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martedì 26 aprile 2011

25 Aprile, gocce di memoria

Il solito 25 Aprile, i soliti fischi, le solite contestazioni della sinistra sulla destra, le solite indifferenze che hanno il profumo della rivalsa e della derisione. Saremo mai un popolo normale? Un popolo capace di ricordare a prescindere, in grado di capire, ad esempio, che dalla lotta della Liberazione è uscita un'Italia migliore di quella che c'era prima (quantomeno una democrazia e non una dittatura), un'Italia libera, più consapevole, capace di costruire la nazione del miracolo economico, delle conquiste sociale, del nuovo welfare, di dar vita ad una Costituzione, che ancora oggi in tanti ci invidiano.
Ieri ho portato mio figlio di dieci anni in riva al fiume Oglio, là dove alcuni ragazzi del mio paese (Orzinuovi, provincia di Brescia) il 26 aprile 1945 (il giorno dopo la liberazione di Milano) tentarono di fermare una colonna di tedeschi in fuga. Il loro destino era segnato: lì morirono in due, un terzo fu fucilato davanti al municipio, un quarto giovane subì la stessa sorte quando la colonna stava già lasciando la cittadina.
Mentre raccontavo queste cose a mio figlio davanti alle lapidi che ricordano quei quattro morti (nella foto qui sopra) è arrivato un anziano del paese: lui, allora ragazzino, quei giovani li ricordava bene, conosceva le sue famiglie, sapeva che erano morti da piccoli eroi di un paese che ancora li ricorda. E' la nostra storia, perchè dimenticarla? Perchè dimenticare quei piccoli grandi sacrifici che hanno contributo a quest'Italia di cui tutti stiamo godendo e che resiste, nonostante tutto, agli attacchi di chi la vorrebbe più disinvolta, meno attenta agli altri, con la memoria corta.
Nutrirsi di piccole gocce di memoria, delle piccole grandi storie di eventi come la Resistenza (nel bene e nel male), ci aiuta a capire il presente a lavorare per il bene di tutti. Dire che non ha più senso ricordare ora che molti testimoni di quegli anni se ne sono andati è come dilapidare un'eredità fatta di valori poveri ma genuini. Non ricordare è far finta di non capire che sono ancora oggi le grandi scelte del passato che ci preservano da un presente non proprio indimenticabile.

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