sabato 27 giugno 2009
Andiamo in vacanza, arrivederci a metà luglio
Pronti via, si parte. Andiamo in vacanza alla scoperta della Sicilia di Montalbano e non siamo ancora così tecnologicamente avanzati da alimentare queste pagine anche on the road. Quindi ci ritroveremo a metà luglio. Ci sono ancora tante parole da far uscire dall'armadio, tante idee a cui dare corpo...
giovedì 25 giugno 2009
Ustica, per non dimenticare.....
Abbiamo spesso la memoria corta, ma il 27 giugno del 1980 un Dc9 dell'Itavia precipitò in mare mentre, partito da Bologna e diretto a Palermo, sorvolava il Tirreno tra Ponza e Ustica. Morirono 81 persone in quella serata (erano da poco passate le 20) drammatica, ma non fu un normale incidente aereo, fu uno dei misteri più inquetanti della tribolata storia italiana. Una bomba collocata sull'aereo, un missile sparato nel bel mezzo di una battaglia aerea fra velivoli militari con il Dc9 inconsapevole "intruso" di un affaire internazionale mai chiarito fino in fondo?
Un interrogativo che nonostante anni di processi non è mai stato appagato. Così l'Italia dei misteri e delle trame e delle mille coperture di apparati dello Stato, ancora una volta ha tradito la sua gente, quei padri, quelle madri e quei figli che, oltre a non aver ottenuto una lira di risarcimento in 29 anni di battaglie, non hanno avuto anche il tributo principe che una società civile deve saper offrire ai propri cittadini: la verità.
A noi, semplici signor nessuno, davanti a questo non resta che un impegno civile: ricordare.
PER NON DIMENTICARE - LA STRAGE DI USTICA
mercoledì 24 giugno 2009
24 giugno 1963: quarantasei anni fa...
"Giugno che sei maturità dell'anno di te ringrazio Dio
in un tuo giorno, sotto al sole caldo
ci sono nato io
ci sono nato io"
(Canzone dei dodici mesi - Francesco Guccini)
Strano anno il 1963, quel gennaio nevicò a Palermo, gli americani chiusero il penitenziario di Alcatraz, due papi si avvicendarono sul soglio di Pietro: Giovanni XXIII, che morì e un paio di mesi dopo aver firmato la Pacem in Terris, e Paolo VI, il papa bresciano, di cui mia madre racconta di aver assistito alla incoronazione in un letto d'ospedale con vicino una culla. La mia. Anno di grandi personaggi il 1963, di grande trasporto ideale: di un John Fizgerald Kennedy che pronunciò un grande inno alla libertà all'ombra del muro di Berlino ("Siamo tutti berlinesi")...
e di un Martin Luther King che cantò un grande inno all'uguaglianza con il suo famoso "I have e dream".
Anno di grandi lutti quel 1963, il mondo pianse Giovanni XXIII e la chiesa degli umili e della gente comune, John Fizgerald Kennedy, l'uomo della speranza spenta per sempre a Dallas, e il Monte Toc, là dalle parti di Longarone, franò nella diga del Vajont e quel muro d'acqua seppellì duemila persone, dando corpo ad uno dei più grossi e drammatici scandali del dopoguerra.
Quanti fotogrammi che han fatto la storia in quel 1963. Oggi, giorno del mio 46esimo compleanno, mi sono seduto e ho sfogliato il giornale. Un giornale che apriva con un'inchiesta giudiziaria che sembra più un pettegolezzo che un'indagine di polizia. Porta aperta direttamente sulla camera da letto del presidente del Consiglio... e non oso pensare a quale carica ideale potrebbe esserci dietro un "I have a dream" pronunciato da chi ci governa. Sfoglio il giornale e vedo che qualcuno nella chiesa - meglio tardi che mai - si ritrova a discutere di moralità e decenza soprattutto nella nostra classe di dirigente: benvenuti, scopritori tardivi che - per parafrasando don Milani - la coerenza non è più una virtù.
