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martedì 31 maggio 2011

Smacchiare i giaguari: ovvero cosa resta della campagna elettorale

A Milano hanno smacchiato un giaguaro (direbbe un Bersani reduce dalla gara di metafore con l'alter ego Maurizio Crozza che proponiamo nel video a corredo di questo post). E lo hanno smacchiato non con qualche nuovo innovativo prodotto, ma con la cara, vecchia, trielina. Fuor di metafora: cosa resta di questa campagna elettorale, cosa resta di questo Davide che ha vinto, in termini di impegno finanziario, un Golia come Letizia Moratti?
Resta un insegnamento: che la gente dà fiducia a chi sa interpretare e capire i bisogni. E non c'è spin doctor che tenga, non c'è ritocco al photoshop che freni l'impatto, non c'è valanga di soldi che possa essere competitiva con la voglia di battere i quartieri, i mercati, la gente; con la voglia di cogliere e interpretare le tensioni e le esasperazioni, di dare risposte, dispensare sorrisi, promettere serietà e fiducia. Perchè Milano è si la città dell'Expo, ma anche la città delle buche nelle strade, dei quartieri dimenticati, dei servizi carenti. E' la città delle grandi strategie, ma anche dei bisogni quotidiani; dei quotati archistar, ma anche della pensionata di via Farini e della Bovisa. Giangiacomo Schiavi oggi sul Corriere parla di un new deal civico, ma forse è la ricetta più vecchia del mondo essere a fianco dei bisogni, stare con la città e non con le lobby, costruirsi il carisma del leader gentile con una investitura che arriva dal basso e non è calata dall'alto.
Ieri sera a l'Infedele, il programma di Gad Lerner su La7, ha fatto la sua comparsa in video Paolo Alimonta, maestro elementare, tanto robusto da essere confuso in queste settimane come il body guard di Giuliano Pisapia. Alimonta è stato, invece, il coordinatore dei comitati Pisapia sparsi per la città, migliaia di persone che volontariamente hanno lavorato per costruire il consenso in una marcia iniziata e rodata con le Primarie del Centro sinistra. Una marcia che viene da lontano e che ha centrato l'obiettivo di costruire un leader forte sostenuto dalla città, un leader che ora può rispondere con autorevolezza e indipendenza anche agli appetiti dei partiti. Sì, perchè il giaguaro sarà anche stato smacchiato ma c'è chi, alla prima occasione, è pronto a sporcare il buon lavoro fatto in questi mesi.
Così, dopo la vittoria elettorale, lo spirito di una campagna così proficua è pronto a far fruttare i propri talenti anche nelle future scelte amministrative.
Oggi Curzio Maltese su Repubblica spiega  che il segreto di Giuliano Pisapia è stato anche quello di essere un sindaco con il sorriso: sarebbe un peccato spegnerlo proprio ora che la "Milano di maggio" è tornata ad amare una politica che unisce.

lunedì 30 maggio 2011

Pisapia, Pisapia canaglia...


"Sono nato a Milano, il 20 maggio del 1949. Faccio l’avvocato e vorrei diventare il sindaco della città che amo e nella quale ho sempre vissuto".
Giuliano Pisapia
(dalla autobiografia nel sito della sua campagna elettorale)

