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lunedì 2 maggio 2011

Bin Laden, da terrorista a martire?

("Ben Laden is dead" by The New York Times)

"Uccidere una persona è molto più facile che uccidere un’idea, per sciagurata che essa sia".Vittorio Zucconi, lucido osservatore di cose americane, uomo che ha raccontato il mondo dall'Unione sovietica comunista agli Stati Uniti di Obama, non si fa illusioni sul suo blog: la morte di Osama bin Laden trasforma per una parte di mondo lo sceicco del terrore in un martire della fede.
"Ho il forte sospetto - continua Zucconi - che il terrorismo non finirà con lui. Quali esplosioni di dietrologia, o appelli alla vendetta, sgorgheranno da questa morte?". Domande che inquietano in un vortice di festa là dove ci sono almeno (osserva ancora Zucconi) tremila buoni motivi per festeggiare, quanti sono i morti delle torri gemelle. E non è un caso che per raccontare della morte del "The Most Wanted Face of Terrorism" il New York Time metta in home page una schiera di vigili del fuoco che esultano alla notizia, così come, poco più sotto, un video mostra le bandiere festanti davanti alla Casa Bianca o una finestra apre ai commenti e alle foto delle reazioni della gente alla notizia (accanto ad articoli che ripercorrono, con meticolosità tutta americana gli anni della caccia all'uomo dell'intelligence Usa).
Una morte buona per il morale, per i mercati (in netto rialzo, giusto per farci capire quali sono i poteri forti che governano il mondo) e - sono in molti a temerlo - per le illusioni. Una morte che è un' indubbia vittoria di chi nell'eliminazione di Osama (ma - mi sono sempre chiesto - in questi casi è più utile alla causa la cattura o l'eliminazione fisica?) ha letto la speranza di fiaccare la determinazione di Al Qaida. Una morte che, allo stesso tempo, potrebbe rappresentare benzina nel serbatorio della macchina dell'odio verso l'occidente. Qualche sentore c'è già e ne riferisce il giornale online Il Post nel microbloggin sull'uccisione di Obama. Il reporter del Guardian Jason Burke esperto di Al Qaida risponde così alle domande sul dopo-Osama: "Ci sono molti leader giovani, alcuni promossi recentemente nel tentativo di arginare la arginalizzazione che al Qaida ha subito negli ultimi anni. Ma persone come Abu Yayha al-Libi, che ha circa quarant’anni, non potranno mai sostituire “lo sceicco”. La leadership centrale di al Qaida è stata lacerata da molte divisioni negli ultimi anni, spesso opponendo militanti sauditi, egiziani e libici gli uni contro gli altri. Ora è molto probabile che si consumerà una frattura definitiva". Se uno sbandamento è nelle cose Haji Mullah il comandante talebano attivo nelle tre province meridionali di Kandahar, Uruzgan e Helmand ha spiegato al corrispondente del Guardian da Kabul che non cambierà nulla per loro: «Quando altri comandanti di alto livello sono stati uccisi in passato non ha mai veramente influito sui nostri movimenti o operazioni. Questo tipo di operazioni non ci rende più deboli ma più forti e determinati».
Aver schiacciato, bibblicamente parlando, la testa del Serpente potrebbe non voler dire, ancora una volta, aver soffocato definitivamente il male.

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