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venerdì 4 giugno 2010

Prandelli e l'eleganza di un addio

Che non fosse facile per Cesare Prandelli lasciare la Fiorentina lo si capiva, che non fosse semplice dire addio ad una città come Firenze senza essere guardati come traditori era nell'aria, Ma l'allenatore di Orzinuovi, che lunedì è tornato a sorseggiare un caffè con gli amici nel bar della piazza con la semplicità di sempre, ha mostrato ancora una volta un'eleganza e una umanità non facili da trovare. Lo ha fatto con una lettera che punta dritto al cuore viola. Eccola
"A chi mi incontra per strada e mi chiama “Cesare”; a chi ha preso la pioggia, il sole, il vento al Franchi; a chi ha fatto le vacanze a Folgaria, a Castelrotto e a Cortina;
a chi ha pianto per un rigore sbagliato o per la gioia di Anfield; a chi ci ha creduto come me e si è emozionato per una solitaria bandiera viola ad una finestra;
a chi ha pensato che, nonostante sbagliassi qualche cambio, ero comunque una persona per bene; a chi ha saputo capire ed apprezzare il significato del silenzio;
a chi ha fatto centinaia di chilometri per dire “io c’ero”, quelli di Verona, di Torino e che hanno pianto di gioia con noi; a quelli che ci aspettavano all’aeroporto la notte per cantare “forza viola”;
a chi urlava “falli correre” e a chi ha corso; a chi mi diceva, toccandomi ogni volta l’anima, “Grande Mister, uno di noi” oppure “parlare con te è come se parlassi con un parente”, fratello, zio cugino, padre non fa differenza.
A tutti, a Firenze con la sua eleganza un po’ malinconica, la sua diffidenza e la sua generosità, devo dire solo due cose: grazie e vi porterò sempre nel mio cuore".
Cesare Prandelli

Dalle mie parti, le stesse del nuovo ct della Nazionale, si direbbe un incondizionato "Brao, Cesare!". A Firenze hanno reagito in questo modo, commuovendosi con la consapevolezza di aver perso un grande amico, un grande maestro, prima che un allenatore di vaglia.

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