"Pisapia, Pisapia canaglia" il refrain di questa canzoncina lanciata da Radio Popolare in quel vortice di satira che ha travolto i ballottaggi non ha smesso di girarmi per la testa da quando ormai è sicuro che Pisapia sia il nuovo sindaco di Milano. Lui è stato accolto da "Bella ciao", ma a me rimane in testa quel Pisapia canaglia, perchè in questa avventura elettorale è entrato come un monello che ha sconquassato i piani di chi pensava che bastasse una passeggiata all'ombra della Madonnina per rimanere in sella. Lo aveva dimostrato alle primarie del centro sinistra battendo il candidato del Pd, lo ha dimostrato, con un verdetto inimmaginabile alla vigilia, surclassando Letizia Moratti alla prova delle urne.
Di lui racconta: "Per me la politica è soprattutto servizio. E’ un insegnamento che ho imparato nella mia famiglia, prima ancora che sui banchi del liceo classico Berchet. Da mio padre, Giandomenico , avvocato, ho ereditato l’amore per il diritto e i diritti; da mia madre, Margherita, cattolica, l’attenzione per i più deboli. Dalla politica intesa come impegno volontario – scout, barelliere per la Croce Rossa, tra gli angeli del fango di Firenze, in delegazione nei luoghi più poveri e in quei Paesi dove il diritto e la dignità delle persone sono calpestate – alla politica nelle istituzioni: il mio impegno sulla città mi ha portato, nel 1996, ad essere eletto deputato come indipendente nelle liste di Rifondazione Comunista. In quella legislatura sono stato presidente della commissione giustizia della Camera dei deputati. Nel 2001 sono stato rieletto deputato e sono stato presidente del Comitato carceri. Credo nel ricambio, penso che la politica non debba essere un mestiere a vita, per questo non ho accettato di candidarmi per la terza volta". Ora è atteso alla prova dei fatti con la speranza che i compagni di viaggio - quelli con la memoria troppo corta, tanto da scordare la sua impresa da guinnes - non finiscano, come talvolta accade, per sgonfiargli le ruote e farlo impantanare nella solita politica, nella solita melma di palazzo. Sarebbe un insulto e un tradimento soprattutto per i Milanesi che gli hanno firmato la cambiale del cambiamento.
A noi piace sperare che sia una bella avventura, Milano se lo merita.
"La sera - ricorda ancora il neo sindaco nella sua biografia - mi addormento leggendo Topolino, il mio fumetto preferito fin da quando ce lo contendevamo, nella nostra casa di viale Montenero, io e i miei sei fratelli". Non leggeva Batman e questo, alla fine, gli ha giovato in campagna elettorale....



sabato 28 maggio 2011

Strage di Brescia: un racconto per non dimenticare


La bomba e il ragazzo con la bicicletta blu

"A Milano...". Pedala Tores, pedala, in sella alla tua biciclettina blu. Oggi niente scuola, a Brescia hanno fatto scoppiare una bomba. Pedala Marco, pedala, che oggi si va in piazza, hanno messo una tenda sul sagrato, come quando la grande fabbrica stava in crisi, come quando la protesta si fa più dura. In piazza hanno appeso le edizioni straordinarie dei giornali con le facce dei feriti, le foto dei morti, giovani donne, giovani uomini, pensionati, insegnanti, operai. Quello lo conosci anche tu, è uno del tuo paese, ora è in un letto d'ospedale, se la caverà. Arriva il pullman da Brescia, i volti sconvolti, le lacrime e la paura dilagano anche qui, fra i campi di frumento ed erba medica della Bassa, bianca, democristiana ma antifascista.
Pedala Tores, pedala, che c'è da andare a casa, non puoi sempre stare in piazza a berti gli umori della gente, a sentir parlare di politica, tu che gli undici anni li compi a giugno e di poltica, di fascisti e comunisti non sai nulla. Pedala verso casa, Marco, che oggi è giorno di funerali alla tv. Li guardi con mamma e papà e ti sembra di stare lì, perchè il diacono a fianco del vescovo lo conosci bene, è il figlio del tabaccaio che presto diventerà prete. Ora è lì a leggere il vangelo in quella piazza arrabbiata, tra quelle bare, tra quelle lacrime. C'è anche la sorella della tua amica al funerale, studia da infermiera e oggi non è andata a scuola per stare in piazza. Alla sua mamma però non l'ha detto, perchè lei teme altre bombe, altro sangue, altra violenza. Quanto è lontana la città vista della Bassa in questa primavera del '74, quanto appare matrigna, spietata, violenta.
"A Milano...". Quel discorso lo hai già sentito decine di volte, lo sai a memoria come una canzone di Ligabue, ma quando arriva a quel punto stringi i denti, ma non riesci a vincere il sussulto, la pelle d'oca. Tutto come la prima volta, quando alle medie ti fecero vedere il filmato sulla strage in un cinema del paese. Ora sono passati più di 30 anni da quel discorso, dal suono sordo della bomba, dalla imprecazioni di chi quel giorno stava in piazza, ma le sensazioni sono le stesse, quella rabbia è la tua rabbia, quell'emozione è la tua emozione.
"A Milano..." Scrivi Tores, scrivi. Riempi questo taccuino, blu come la biciclettina di quando eri piccolo. Riempilo, come hai fatto in questi di anni, di dati, nomi, circostanze, interviste, storie di uomini, di inchieste, di tenace ricerca della verità. Mai avresti pensato che quella bomba scoppiata quando avevi 11 anni finisse per diventare una fedele compagna di viaggio del tuo lavoro, finisse per diventare qualcosa di più di una storia fra le tante, finisse per riempirti le giornate, passate a leggere gli atti, i verbali, le perizie con le aggiaccianti immagini di quei corpi dilaniati e mutilati dall'odio. Scrivi, Tores, scrivi perchè oggi è un giorno particolare: è il giorno della sentenza, della verità sulla terza inchiesta, la terza indagine fitta di nomi, circostanze, pentimenti. Che scriverai su quel taccuino blu quando uscirà la sentenza? Non ti fai illussioni: gli anni e i "non so", i servitori infedeli dello Stato che non la raccontano giusta, hanno seminato un campo pieno di erbacce, troppo alte per intravedere la verità.