Sfoglio il quotidiano e vedo una ragazza picchiata perchè difendeva l'amico gay, e penso che c'è ancora tanta gente, nonostante il muro di Berlino sia caduto nel 1989, che i muri se li costruisce dentro la testa, attorno al cuore. Barricate contro la diversità che, quarantasei anni dopo, mi sembrano ancora alte e invalicabili; anche se questa mattina mio figlio, come sempre,per prima cosa ha cercato con gli occhi il suo migliore compagno di giochi: si chiama Lord e ha la pelle nera.
C'è speranza insomma che questi 46 anni non siano passati invano, gettati al vento. A me in questi 46 anni sono diventati i capelli bianchi nell'attesa e stamane i miei figli mi hanno detto che se sono già così brontolone a questa età, chissà quando sarò più vecchio. Come dargli torto... Ma questo padre brontolone, in 46 anni, ha coltivato tanti sogni ma si è troppo spesso trovato a metter via solo illusioni. Almeno "due o tre cartoni" per dirla con Luciano Ligabue...
lunedì 22 giugno 2009
L'emergenza e i troppi silenzi
venerdì 19 giugno 2009
Villa spericolata (dal Buongiorno di Massimo Gramellini)
Villa spericolata
(Articolo da cantare, stonati compresi)
"Voglio una villa maleducata - con la piscina piena di gin - voglio una
bionda super truccata - con cui giocare insieme a nascondin - voglio una villa che non è mai tardi - per far scoppiare in spiaggia due petardi - voglio una villa con le veline vestite da camerieri sardi. E poi ci troveremo io Alfano e Ghedin - a cercar foto sconce sotto i cuscin - ma forse non le troveremo mai - e allora amici cari saranno guai - mia moglie furibonda - la Cia che mi sfonda - e tutto il mondo a farsi sempre i fatti miei, eh.Voglio una villa spericolata - con Smaila al piano e Bondi al clarin - voglio una pillola esagerata - che mi faccia i muscoli di Obama e Putìn - voglio una villa che non è mai tardi - per travestirsi tutti da ghepardi - voglio lanciar reggiseni in un cespuglio di cardi. E poi ci sposteremo a palazzo Grazioli - per mangiar con le amiche pizza e fagioli - ma non la digeriranno mai - vorranno un diamante o una fiction in Rai.Ognuna col suo book - ognuna col procuratore - ognuna avrà un registratore per farsi i fatti miei, eh. Voglio una villa maleducata - dove sposare una disoccupata - voglio un Paese che se ne frega - e guarda i tiggì senza fare una piega - voglio un Paese che sia pieno di tordi - li voglio ciechi muti e pure un poco sordi - voglio un Paese che di me non si scordi".
(Grazie Vasco, e scusa per lo scempio).
giovedì 18 giugno 2009
L'emergenza e la rete
mercoledì 17 giugno 2009
Quale futuro dopo il carcere?
Riunione di redazione di "Zona 508" giornale delle carceri bresciane di Verziano e Canton Mombello: area didattica del penitenziario di Verziano, sulla lavagna "tracce" della prova scritta di matematica per gli esami di terza media, ai banchi un gruppo di redattori con la voglia di raccontarsi, storie un po' sbandate in un inizio estate che, come sempre da queste parti, si preannuncia fatto di caldo e noia, visto che le attività di socializzazione si esauriscono con l'inizio del periodo feriale. Tema della giornata, scegliere l'argomento per il prossimo numero di "Zona 508", nasce l'idea di raccontarsi ai ragazzi che ogni anno, nelle scuole della provincia, partecipano al "Progetto carcere", un'iniziativa dell'associazione "Carcere e territorio" che vuole far conoscere la realtà penitenziaria agli studenti. Ragazzi che spesso si sono costruiti un'idea della detenzione molto americana con le risse e gli accoltellamenti in mensa, le divise e il braccio della morte. Scenari che - raccontano i volontari - stupiscono per la scarsa conoscenza che si ha della realtà carceraria italiana, una realtà che, nei casi della vita, può toccare a chiunque fosse solo per un giorno.
