venerdì 29 aprile 2011
Brescia, il garante dei detenuti e i guasti della politica
A Brescia in questi giorni si sta consumando uno spettacolo triste, uno spettacolo in cui la politica ha mostrato ancora una volta di avere un orizzonte ristretto, più orientato agli interessi propri che ai bisogni altrui. Una miopia funzionale che fa tristezza, soprattutto su scelte che dovrebbero essere trasversali per, come si dice, il bene comune.
Con una delibera del 6 giugno 2005 il consiglio comunale di Brescia ha istituito la figura del garante dei detenuti affidando tale ruolo a Mario Fappani, ex assessore regionale alla Sanità negli anni '80, ex democristiano di fede Bodratiana, attualmente manager nel sociale con un'esperienza alla Fondazione Don Gnocchi (dal '99 al 2005) e, oggi, come presidente del Consorzio cooperative sociali di Brescia. Quella di Fappani non fu una scelta casuale, fu lui stesso a sollecitare l'allora giunta di centro sinistra a creare la figura istituzionale (allora prerogativa di poche città e come tale quasi pionieristica) dopo che a Firenze (per la Fondazione Don Gnocchi si occupava di una struttura ad Impruneta) aveva conosciuto Franco Corleone, politico di lungo corso, che in Toscana aveva dato vita al Garante dei detenuti e che lo aveva contagiato con questa esperienza, tanto da muoversi affinchè si facesse altrettanto nella sua Brescia.
Oggi la sua Brescia è chiamata a rinnovare quella carica e lo sta facendo dando il peggio di sè, mostrando di non capire il problemi e agendo secondo logiche vecchie, partitocratiche, di etichettatura politica. Quella che dovrebbe essere una scelta unanime (i problemi dei detenuti non sono il ruolo nel cda di una società partecipata con lauti compensi al seguito) e condivisa per una figura superpartes si è trasformata in una guerra tra "bande", il candidato di una parte (Fappani, con l'appoggio delle associazioni che da anni lavorano in carcere) e l'ex magistrato Emilio Quaranta (prima pretore, poi dirigente dell'ufficio Gip, infine procuratore capo presso la procura minorile di Brescia), sponsorizzato da Lega e Pdl, oggi maggioranza a Brescia e quindi determinata a fare eleggere il suo candidato (anzi, mentre scrivo questo post a palazzo Loggia stanno eleggendo il nuovo Garante e Quaranta è rimasto il solo in corsa). Così nelle scorse settimane sulla figura del garante si è scatenata una lotta tutta politica, con guasti che solo la politica, quella più ottusa, sa fare, mostrando peraltro tutta la sua ignoranza su un tema delicato come quello delle carceri.
Premesso che la polemica non è sulle persone ma sul metodo, basta guardare sul sito del ministero di Grazie e giustizia per capire cosa significhi garante dei detenuti: "I garanti - vi si legge - ricevono segnalazioni sul mancato rispetto della normativa penitenziaria, sui diritti dei detenuti eventualmente violati o parzialmente attuati e si rivolgono all’autorità competente per chiedere chiarimenti o spiegazioni, sollecitando gli adempimenti o le azioni necessarie. Il loro operato si differenzia pertanto nettamente, per natura e funzione, da quello degli organi di ispezione amministrativa interna e della stessa magistratura di sorveglianza. I garanti possono effettuare colloqui con i detenuti e possono visitare gli istituti penitenziari senza autorizzazione, secondo quanto disposto dagli artt. 18 e 67 dell’ordinamento penitenziario (novellati dalla legge n. 14/2009)".
Davanti a ruoli così definiti come hanno risposto i politici bresciani? "Scegliamo un ex magistrato perchè questo possa intercedere per un nuovo carcere a Brescia". Ovvero i politici hanno mostrato tutta la loro approssimazione su un tema importante come quello della dignità del detenuto affidando ad un garante un ruolo che è della politica in tema di strutture carcerarie e dei rapporti con il ministero (di chi è la sconfitta di essere stati ignorati nel piano carceri? Non certo del garante).
Mario Fappani che è stato accusato di essersi occupato di cose di piccolo cabotaggio per aver fatto il suo dovere incontrando i detenuti, entrando in carcere, portandolo all'attenzione della città con determinazione e senza sconti per nessuno, ha gettato la spugna con una lettera che pubblichiamo qui a sotto. Una lettera che fa il punto della situazione, guarda con amarezza una politica politicante, punta il dito contro le inerzie di molti. C'è tanto da fare sul fronte delle carceri a Brescia (dove un magistrato di sorveglianza ha appena definito la carcerazione nella nostra città come "un trattamento inumano e degradante, da cagionare un disagio superiore all'inevitabile livello di afflittività conseguente alla privazione della libertà personale") e le polemiche che stanno accompagnando il nuovo mandato del garante non depongono a favore di interventi convinti e consapevoli per una detenzione più umana. Un tributo di riconoscenza a Mario Fappani, un augurio al nuovo garante e pollice verso alla politica che ancora una volta ha perso l'occasione di lavorare nell'interesse di tutti.
