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venerdì 26 marzo 2010

Rai per una notte e l'informazione che verrà

Rai per una notte il giorno dopo. Sull'iniziativa del sindacato dei giornalisti italiani  (da tesserato della Federazione nazionale della Stampa posso dire che finalmente si è parlato di libertà di informazione e non delle solite beghe sindacali e questo è già un buon risultato per la categoria) ognuno si sarà fatto la sua opinione: a molti sarà piaciuto tantissimo lo show di Bologna, ad altri meno, e qualcuno, come dicevano certi partecipanti alla manifestazione del Pdl di sabato scorso, avrebbe addirittura vaporizzato volentieri il tutto in un bel falò.
Un dato è comunque innegabile: 180 piazze collegate, 40 tv e 30 radio che hanno diffuso l'evento (emittenti dalla linea politica più variegata, personalmente ho assistito a parte dello spettacolo da Telenova, l'emittente milanese delle Edizioni paoline, casa editrice di Famiglia Cristiana non certo un editore di ultrasinistra), centinaia di connessioni via Internet in streaming sono di per se spunto di riflessione. Sono il segno di un potere mediatico (inteso come duopolio pubblico-privato) che forse non ha più ragione di esistere, così come i mille paletti di contenimento della libertà di espressione. Una frase mi ha colpito dello show di Santoro, Travaglio, Vauro (nella foto) e compagni. L'ha detta Gad Lerner in un suo intervento evidenziando come ieri sera si stava inaugurando un nuovo modo di fare informazione, un nuovo canale partecipato, trasversale e fatto di mille rivoli, difficili da prosciugare e grande garanzia di libertà. Insomma è come se ieri sera fosse nata una nuova televisione un nuovo modo di interpretarla fuori dagli schemi classici della tv di Stato e della tv commerciale, una informazione crossmediale che attraversa l'opinione pubblica dalla radio al computer, dallo schermo televisivo al telefonino. Un uragano multicanale davanti al quale parole come censura e tribuna politica, tv commerciale e tv pubblica appaiono invecchiate di colpo. E per chi come noi si occupa in modo professionale di informazione e comunicazione è un nuovo fronte aperto in un mondo che cambia. Oltre quel fronte si intravede il futuro e noi dobbiamo essere capaci di interpretarlo.





5 commenti:

MdC ha detto...

Siamo già vecchi...

Marco Toresini ha detto...

Per Mdc
fuori sicuramente. Per dentro il segreto è cercare di difendersi al meglio. La domanda è: ci riusciremo?

MdC ha detto...

La risposta nei prossimi anni...

Se posso - con rispetto - chiedo due cose:

- perchè non hai pubblicato il video di luttazzi?

- Perchè luttazzi è sempre così criticato e/o disprezzato e/o emarginato? (vedi anche Aldo Grasso sul corriere di oggi)

Chiedo ciò perchè anche col mio vecchio genitore (sinistrorso) litigai parecchio su luttazzi. Che vi ha fatto di male?

Marco Toresini ha detto...

Rispondo a Mdc:
In verità l'intenzione era quella si postare l'intera serata, ma per ragioni di tempo, non sono riuscito a realizzare una "playlist" che comprendesse i 23 frame in cui è reperipibile lo show su You tube.
Su Luttazzi confesso che non l'ho visto. Rilevo molti commenti (ad esempio sul blog di Lerner) anche fra persone di area non molto entusiasti per l'eccessiva volgarità del suo intervento. Personalmente non sono un gran cultore di Luttazzi e in genere nemmeno della volgarità applicata alla satira o alla comicità (dai cine panettoni in su). Comunque Luttazzi fa discutere: lo abbiamo fatto ieri a lungo anche in redazione con amici comuni.

MdC ha detto...

Come dice un cane del muro autonominatosi piero piccioni: "luttazzi stimola la riflessione" (non a caso - dici - se n'è discusso a lungo anche in redazione).

Se non è pungente, scioccante, a tratti anche volgare alla fine che satira è. luttazzi lo fa con acume, intelligenza e memoria. Parla spesso anche di sesso e - ho notato - che molti (anche a Sinistra) lo ritengono "offensivo" o "sconcio" o "volgare" o "esagerato". Ma è più volgare PARLARE di inculate o dimenare il culo (con misero tanga) davanti ad una telecamera alle otto di sera? (Leggi: palinsesto mediaset).

E qui mi taccio.