Già, raccontarsi: ed è così che esce la madre di tutte le domande, l'assillo di chi ha voglia di lasciarsi alle spalle per sempre la cella quando avrà pagato i suoi conti con la giustizia. "Chi vogliono far uscire da queste carceri?" si chiedono i detenuti "Una persona capace di costruirsi un futuro onesto, o qualcuno che è destinato, prima o poi, a tornare?". Gli interrogativi di sempre agitano quelle braccia tatuate, quelle storie spesso fatte di valori sbagliati e di tossicodipendenza, quelle storie che ora cercano di interpretare un futuro con il timore che oltre il "blindo" (la porta della cella) torni ad esserci la giungla e una strada fatta di emarginazione, marciapiedi, delinquenza e disoccupazione.
Vorrebbero raccontarsi ai ragazzi i redattori di "Zona 508", ma li vedrei bene in un'audizione alla Commissione giustizia di Camera e Senato a discutere di come spesso le riforme si dimenticano di destinare risorse umane ed economiche per l'attuazione di un principio costituzionale: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato" (articolo 27, comma 3°). C'è andato Beppe Grillo in Parlamento, perchè non aprire le porte per un giorno a queste storie difficili e a queste voglie di riscatto?
Esperienze carcerarie 1:
Esperienze carcerarie 2:
martedì 16 giugno 2009
Giornalismo e qualità della comunicazione. La ricetta del cardinal Tettamanzi
"La qualità vera della comunicazione dipende sempre dalle persone" (Dionigi
Tettamanzi, cardinale, arcivescovo di Milano)
Ci dicono che il vero giornalismo è finito, ci dicono, insomma che dobbiamo morire, schiacciati dalle nuove tecnologie e dai vecchi vizi del mestiere, dalla morte prematura del giornalismo d'inchiesta e dal teorema ancora tutto da provare del "siamo tutti giornalisti". E' di conforto, dunque, l'intervento che Dionigi Tettamanzi (sì l'arcivescovo di Milano e scusate se in questo blog se ne parla quasi di più che su Avvenire) ha affidato a Desk, rivista dell' Unione nazionale dei cronisti cattolici, una pubblicazione che da tempo indaga a fondo e con profitto sul futuro della professione giornalistica.
Cosa dice il cardinale? Parla della nostra fatica di riconoscersi nel modo di vivere la professione così come si sta delineando, con il giornalista sempre meno in strada, sempre più adagiato su un letto di comunicati stampa e veline, sempre più assegnato dai condizionamenti che non sono solo politici, ma anche istituzionali e lobbistici. Parla di una professione che sarebbe meglio definire mestiere perchè, spiega, "essere giornalista oggi è un mestiere, un ministerium: un servizio alle persone, per informarle, per diffondere comunicazione, per servire la verità".
Già, la verità: più che servizio, vedo tanto servilismo, tanta manipolazione "pro domus" che certo non ci fa onore e che alla lunga piega la nostra credibilità. "Parlando della vostro come di un mestiere - continua Tettamanzi - mi viene in mente la figura dell'artigiano, di colui che è capace di fare di sé uno strumento prezioso di lavoro. Voi infatti operate con la vostra mente, le vostre mani, le vostre parole, con le idee, le emozioni. Avete il potere e il compito di ordinare la realtà, quasi per ricrearla modellarla: non per falsarla, ma per fornirne un'interpretazione. (...) La qualità vera della comunicazione dipende sempre dalle persone".
