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giovedì 22 ottobre 2009

Posto fisso e verginità postume

Rivalutare oggi il pregio del posto fisso è come per una escort predicare la verginità come la prima fra le virtù. Avevo seguito per lavoro il G8 di Genova, fronte no global, e in molti, allora, predicavano una cosa semplice: globalizziamo sì l'economia, ma anche i diritti. Eppure in quella occasione i no global furono caricati dalla polizia tanta era l'attenzione verso proposte di quel tipo.
Parlare di posto fisso oggi è come cantare un inno sacro ad un rave party. Che dire ad una ricercatrice sulla quarantina, single per necessità, che dopo una sfilza di contratti a termine rischia il posto? Che dire ad un precario della scuola "tagliato" dalla riforma dopo anni di onorato servizio? Che dire ad un giovane che dopo anni di lavoro a tempo determinato si vede offrire come ultima elemosina un contratto "week-end" (lavoro nel fine settimana)? Dove stanno la stabilità e la sicurezza?
Oggi più che posto fisso bisognerebbe difendere "il posto" in quanto tale. Con le aziende che recapitano lettere di mobilità come se piovesse sarebbe già una bella conquista. Come una conquista altrettanto bella sarebbe non dover più assistere a storie come quelle raccontate domenica scorsa, 18 ottobre, dalla trasmissione Report: piccole aziende artigiane fornitrici di salotti alla Francia, strangolate dalla concorrenza sleale di aziende italo-cinesi al lavoro senza regole (contratti part-time in realtà da 12 ore al giorno). Altro che posto fisso, qui bisogna tornare all'etica della produzione, ad un'economia virtuosa.

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