martedì 22 settembre 2009
Good morning Kabul: ed ora che facciamo?
Abbiamo pianto i nostri morti (ma sul come vi invito a leggere l'intervento di Massimo Gramellini di oggi sulla Stampa), ora non sarebbe male dare una risposta a questi sacrifici. Il presidente americano ha evidenziato tutte le sue perplessità davanti alla prospettiva di rimpinguare il contingente Usa in Afghanistan se non altro perchè si sente moralmente responsabile di ogni perdita che potrebbe essere registrata sul campo. E l'Italia che fa? Cosa vuol dire transation strategy, per dirla con Berlusconi, o cosa vuole dire "tutti a casa", parafrasando Bossi?
Prove tecniche di insofferenza per una presenza militare che sta diventando costosa in termini di vite umane le abbiamo registrate già ieri al termine dei funerali con qualche grido di protesta che non veniva dall'esagitato signore che ha occupato l'ambone gridando "Pace subito", nè da qualche pacifista e .come tale, vetero o catto-comunista. Voci che venivano da quelli normalmente "usi ad obbedir tacendo", che, evidentemente, vedono quanto sia priva di prospettiva una missione di questo tipo.
E se si cambiassimo registro? E se si cambiassero le truppe? E se si caricassero i C-130 invece che di mimetiche di progetti di pace, democrazia e cooperazione. Sì, ma ci sono i talebani e quelli sono in guerra. Allora ci si attrezzi per fare la guerra e non si prenda in giro chi in quel paese sta rischiando la vita.
Lo so, stiamo nuotando in una grande utopia. E allora scusatemi, ma il corraggio di costruire utopie mi affascina.
Good morning Kabul... e speriamo che il tramonto sia di un rosso carico di speranza.
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