Che lezione di giornalismo da un cardinale, uno stimolo che è anche un conforto: "Abbiamo ancora bisogno del giornalista testimone. Non c'è virtualità che tenga. Abbiamo bisogno di una pluralità di punti di vista di narrazioni. Abbiamo bisogno che i fatti non siano semplicemente mostrati, ma anche interpretati, compresi, ordinati (...) Non finirà mai il vostro mestiere: ce n'è troppo bisogno. C'è bisogno della vostra passione, della vostra fatica, della vostra lungimiranza".
Vorrei che qualcuno mi ricordasse queste parole ad ogni riunione di redazione. Mi sentirei sicuramente meglio e avrei un marcia in più.
lunedì 15 giugno 2009
Se n'è andato Ivan Della Mea
Era una presenza costante alle feste dell'Unità, quando ancora si chiamavano così e quando ancora intercettavano una fetta di popolo che ora si è disintegrato, disorientato. Era uno di quei cantautori votati alla ricerca, alla riscoperta di quella tradizione popolare e operaia che non bisogna essere comunisti per capire che è un patrimonio comune di questa Italia fatta di contadini, mondine e operai, categorie che qualcuno tende a dimenticare e a rinnegare (come il nostro essere migranti), ma che hanno costruito il nostro benessere di figli. Dimenticarlo sarebbe un delitto e ricordare Ivan Della Mea scomparso a Milano a 69 anni è quasi un obbligo anche se non si è comunisti, ma semplicemente riconoscenti alle fatiche di quanti hanno costruito l'Italia, da padri costituenti che non sedevano in parlamento, ma faticavano nei campi, nelle fabbriche, in una risaia e ai quali, proprio per questo, va tributato un giusto ricordo. Così come a chi, e Della Mea è tra questi, ha contribuito a non disperdere un patrimonio di musica popolare che, come le vecchie foto, aiutano a ricordare e a riflettere.
Ecco, un tributo di Francesco De Gregori e Giovanna Marini che cantano una delle canzoni riscoperte proprio da Ivan Della Mea.
venerdì 12 giugno 2009
Certo che siamo un po' strani/2...
P.s.: Clicca qui per leggere un commento di Luigi Ferrarella, cronista giudiziario del Corriere e collega fra i più serie e preparati, su intercettazioni, divieti e professione.
Certo che siamo un po' strani/1...
giovedì 11 giugno 2009
Perchè l'Italia è anche questa
martedì 9 giugno 2009
Elettorando tra conferme e sorprese con un certezza: lavorare sul territorio paga
Siamo sopravvissuti anche a quest'orgia elettorale; all'onda verde e a quella azzurra, a chi ha saputo andare all'incasso di un lavoro fatto meticolosamente per mesi e chi, al contrario, ha saputo sperperare un patrimonio che ora sarà difficile da recuperare.
Una tornata di quelle sanguigne con umori, tensioni, scontri che solo il rinnovo di sindaci e consiglieri comunali sanno dare. Un appuntamento che, ora che chi deve gioire gioisce e chi si deve lenire le ferite lo sta facendo in silenzio, lascia in eredità alcune chiavi di lettura interessanti. Innanzitutto la politica della gente esiste e non ha abdicato a chi vorrebbe tutto tradotto in chiave mediatica. Basti ricordare le sale gremite per i confronti tra i sindaci, i mille gazebo e i contatti personali macinati dai candidati in questo mese di campagna elettorale. La diretta conseguenza di tutto ciò e che alcuni partiti, in queste ore, sono andati all'incasso di un rapporto popolare costruito negli anni. E' il caso della Lega, che ha fatto della politica dei gazebo un'arma che si è rivelata vincente: non è un caso se, in queste settimane, attraversando molti paesi della Bassa bresciana, di giorno come a sera inoltrata, le bandiere con il sole delle alpi sventolavano "h24" nelle piazze e lungo le strade più frequentate. Con buona pace di esperienze storiche come la diffusione militante dei giornali di partito (che aveva fatto dell'Unità un giornale in grado di camminare con le proprie gambe e del Pci una grande forza popolare) o l'attenzione e la contiguità con collaudate esperienze popolari e movimenti sociali (molti cattolici in politica nel Centro sinistra sono venuti da lì, ora sembra che sia solo Cl a rappresentare un importante bacino di approvvigionamento per il Pdl).