L'atto di accusa di Mario Fappani
Con una delibera del 6 giugno 2005 il consiglio comunale di Brescia ha istituito la figura del garante dei detenuti affidando tale ruolo a Mario Fappani, ex assessore regionale alla Sanità negli anni '80, ex democristiano di fede Bodratiana, attualmente manager nel sociale con un'esperienza alla Fondazione Don Gnocchi (dal '99 al 2005) e, oggi, come presidente del Consorzio cooperative sociali di Brescia. Quella di Fappani non fu una scelta casuale, fu lui stesso a sollecitare l'allora giunta di centro sinistra a creare la figura istituzionale (allora prerogativa di poche città e come tale quasi pionieristica) dopo che a Firenze (per la Fondazione Don Gnocchi si occupava di una struttura ad Impruneta) aveva conosciuto Franco Corleone, politico di lungo corso, che in Toscana aveva dato vita al Garante dei detenuti e che lo aveva contagiato con questa esperienza, tanto da muoversi affinchè si facesse altrettanto nella sua Brescia.
Oggi la sua Brescia è chiamata a rinnovare quella carica e lo sta facendo dando il peggio di sè, mostrando di non capire il problemi e agendo secondo logiche vecchie, partitocratiche, di etichettatura politica. Quella che dovrebbe essere una scelta unanime (i problemi dei detenuti non sono il ruolo nel cda di una società partecipata con lauti compensi al seguito) e condivisa per una figura superpartes si è trasformata in una guerra tra "bande", il candidato di una parte (Fappani, con l'appoggio delle associazioni che da anni lavorano in carcere) e l'ex magistrato Emilio Quaranta (prima pretore, poi dirigente dell'ufficio Gip, infine procuratore capo presso la procura minorile di Brescia), sponsorizzato da Lega e Pdl, oggi maggioranza a Brescia e quindi determinata a fare eleggere il suo candidato (anzi, mentre scrivo questo post a palazzo Loggia stanno eleggendo il nuovo Garante e Quaranta è rimasto il solo in corsa). Così nelle scorse settimane sulla figura del garante si è scatenata una lotta tutta politica, con guasti che solo la politica, quella più ottusa, sa fare, mostrando peraltro tutta la sua ignoranza su un tema delicato come quello delle carceri.
Premesso che la polemica non è sulle persone ma sul metodo, basta guardare sul sito del ministero di Grazie e giustizia per capire cosa significhi garante dei detenuti: "I garanti - vi si legge - ricevono segnalazioni sul mancato rispetto della normativa penitenziaria, sui diritti dei detenuti eventualmente violati o parzialmente attuati e si rivolgono all’autorità competente per chiedere chiarimenti o spiegazioni, sollecitando gli adempimenti o le azioni necessarie. Il loro operato si differenzia pertanto nettamente, per natura e funzione, da quello degli organi di ispezione amministrativa interna e della stessa magistratura di sorveglianza. I garanti possono effettuare colloqui con i detenuti e possono visitare gli istituti penitenziari senza autorizzazione, secondo quanto disposto dagli artt. 18 e 67 dell’ordinamento penitenziario (novellati dalla legge n. 14/2009)".
Davanti a ruoli così definiti come hanno risposto i politici bresciani? "Scegliamo un ex magistrato perchè questo possa intercedere per un nuovo carcere a Brescia". Ovvero i politici hanno mostrato tutta la loro approssimazione su un tema importante come quello della dignità del detenuto affidando ad un garante un ruolo che è della politica in tema di strutture carcerarie e dei rapporti con il ministero (di chi è la sconfitta di essere stati ignorati nel piano carceri? Non certo del garante).
Mario Fappani che è stato accusato di essersi occupato di cose di piccolo cabotaggio per aver fatto il suo dovere incontrando i detenuti, entrando in carcere, portandolo all'attenzione della città con determinazione e senza sconti per nessuno, ha gettato la spugna con una lettera che pubblichiamo qui a sotto. Una lettera che fa il punto della situazione, guarda con amarezza una politica politicante, punta il dito contro le inerzie di molti. C'è tanto da fare sul fronte delle carceri a Brescia (dove un magistrato di sorveglianza ha appena definito la carcerazione nella nostra città come "un trattamento inumano e degradante, da cagionare un disagio superiore all'inevitabile livello di afflittività conseguente alla privazione della libertà personale") e le polemiche che stanno accompagnando il nuovo mandato del garante non depongono a favore di interventi convinti e consapevoli per una detenzione più umana. Un tributo di riconoscenza a Mario Fappani, un augurio al nuovo garante e pollice verso alla politica che ancora una volta ha perso l'occasione di lavorare nell'interesse di tutti.
L'atto di accusa di Mario Fappani
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