"Visto l'articolo 530 secondo comma, assolve..." stessa pelle d'oca, stessi denti serrati. Anche qui, come in quella registrazione sentita tante volte, l'epilogo era già scritto, ma nulla ti ha salvato da quel colpo duro nello stomaco, da quel senso di impotenza che vedi ora dipinto sul volto di pm, avvocati e di chi in piazza, 36 anni fa c'era. Sposti lo sguardo, fai slalom tra i fotografi e scorgi Manlio Milani, il presidente dei famigliari delle vittime della Strage, con le mani strette al volto. Sembra l'urlo di Munch, sembra un fantasma tra i fantasmi che popolano questa storia. Fantasmi senza requie come: Giulietta Banzi Bazoli, 34 anni, insegnante, Livia Bottardi Milani, 32 anni, insegnante, Euplo Natali, 69 anni, pensionato, Luigi Pinto, 25 anni, insegnante, Bartolomeo Talenti, 56 anni, operaio, Alberto Trebeschi, 37 anni, insegnante, Clementina Calzari Trebeschi, 31 anni, insegnante, Vittorio Zambarda, 60 anni, operaio.Quante volte hai annotato quei nomi sul tuo taccuino blu, ora, lasciato palazzo di Giustizia, sei qui in Piazza della Loggia, davanti a questa colonna ferita dove qualcuno ha lasciato un biglietto al vetriolo: "In questo luogo il 28 maggio 1974 non è successo niente". Fai appena in tempo a pensare che qui oggi la verità è morta forse definitivamente e scorgi un ragazzino attraversare la piazza. Avrà  - sì e no  - 11 anni ed è in sella ad una biciclettina blu. Sorridi e pensi: "Vai, pedala forte, la verità è difficile da raggiungere". Lo guardi sparire oltre il monumento alla Bell'Italia e nelle tue orecchie risuona l'eco di un comizio. "A Milano..."
Marco Toresini 
28 maggio 1974 - 28 maggio 2011 


