martedì 20 ottobre 2009
La piazza, la passione e i difetti di democrazia
Premessa: a Orzinuovi, paese della provincia di Brescia in cui abito da sempre, c'è una piazza lunga trecento metri, "corteggiata" dai portici, sulla quale si affacciano chiesa e municipio. Insomma un cuore pulsante della comunità, testimone di congressi eucaristici negli anni '50, rastrellamenti e colonne in ritirata al tramonto della Repubblica sociale di Salò, comizi accessi e partecipati nel '48, persino una carica di polizia per sedare lo scontro tra destra e sinistra nei caldi anni '70.
Alcune sere fa ho rivisto quella piazza riaccendersi di passione politica, vociare fino a tardi in una fredda notte di quasi inverno, agitarsi, gridare e, perchè no, mandarsi anche un po' a vaffa...
Ho visto anche un consiglio comunale con il pubblico seduto sulle scale, i carabinieri schierati come alla partita di calcio, ma qui, in alta definizione, c'era solo il gusto ritrovato del confronto su un tema che ha diviso la comunità (basti dire che alle ultime elezioni comunali un migliaio di consensi sono migrati dallo schieramento di centro destra in carica - e vincitore a mani basse di Europee e Provinciali - ad una lista civica che, contro ogni previsione della vigilia, si è imposta per due voti di scarto). Qual era questo tema: l'oratorio e la proposta di realizzarlo tutto nuovo nel campo sportivo ormai in fase di dismissione per la costruzione di un nuovo stadio. Qualcuno (la parrocchia in testa) è favorevole a questa proposta, altri (a partire dalla nuova amministrazione) vorrebbero valutare soluzioni alternative per non pregiudicare una delle ultime aree pubbliche rimaste nel cuore del paese.
Su questo tema, la piazza è tornata ad animarsi come non faceva da anni, la gente è tornata a confrontarsi come ai tempi d'oro in cui la politica non era una delega in bianco e la coscienza non era così lobotomizzata da far passare per persecuzione ciò che è semplice giustizia. Bene, quando la passione si sente la comunità è viva, riconquista spazi anche fisici altrimenti terra di colonizzazione altrui: socializzare per strada e in piazza è sicuramente più efficace di una "ronda civica" per riappropriarsi di un territorio.
Ho assistito alle discussioni anche accese con l'entusiamo di chi assiste ad una rinascita, ma non ho potuto fare a meno di notare come siano cambiati i linguaggi del confronto, come il tema non abbia più sfumature (o è bianco o è nero), come il tentativo di articolare un discorso sia diventato sinonimo di inconcludente politichese, dove la critica viene sempre etichettata politicamente (meglio se estremizzata negli stereotipi classici "comunista" - "fascista"), dove persino la dignità di intervento viene rilasciata solo sei si ha una patente di appartenenza (il teorema è: perchè parli se non vieni nemmeno all'oratorio?) e anche chi si è conquistato questa patente di appartenenza sul campo se solleva qualche perplessità viene messo all'angolo. Insomma la passione si sente ma è come pane senza lievito, quel lievito che si chiama democrazia e disponibilità a sentire le ragioni altrui, accogliendole come un arricchimento e non respingendole con un insulto. E spiace constatare che queste lacune siano forti in realtà educative dove la capacità di pensare "plurale" dovrebbe essere coltivata come prima fra le virtù.
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