Insomma, il lavoro sul territorio paga e chi se ne accorge solo ora sarà costretto alla rincorsa ancora per molto tempo.
Il territorio sa dare grandi soddisfazioni, ma sa anche bastonare quando serve, sovvertire pronostici già scritti, lanciare segnali che vanno colti al volo. Alcuni esempi? Basti guardare all'esito delle urne in alcuni comuni della provincia di Brescia per capirlo. A Montichiari, feudo leghista da oltre un decennio, la candidatura targata Pdl imposta dalla segreteria provinciale contro la sezione locale del Carroccio ha punito pesantemente l'aspirante ufficiale del Centro destra, che per qualche ora ha rischiato (a beneficio di una civica) di rimanere fuori dal ballottaggio contro l'ex vicesindaco leghista che non si era piegato alle imposizioni "centraliste". Così il territorio ha punito a Iseo la candidatura del vicepresidente uscente della Provincia, leghista con casa in un paese vicino, premiando, contro ogni pronostico, il candidato di una civica il cui cuore batte a centro sinistra. Così a Orzinuovi dove il territorio ha punito (contro la logica dei numeri sancita da Europee e Provinciali) per due soli voti un'amministrazione di Centro destra a favore di una civica ad ampio spettro che predica l'attenzione alla persona. E che dire dell'assessore uscente del Carroccio che nel suo paese natale (già retto dalla Lega) riesce ad imporsi per un solo voto? E che pensare del Centro sinistra diviso a Ghedi che, se unito, forse avrebbe evitato la roulette dei ballottaggi? Urge una meditazione profonda.
Insomma, mai sottovalutare il territorio. Non tutto è televisione e veline, gioco di lobbing e comparsate video.
Non tutto, grazie a Dio.
domenica 7 giugno 2009
Tutti alle urne, alla ricerca dell'etica perduta
"In politica la saggezza è non rispondere alle domande. L'arte, non lasciarsele fare". (Andrè Suarès)
E' arrivato il momento, tutti alle urne: ti daranno tre schede e spazierai dai destini dell'Europa, sempre più allargata, alla buca fuori casa che ti ha fatto quadrata la ruota dell'auto. Bella la democrazia. ti sembra di scegliere, ma alla fine hanno scelto sempre loro in questo mondo in cui ti dicono che non c'è pericolo, che non c'è la crisi, che non c'è un uomo solo al comando, ma ci sei tu che l'hai scelto e, visto che l'hai scelto, sei tu che decidi di fargli fare quello che lui vuole. E ciò non vale solo per chi sta a Palazzo Chigi, ma giù giù fino all'ultimo dei municipi.
Che campagna elettorale è stata questa del 2009? Come al solito se le sono date e dette di santa ragione sin nel borgo più sperduto; qualcuno ha battuto in testa con conati d'isteria; qualcuno ha minacciato, altri hanno fiutato l'aria, fatto spallucce e pensato - a ragione - che forse questa era la volta buona. Insomma nulla di nuovo sotto il sole, dalle Europee alle Comunali: siamo di vedute sufficientemente larghe per sopportare questo e altro. Certo è che in queste settimane in cui sono stati srotolati gomitoli di parole, scaricati vagoni di promesse, in tutto questo "Drive in" della politica si è perso ciò di cui la politica dovrebbe nutrirsi: l'etica. Ecco, forse questa campagna 2009 ha difettato sempre più di etica. E non è tanto questione di voli privati su pubblici aerei, quanto dei mille conflitti di interesse locali sopportati con la disinvoltura con cui si indossa un pullover alla prima frescura. Così può capitare di ascoltare lo stupore dell'assessore ai lavori pubblici di un paese a cui hai spiegato che forse c'è qualche problema se i mezzi della sua azienda di movimento terra sono quelli incaricati di sbancare abusivamente mezza collina, o di vedere come si decida con la leggerezza dell'incoscienza di lottizzare aree che in parte appartengono ad un politico che siede in consiglio comunale. Tutto bene, tutto regolare: è questa la tanto osannata politica del fare? Ad altre latitudini ci si fa da parte per molto meno, si fa pubblica ammenda, si saluta e si toglie il disturbo. Qui si grida al complotto e spesso è un grido bipartisan che risuona a destra per far eco a sinistra e viceversa. C'è tanto buio nell'urna. Speriamo che qualcuno torni a rischiarla con il faro dell'etica. Ma mi sa tanto che dovremo aspettare ancora qualche anno perchè ciò accada. Attendendo tempi migliori, buon voto a tutti...
