"Sono nato a Milano, il 20 maggio del 1949. Faccio l’avvocato e vorrei diventare il sindaco della città che amo e nella quale ho sempre vissuto".
Giuliano Pisapia
(dalla autobiografia nel sito della sua campagna elettorale)
"Pisapia, Pisapia canaglia" il refrain di questa canzoncina lanciata da Radio Popolare in quel vortice di satira che ha travolto i ballottaggi non ha smesso di girarmi per la testa da quando ormai è sicuro che Pisapia sia il nuovo sindaco di Milano. Lui è stato accolto da "Bella ciao", ma a me rimane in testa quel Pisapia canaglia, perchè in questa avventura elettorale è entrato come un monello che ha sconquassato i piani di chi pensava che bastasse una passeggiata all'ombra della Madonnina per rimanere in sella. Lo aveva dimostrato alle primarie del centro sinistra battendo il candidato del Pd, lo ha dimostrato, con un verdetto inimmaginabile alla vigilia, surclassando Letizia Moratti alla prova delle urne.
Di lui racconta: "Per me la politica è soprattutto servizio. E’ un insegnamento che ho imparato nella mia famiglia, prima ancora che sui banchi del liceo classico Berchet. Da mio padre, Giandomenico , avvocato, ho ereditato l’amore per il diritto e i diritti; da mia madre, Margherita, cattolica, l’attenzione per i più deboli. Dalla politica intesa come impegno volontario – scout, barelliere per la Croce Rossa, tra gli angeli del fango di Firenze, in delegazione nei luoghi più poveri e in quei Paesi dove il diritto e la dignità delle persone sono calpestate – alla politica nelle istituzioni: il mio impegno sulla città mi ha portato, nel 1996, ad essere eletto deputato come indipendente nelle liste di Rifondazione Comunista. In quella legislatura sono stato presidente della commissione giustizia della Camera dei deputati. Nel 2001 sono stato rieletto deputato e sono stato presidente del Comitato carceri. Credo nel ricambio, penso che la politica non debba essere un mestiere a vita, per questo non ho accettato di candidarmi per la terza volta". Ora è atteso alla prova dei fatti con la speranza che i compagni di viaggio - quelli con la memoria troppo corta, tanto da scordare la sua impresa da guinnes - non finiscano, come talvolta accade, per sgonfiargli le ruote e farlo impantanare nella solita politica, nella solita melma di palazzo. Sarebbe un insulto e un tradimento soprattutto per i Milanesi che gli hanno firmato la cambiale del cambiamento.
A noi piace sperare che sia una bella avventura, Milano se lo merita.
"La sera - ricorda ancora il neo sindaco nella sua biografia - mi addormento leggendo Topolino, il mio fumetto preferito fin da quando ce lo contendevamo, nella nostra casa di viale Montenero, io e i miei sei fratelli". Non leggeva Batman e questo, alla fine, gli ha giovato in campagna elettorale....
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