giovedì 10 giugno 2010
Intercettazioni: resistere, resistere, resistere
Avremo tante colpe noi giornalisti, sempre più impiegati e sempre meno battitori di strade, più o meno impervie, ma quello che si sta consumando stamane in Parlamento è l'ultimo colpo di vanga di una fossa nella quale cadremo dentro noi, la giustizia e, in fondo in fondo, un'Italia distratta nell'anno dei mondiali.
Mi sono riletto il testo sulle intercettazioni che, a colpi di fiducia, oggi potrebbe rompere gli ormeggi e navigare verso il mare legislativo. Nonostante le presunte mitigazioni resta un testo destinato a segnare la fine, o quasi, delle indagini contro la criminalità organizzata (resteranno i poveri pusher presi con la droga nelle mutante a pagare per tutti), contro il malaffare (addio cricche, rimarranno i mariuoli alla Mario Chiesa pizziacati con le banconote segnate nascoste nel cesso dell'ufficio). Resterà un'etica ferita dal silenzio: orecchio non sente, cuore non duole e l'Italia tornerà ad essere sfavillante come una vetrina di via Montenapoleone, con i conti in rosso ma con le gnocche che fanno dimenticare anche di essere dei brutti ciospi.
Resterà un giornalismo bolso, senza gli strumenti per far veramente capire cosa succede in Italia. Resterà un giornalismo povero (sfogliate la Repubblica che segna con un post it gli articoli destinati a sparire con la nuova legge e vedrete di quante notizie saremo privati), un giornalismo velinaro senza gli strumenti per costruirsi un futuro (e non ditemi che tanto la rete salverà il mondo con i suoi reporter diffusi perchè il buon giornalismo di inchiesta non si improvvisa, è una professione e non un hobby). Un giornalismo destinato a perdere smalto e lettori, perchè un giornalismo con il bavaglio non è giornalismo.
Che fare? Resistere, resistere, resistere, disse una volta il procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli. Al limite dell'obiezione di coscienza e della disobbedienza civile, perchè il tema è etico prima che professionale, perchè la libertà di informare è un diritto per i cittadini e un dovere per chi la pratica. Magari togliendosi pure qualche sfizio, come buttare nel cestino la selva di comunicati stampa dei politici che affollano le redazioni di dichiarazioni ovvie e di analisi senza cervello: quelle si sono spesso macellerie, non mediatiche, ma della grammatica e della sintassi. Buttare, buttare, buttare... non perderemmo nulla (anzi i lettori avrebbero più notizia, vere, da leggere) e ne guadagneremmo tutti in autonomia.
Mi sono riletto il testo sulle intercettazioni che, a colpi di fiducia, oggi potrebbe rompere gli ormeggi e navigare verso il mare legislativo. Nonostante le presunte mitigazioni resta un testo destinato a segnare la fine, o quasi, delle indagini contro la criminalità organizzata (resteranno i poveri pusher presi con la droga nelle mutante a pagare per tutti), contro il malaffare (addio cricche, rimarranno i mariuoli alla Mario Chiesa pizziacati con le banconote segnate nascoste nel cesso dell'ufficio). Resterà un'etica ferita dal silenzio: orecchio non sente, cuore non duole e l'Italia tornerà ad essere sfavillante come una vetrina di via Montenapoleone, con i conti in rosso ma con le gnocche che fanno dimenticare anche di essere dei brutti ciospi.
Resterà un giornalismo bolso, senza gli strumenti per far veramente capire cosa succede in Italia. Resterà un giornalismo povero (sfogliate la Repubblica che segna con un post it gli articoli destinati a sparire con la nuova legge e vedrete di quante notizie saremo privati), un giornalismo velinaro senza gli strumenti per costruirsi un futuro (e non ditemi che tanto la rete salverà il mondo con i suoi reporter diffusi perchè il buon giornalismo di inchiesta non si improvvisa, è una professione e non un hobby). Un giornalismo destinato a perdere smalto e lettori, perchè un giornalismo con il bavaglio non è giornalismo.
Che fare? Resistere, resistere, resistere, disse una volta il procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli. Al limite dell'obiezione di coscienza e della disobbedienza civile, perchè il tema è etico prima che professionale, perchè la libertà di informare è un diritto per i cittadini e un dovere per chi la pratica. Magari togliendosi pure qualche sfizio, come buttare nel cestino la selva di comunicati stampa dei politici che affollano le redazioni di dichiarazioni ovvie e di analisi senza cervello: quelle si sono spesso macellerie, non mediatiche, ma della grammatica e della sintassi. Buttare, buttare, buttare... non perderemmo nulla (anzi i lettori avrebbero più notizia, vere, da leggere) e ne guadagneremmo tutti in autonomia.
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1 commenti:
Io ho già tirato fuori il cestino....
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