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lunedì 1 giugno 2009

Festa della Repubblica, ma, per favore, lasciamo a casa le banane.



Due giugno, festa della Repubblica, anniversario della Costituzione. Per favore, almeno per una volta, lasciamo a casa le banane e i cotillon, le veline e i tronisti, i celti e gli ariani. Per una volta, prima di aprire bocca, ripassiamo la storia, ricordandoci di quanti, magari non troppo distanti da noi (dalla spianata di San Martino, con vista sul lago di Garda, alle trincee scavate nella roccia dell'Adamello) hanno contribuito nei secoli a costruire un pezzo di questa Repubblica, forse un po' sgangherata, ma pur sempre quella Repubblica che tanti ancora ci invidiano.
Facciamo festa e per una volta onoriamo questa Repubblica fondata sul lavoro pensando a quanti il lavoro lo hanno perso in questi mesi terribili di crisi, a quanti il lavoro se lo sono portati nella tomba passando dalla fabbrica alla bara nello spazio di un amen. Onoriamo l'Italia fondata sulla famiglia, quella vera, costruita sulla fatica quotidiana di essere padri e madri, marito e moglie, figlio e figlia, sulla fatica vera e non sulla fiction da prima serata alla Garbatella, sul pomeriggio da "uomini e donne", sulle casalinghe disperate e sugli amici calcetto e bugie.
Onoriamo la Repubblica della Giustizia uguale per tutti "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". Aiutiamola affinchè questa giustizia sia rapida, efficiente, giusta, punisca senza appelli, ma dia una nuova chance e non faccia leggi che rendano alcuni più uguali degli altri. Onoriamo la Carta che "garantisce i diritti inviolabili dell'uomo" anche se quell'uomo arriva su un barcone e cerca una terra che gli dia quelle promesse che la sua terra matrigna non ha saputo dargli. Perchè? Perchè tutti nella nostra storia abbiamo cercato una terra promessa e siamo stati stranieri.
Festeggiamo la Repubblica che riconosce lo Stato e la Chiesa cattolica "ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani", perchè forse è giunto il tempo di togliere la maschera a laici devoti e mercanti nel tempio, nel nome dello Stato e della Chiesa liberi, autorevoli e sovrani e non deboli, minimalisti e pronti a sorreggersi a vicenda. Festeggiamo la nazione che ritiene che "tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge", perchè da cattolico sogno un mondo così, dove possa pregare il mio Dio anche all'ombra di un minareto.
Festeggiamo l'Italia che ripudia la guerra come strumento di offesa, perchè questo continui ad essere il principio che anima gente come Gino Strada e mani pietose come quelle di Medici senza frontiere.
Festeggiamo tutti quei cittadini che "hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi". Alla vigilia delle elezioni applaudiamo a quegli uomini "cui sono affidate funzioni pubbliche" affinchè le adempiano "con disciplina ed onore".
Festeggiamo questa Repubblica che ne ha viste tante, la Repubblica della gente. Quella vera. Quella senza banane e senza paillettes.

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