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lunedì 26 ottobre 2009

La paura dell'Islam e le parole del Cardinale


Viviano i tempi della paura e qualcuno, su questa paura, costruisce fortune politiche e personali. Viviamo tempi da Crociate facili, certo non aiutati da barbe lunghe, moti talebani e rivendicazioni religiose che mal si conciliano con la nostra cultura dei diritti. Insomma, viviamo in tempi non troppo "illuminati" e un raggio di sole, secondo me, l'ha portato ieri, sulle colonne del Corriere della sera il Cardinale Carlo Maria Martini che, nell'appuntamento periodico con le domande dei lettori, parla di Islam, di paure e di reprocità. In tempi in cui anche la setta cattolica dei Pentecostali è un problema se a professarla sono immigrati dell'Africa nera (cfr. protesta della Lega Nord a Concesio, paese della bassa Valtrompia, provincia di Brescia) quello dell'ex Cardinale di Milano è un bel contributo culturale a vincere le nostre paure.


Lettere al Cardinal Martini:
Cinque Motivi per non Temere l' Islam Conosco non poche persone di religione islamica che sono sinceri cercatori di Dio e non chiedono che di trovare un lavoro La mancanza di reciprocità non è una ragione per negare a coloro che vengono da noi i diritti che ammettiamo per tutti

Fin dall' inizio di questa corrispondenza ho ricevuto non poche lettere centrate su questo tema: l' Islam (si potrebbe anche dire «la paura dell' Islam»). Vorrei anzitutto esporre qualche considerazione generale, che inquadra il problema.
1). Distinguo tra una religione in astratto (con l' insieme delle sue credenze, norme, tradizioni e consuetudini) dal modo concreto con cui la religione viene vissuta. Questa seconda realtà è decisiva per ciascuno. I fondamentalisti partono da una religione non vissuta, ma pensata.
2). Conosco non poche persone di religione islamica che sono sinceri cercatori di Dio e che, venendo tra noi, non chiedono che di trovare un po' di lavoro e di farsi strada a poco a poco nella società, pensando soprattutto alla propria famiglia. Essi vivono quei valori che il Concilio Vaticano II ha riconosciuto all' Islam (Documento Sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, n.3) come l' adorazione dell' unico Dio, misericordioso e compassionevole, e la sottomissione a Lui.
3). I fondamentalisti (che ci sono un po' ovunque) esigono un' applicazione stretta della legge coranica nella società civile, non distinguendo la religione dalla società. Essi vorrebbero naturalmente attuare questo anche in Europa.
4). Si chiede dunque all' Occidente di esercitare un discernimento che smascheri gli estremisti e faccia capire che non v' è posto per essi in una società che vuol essere democratica e pluralista. Ciò esige che noi crediamo in questi valori e li viviamo sul serio! Ogni irresponsabilità del nostro mondo occidentale è un favore fatto ai fondamentalisti.
5). In ogni modo va sottolineato che non esiste un solo Islam, ma ci sono in esso varie correnti e obbedienze. Gli estremisti non rappresentano che una voce tra le tante, anche se oggi è la più forte e giustamente può incutere timore. Ed ora qualche risposta alle varie lettere. Non ho letto il Corano per intero, ma solo alcune parti di esso. Tuttavia mi sono informato presso persone competenti, sia in Europa come nei Paesi Arabi. Sarebbe bello ottenere la reciprocità in tutto, che cioè anche in questi Paesi si lasciasse piena libertà religiosa. Bisogna continuare a far presente tale nostra esigenza, ma la mancanza di reciprocità non è una ragione per negare a coloro che vengono da noi i diritti che ammettiamo per tutti. Occorre però che si esiga anche da essi la piena osservanza delle nostre regole e il rispetto per i nostri valori. Dobbiamo credere nella democrazia e agire di conseguenza. È vero che il dialogo con l' Islam non è facile, anche perché, mancando una autorità centrale, non si può sapere chi lo rappresenti adeguatamente. Tuttavia tale dialogo rimane importante, anche a livello religioso. Non è un tradimento di Gesù Cristo, ma una obbedienza alla sua volontà. Perciò i Papi si sono molto impegnati per farlo progredire. Avremo non un inferno in terra, ma certamente molte difficoltà se teniamo gli immigrati islamici in un ghetto, creando così le premesse per esiti violenti.
Martini Carlo Maria

da Pagina 19
(25 ottobre 2009) - Corriere della Sera

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