venerdì 27 maggio 2011

Strage di Brescia: 37 anni dopo


Domani, 28 maggio, ricorre il 37esimo anniversario della Strage di piazza della Loggia. Una carneficina senza giustizia, 37 anni di lotta per la verità. Domani questo blog ospiterà, sotto forma di racconto, un personale ricordo della bomba del 28 maggio '74. Oggi vorre parlare di questo tragico evento condividendo con voi le parole di Mario Calabresi il figlio del commissario Luigi Calabresi.
Riflessioni amare che ci toccano tutti:
"Sarebbe ora di voltare pagina, di parlare di quegli anni con più serenità, di capire cosa è successo e perchè. Ma non sembra ancora possibile, in quanto troppe verità mancano, troppe responsabilità non state accertate, molti attendono ancora giustizia e il dibattito resta inquinato dalle convenienze e dalle autodifese, anche quelle generazionali. (...) Penso che voltare pagina si possa e si debba fare, ma la prima cosa da ricordare è che ogni pagina ha due facciate e non ci si può preoccupare di leggerne una sola, quella dei terroristi o degli stragisti, bisogna preoccuparsi innanzitutto dell'altra: farsi carico delle vittime. (...) Bisogna partire dalle vittime, dalla loro memoria, e dal bisogno di verità. "Farsi carico" è la parola chiave"
(da "Spingendo la notte più in là", Mondadori).
Spero che domani, in piazza, qualcuno si "faccia carico" delle tante risposte non date, dei tanti non so, delle tante istanze rimaste inascoltate.

Sentenza Strage Piazza Loggia

Un'idea di città

Il bello di questa campagna elettorale per le amministrative di Milano, comunque vada, è che sono tornate in campo le idee, la voglia di cambiare registro di pensare ad una politica diversa per una città diversa.
L'ultimo contributo arriva dal Corriere della Sera che alla vigilia del silenzio elettorale, per voce del vicedirettore Giangiacomo Schiavi (che su Milano tiene anche un blog su Corriere.it) , lancia un manifesto che è anche una sfida per il futuro sindaco. Che sia Moratti o Pisapia poco importa, perchè l'idea lanciata dal quotidiano milanese per ricostruire l'anima di Milano non guarda al colore della casacca, ma alla fascia tricolore dietro la quale un primo cittadino perde l'appartenenza politica per diventare il sindaco di tutti. Nel decalogo lanciato dal Corriere si parla di accoglienza e legalità, di ricostruire i ponti con le varie facce della città, di riscoprire le radici superando le paure, di far emergere le eccellenze nascoste e di aprire ai deboli, ai giovani, di recuperare un orgoglio perduto per poter tornare a rischiare, "perchè la ricchezza di un città è il rischio che ognuno di noi prende facendo le cose".
Bello e impegnativo il manifestato che parla di una politica nuova, di un vento nuovo, nel quale a due giorni dai ballottaggi è giusto credere e sperare.
Un manifesto che finisce per impegnare anche la nostra categoria, quella dei giornalisti, che devono saper recuperare il senso di una professione che non racconti, con fedeltà, imparzialità e umanità solo delle storie, ma sappia elaborare con l'autorevolezza conquistata sul campo idee, proposte, momenti di dibattito per la comunità e spunti di crescita collettiva. Secondo un principio che un giornale deve essere aperto ai contributi di tutti, ma deve saper coltivare idee in proprio. Un principio che mi è stato insegnato da Pietro Agostini, fu direttore di Bresciaoggi dal '90 al '92, quando un infarto lo colse una notte in redazione. Era un maestro esigente e severo, ma le sue riflessioni su giornali e giornalismo restano ancora di grande attualità.

Il manifesto per Milano

giovedì 26 maggio 2011

Da che parte sta il cervello?

"Solo chi è senza cervello può votare a sinistra"
Silvio Berlusconi
presidente del Consiglio
Stiamo facendo dei passi avanti nella anatomia elettorale secondo il nostro presidente del Consiglio: dallo scroto (ricordate quel "non penso ci siano così tanti coglioni in Italia che possano votare a sinistra" dell'aprile del 2006?) siamo passati alla scatola cranica e mi sembra già un bel passo avanti. Ma. battute a parte, è giusto chiedersi in queste ultimi stralci di campagna elettorale per le amministrative: da che parte sta il cervello?
Dovrebbe stare, ci piace crederlo, dalla parte del bene comune, dalla parte della politica che governa, dalla parte della politica che risolve e che non si limita ad indicare i problemi; dalla parte della politica che scioglie e affronta le paure e non le crea e le alimenta per scopi elettorali; dalla parte della politica che affronta i bisogni di tutti e non gli interessi di pochi. Dalla parte, per dirla con l'enciclica "Gaudium et spes", della politica che sa creare "l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente".
Insomma, il cervello dell'elettore medio, un bel cervello pensante e autonomo, dovrebbe stare dalla parte di una politica che vuole crescere, che coltiva l'etica e che ha più progetti che slogan. Ma esiste questa politica? Il mio povero cervello, ad onor del vero, la sta ancora cercando. Ma forse, ne sono consapevole, questo è un limite solo mio.

