata dall'auto dei banditi in fuga, spara oltre una decina di colpi: uccide due banditi, il terzo viene catturato mentre tenta la fuga con una bici rubata poco lontano.
L'epilogo. Nel corso della notte la procura di Brescia decide il fermo della Guardia giurata per duplice omicidio volontario, la fine che i magistrati hanno ritenuto naturale davanti ad un comportamento che "presenta qualche problema giuridico", come hanno sin dall'inizio evidenziato.
Tu rapini, io ti uccido: dove sta il giusto? E' la domanda che sorge naturale in episodi come questi, dove è naturale che ci si divida tra chi sta dalla parte della guardia e chi, senza giustificare i rapinatori, pensa che davanti alla morte delle persone nessun comportamento sia giustificato. Spiattellare ora la risposta giusta sarebbe presunzione anche perchè chi di mestiere fa il rapinatore sa che quelli sono gli inconvenienti della "professione", un rischio calcolato; così come chi indossa la divisa malpagata e poco considerata della guardia giurata vive nel perenne ricordo di quanti, alla guida di un portavalori, sono finiti sotto i colpi dei kalasnikov delle bande dei blindati.
Dividere ora tra buoni e cattivi è quindi prematuro. Cercare di capire quello che è successo, coglierne gli eventuali eccessi è un passo doveroso. Scandalizzarsi ora per l'accusa di omicidio volontario è far finta di non capire che, grazie a Dio, non viviamo nel far west, che le regole sono a tutela di tutti, che la vita di una persona ha valore a prescindere dal fatto che sia quella di un rapinatore. Giudicare passi dolorosi come quelli del fermo della guardia giurata come l'inizio di un percorso per cogliere eventuali accessi in quel comportamento è quindi indispensabile. E l'essenza di uno stato di diritto che troppo spesso dimentichiamo di avere.
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3 commenti:
Il giusto sta nell'arrestare questo assassino.
non lo so dove sta il giusto, ma c'è da valutare: 1. la situazione di forte tensione emotiva; il fatto che comunque ha sparato 15 colpi contro i ladri che stavano fuggendo; capisco che viene da dire "ha fatto bene, lo farei anche io", ma se uno non è un killer professionista, si porta dietro per tutta la vita il peso di avere ucciso due persone: il far west è pericoloso per tutti
Sono d'accordo, l'accusa di omicidio volontario è giusta, cavoli sparare a gente che scappa non è certo legittima difesa, e nemmeno garantire la sicurezza dei cittadini, come ha detto il sindaco di quinzano.. è la legge della giungla!
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