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lunedì 1 giugno 2009
Festa della Repubblica, ma, per favore, lasciamo a casa le banane.
Due giugno, festa della Repubblica, anniversario della Costituzione. Per favore, almeno per una volta, lasciamo a casa le banane e i cotillon, le veline e i tronisti, i celti e gli ariani. Per una volta, prima di aprire bocca, ripassiamo la storia, ricordandoci di quanti, magari non troppo distanti da noi (dalla spianata di San Martino, con vista sul lago di Garda, alle trincee scavate nella roccia dell'Adamello) hanno contribuito nei secoli a costruire un pezzo di questa Repubblica, forse un po' sgangherata, ma pur sempre quella Repubblica che tanti ancora ci invidiano.
Facciamo festa e per una volta onoriamo questa Repubblica fondata sul lavoro pensando a quanti il lavoro lo hanno perso in questi mesi terribili di crisi, a quanti il lavoro se lo sono portati nella tomba passando dalla fabbrica alla bara nello spazio di un amen. Onoriamo l'Italia fondata sulla famiglia, quella vera, costruita sulla fatica quotidiana di essere padri e madri, marito e moglie, figlio e figlia, sulla fatica vera e non sulla fiction da prima serata alla Garbatella, sul pomeriggio da "uomini e donne", sulle casalinghe disperate e sugli amici calcetto e bugie.
Onoriamo la Repubblica della Giustizia uguale per tutti "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". Aiutiamola affinchè questa giustizia sia rapida, efficiente, giusta, punisca senza appelli, ma dia una nuova chance e non faccia leggi che rendano alcuni più uguali degli altri. Onoriamo la Carta che "garantisce i diritti inviolabili dell'uomo" anche se quell'uomo arriva su un barcone e cerca una terra che gli dia quelle promesse che la sua terra matrigna non ha saputo dargli. Perchè? Perchè tutti nella nostra storia abbiamo cercato una terra promessa e siamo stati stranieri.
Festeggiamo la Repubblica che riconosce lo Stato e la Chiesa cattolica "ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani", perchè forse è giunto il tempo di togliere la maschera a laici devoti e mercanti nel tempio, nel nome dello Stato e della Chiesa liberi, autorevoli e sovrani e non deboli, minimalisti e pronti a sorreggersi a vicenda. Festeggiamo la nazione che ritiene che "tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge", perchè da cattolico sogno un mondo così, dove possa pregare il mio Dio anche all'ombra di un minareto.
Festeggiamo l'Italia che ripudia la guerra come strumento di offesa, perchè questo continui ad essere il principio che anima gente come Gino Strada e mani pietose come quelle di Medici senza frontiere.
Festeggiamo tutti quei cittadini che "hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi". Alla vigilia delle elezioni applaudiamo a quegli uomini "cui sono affidate funzioni pubbliche" affinchè le adempiano "con disciplina ed onore".
Festeggiamo questa Repubblica che ne ha viste tante, la Repubblica della gente. Quella vera. Quella senza banane e senza paillettes.