mercoledì 25 maggio 2011

La città del dialogo


Brescia si è scoperta "città del dialogo", dopo la prova muscolare dei giorni della gru, il dialogo tra sordi, le cariche di polizia, la città spaccata, ecco arrivare in questi giorni, il documento congiunto del consiglio comunale, l'impegno comune che solleciti il ministro dell'interno Roberto Maroni a dirimere l'eterno contenzioso sui permessi di soggiorno negati perchè ritenuti viziati da una denuncia per clandestinità, ora che il presunto reato non ha trovato giustificazione nei pronunciamenti della Corte di Giustizia.
Nella "città del dialogo", quella che ha voglia di risolvere i problemi e non di strumentalizzare i disagi, i migranti hanno riavvolto i loro striscioni e liberato il sagrato del Duomo, oggetto del nuovo presidio, della nuova istanza di chiarezza. Certo, osserva su Bresciaoggi Massimo Tedeschi in una precisa analisi della situazione, rispetto ai giorni della gru i margini di manovra, complice l'orientamento europeo, sono più ampi, ma resta il dato forte che oggi, alla demagogia si è preferito il dialogo, allo slogan il ragionamento. Certo, il salto di qualità è arrivato dal contributo forte di un vescovo come Luciano Monari sceso sul sagrato del Duomo di Brescia a raccogliere le istanze dei migranti e dalla consapevolezza degli stessi migranti che la protesta deve andare, prima o poi, all'incasso, altrimenti non è servita a nulla. L'autorevolezza di un vescovo ha vinto gli steccati ideologici, il gioco di squadra ha fatto il resto, la politica solleciterà il governo ad esprimere un orientamento precisio sull'argomento, così che chi deve decidere in concreto (la Prefettura) abbia tracciata la strada che fino ad ora è apparsa tanto confusa da essere impercorribile.
Brescia, finalmente, si riscopre città unita nello sforzo di risolvere i problemi, città dove si parla di più di quanto si vieti, città moderna che affronta le criticità e non le elude.
Ci mancava questa città del dialogo, oggi l'abbiamo ritrovata almeno un po'. Certo in prima fila abbiamo trovato al solito Chiesa, sindacati e associazionismo e la politica defilata e un po' distratta, ma bisogna sapersi accontentare: nella città del dialogo anche la politica, forse, avrà spazio per crescere "in sapienza e grazia".

