"Certo, ne è passata di acqua sotto i ponti dell'Oglio, dei suoi canali e dei vasi che irrigano la "nostra" Bassa, ne è passata, di acqua, che adesso se ne sente la mancanza e i fossi li stanno cementando tutti, per tenerla a mano e non farla disperdere. E non paiono - nè sono - più gli stessi di allora, che erano pieni di acqua e resi ombrosi dalle rive di platani e di salici, di pioppi e di lecci. D'accordo, probabilmente è giusto introdurre tutti i cambiamenti del mondo, ma che sapranno i gnari di oggi di quella campagna e di quella natura, delle bòse che andavamo a pescare con fiocine rudimentali...? Avranno tutto 'sti gnari di oggi, ormai senza desideri: ma chi dice che siamo più felici di quanto nella nostra povertà, noi riuscimmo a essere?".
(Giorgio Sbaraini dal libro "Domenico Bianchi - sindacalmente parlando")
Ha riposto per sempre la matita con la quale ancor oggi, nell'era digitale, amava scrivere, ha lasciato intonsi quei fogli ampi e quadrettati che lo facevano tornare insegnante elementare Giorgio Sbaraini. Settantotto anni consumati in un lampo,come si tempera una matita, la sua matita; 78 anni passati a scrivere, a raccontare di sport e di vita quotidiana con quella prosa che ci accompagnava per mano, con quel modo di raccontare senza uguali che fa la differenza tra il maestro e il discepolo. E Dio solo sa come, in questa generazione di fenomeni, in questa professione poco conscia dei propri limiti, i maestri siano una categoria in via di estinzione e non solo per ragioni anagrafiche.
E Jos, così lo chiamavamo noi a Bresciaoggi, era un maestro, non solo perchè lo aveva fatto per anni in una scuola elementare prima di approdare a tempo pieno al giornalismo, ma anche perchè sapeva insegnarci più di quanto, noi, fossimo in grado di imparare. Lo faceva con quel suo modo scanzonato, con quel suo intercalare dialettale, con quella sua imprecazione colorita che spesso faceva arrossire i preti.
Non mi occupo di cose di sport, il settore al quale Giorgio ha dedicato buona parte della sua carriera giornalistica, ma a Jos mi accomunava il fatto di essere un "gnaro" della Bassa, lui di Lograto, io, una manciata di generazioni dopo, di Orzinuovi e nei nostri discorsi (conversazioni dall'incedere lento come lo scorrere dell'Oglio d'estate) ci capitava spesso di raccontarci quella fetta di provincia che ci aveva cullato da ragazzi e che continuava ad essere per noi, "cresciuti a castagne ed erba spagna", per dirla con Guccini, un punto di riferimento tutt'altro che meramente geografico. Così di lui ho amato quegli spaccati di vita contadina che era solito raccontare con quello spirito divulgativo e curioso che, negli anni, ha contribuito a dare autorevolezza alla nostra professione. Quelle storie e quei ritratti che sembravano uscire dai documentari che Mario Soldati aveva costruito attorno al grande fiume Po, quelle scenografie che sembravano rubate alla tv in bianco e nero che, dopo che la storia ha fatto l'Italia, ha forgiato gli italiani.
Di lui, genio e sregolatezza, ho amato il suo essere giornalista, il suo essere autorevole cantore di ciò che gli stava accanto. Mi è capitato ancora di passeggiare con Jos per le vie di Brescia e di essere fermati da gente che gli chiedeva opinioni e pronostici. Lo guardavo con invidia in quelle circostanze, così come non potevo avere ammirazione quando lo vedevo alzare il telefono, ridere e scherzare con il cavalier Luigi Lucchini, mostro sacro della storia industriale bresciana, inavvicinabile ai più, ma uno che chiamava Jos la mia penna preferita. Non erano amici nel senso letterale del termine (Jos, che arrivava dal giornalismo militante, intingeva spesso la matita nell'ironia e nella critica caustica e per nulla accondiscendente); erano solo uniti da un reciproco rispetto e da una altrettando reciproca stima. E questo bastava fra galantuomini.
Rispetto e stima, merce rara di questi tempi popolati da sovrani e vassalli, più che da controllati e controllori, dove il diritto di critica è spesso letto e soffocato come lesa maestà.
Jos ci mancherà anche per questo, mancherà a noi, ma anche ai suoi affezzionati lettori che sono in lutto già da tempo, dopo la scomparsa, per causa di forza maggiore, dei suoi articoli e dei suoi commenti. Jos ci ha lasciato un'eredità impegnativa da onorare, quella di un giornalismo schietto, e dalla schiena dritta. Di un giornalismo curioso e senza compromessi, costruito sul rigore e sull'autorevolezza. Un impegno che quel ragazzo della Bassa ha onorato scrivendo di sport e di cronaca, discorrendo di politica ed economia, raccontando una provincia alla quale era affezionato come ci si affezione alla matita preferita. Ora quella matita preferita e lì che aspetta di tornare ad essere temperata a dovere. Ora quella matita attende noi e quelli come noi che hanno conosciuto e stimato Giorgio. Ciao Jos, ragazzo della Bassa prestato al giornalismo, ora il nostro impegno, di noi che ti salutiamo con la commozione con la quale si saluta un maestro, è quello di non deluderti.
Ps: Mi sono chiesto con quale canzone onorare Giorgio Sbaraini. Ho scelto Cirano di Francesco Guccini, ho scelto parole come "Infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio, perchè con questa spada vi uccido quando voglio... Io non perdono e tocco". Ciao Jos...
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