martedì 24 maggio 2011

Italian revolution, parlando di uguaglianza e Costituzione

Una mattinata libera e una buona iniziativa ti danno l'occasione di testare con mano il dialogo tra due mondi: quello dei giovani, studenti di scuola superiore, e quello che, per usare un linguaggio convenzionale, potremmo definire "classe dirigente".
Che hanno da dirsi studenti alla soglia della maturità, un giudice della Corte costituzionale come Giuseppe Frigo e un magistrato come Alessandra Galli, figlia di Guido Galli, il giudice assassinato dalle Brigate Rosse il 19 marzo 1980 all'Università di Milano? Parlando di Costituzione (ecco alcuni dettagli in diretta dai miei twett) innanzitutto si sono detti che la Carta oggi è attuale più che mai, rimane l'esempio di uno sforzo encomiabile che ci ha spinto con forza dalla dittatura alla democrazia, uno sforzo che non è morto, che va ancora coltivato con cura, che richiede ancora un cammino che porti all'attuazione piena di principi fondamentali come quelli dell'Uguaglianza. Il discorso è alto, il brusio di sottofondo inquieta un po' e da il segno di una comunità giovane, fieramente multitasking ma poco temprata al ragionamento. Nonostante ciò gli acuti non mancano e ci piace coglierli come prove tecniche di Italian revolution. "Voi avete parlato di uguaglianza dei cittadini, ma io non mi sento e non sono uguale al presidente del consiglio" chiede uno con il piglio del leader. "Lei cosa pensa del legittimo impedimento, dei referendum e poi si parla di legalità, ma qui nessuno rispetta le regole" incalza una ragazza rivolta direttamente a Giuseppe Frigo. "Noi abbiamo fatto assemblee, documenti ma nessuno ci ha ascoltato, come far sentire la nostra voce?" chiede un altro scatenando l'applauso. Piccoli segni di riscossa civile, insperati in una mattinata che sembrava defluire anche un po' distrattamente secondo il più classico schema della lezione unidirezionale. "Bene così" ha osservato il giudice della Consulta lasciando la sala, dopo aver detto che per farsi sentire bisogna trovarsi, confrontarsi, elaborare dei progetti, essere tenaci  perchè solo con tanta tenacia anche i più sordi possono sentire. Puerta del Sol docet...

lunedì 23 maggio 2011

Al mercato delle indulgenze

Ieri, parlando del clima elettorale di Milano e di come la politica stia affrontando la campagna in vista del ballottaggio, un collega ha dipinto uno scenario della situazione che mi sembra fedele come una fotografia: "Siamo al mercato delle indulgenze".
In effetti non è un gran spettacolo vedere chi governa promettere ministeri, sanatorie sulle multe, bonus e benefit di vario genere che hanno quasi il sapore del voto di scambio e che ricordano le scarpe spaiate e le mille lire tagliate con cui a Napoli il comandante Achille Lauro faceva campagna elettorale promettendo di ricostituire la coppia e la banconota a risultato acquisito. Le promesse sono il sale di una campagna elettorale, ma questa ondata di piena dà il senso di un torrente impetuoso che non sa bene dove andare, che ora punta sull'argine di sinistra ora su quello di destra rischiando, però, di tracimare facendo danni permanenti.
Nelle difficoltà la politica dovrebbe saper interpretare i disagi, capirli, cercare di porvi rimedio. A Milano, cercando di compensare la miopia e gli errori delle settimane precedenti si promette invece la luna, si occupano le tv, si gioca sporco. Le urne diranno fra una settimana se è la strategia vincente (non mi stupirebbe, in tal senso, una rimonta della Moratti), certo è che lo spettacolo di questi giorni è il segno di una decadenza che pare inarrestabile, di una politica distante, che ha perso contatto con la realtà e con il suo elettorato.
Gli indignados spagnoli
  Il declino di Zapatero è lì a indicare che i vizi che portano alla crisi sono bipartisan, che l'indignazione, se esiste, prima o poi monta a destra come a sinistra. Così ieri a Brescia il presidente di Confartigianato, Giorgio Guerrini, ha polemizzato con il ministro Maristella Gelmini spiegando che  "con i centri sociali non si arriva ai numeri raggiunti da Pisapia, ci si arriva con le migliaia di artigiani e piccoli imprenditori delusi da un governo che non ha riformato nulla tranne l'università". Il segno che, se si è arrivati a tanto, la politica forse era concentrata su altro così da tradire persino un elettorato tradizionalmente legato alla compagine di governo. A Brescia Maristella Gelmini ha replicato con il trasporto e la foga di sempre spiegando cosa il governo stia per fare e che guai Pisapia potrebbe portare a Milano. Basterà per tranquillizzare questi nuovi "indignados"  che alla tenda a Puerta del sol scelgono di manifestare il disagio e l'insoddisfazione tra il tornio e la pressa della propria fabbrichetta?
Temo di no se "italian revolution" non ha solo il volto del precariato, ma anche quello dell'imprenditoria.

REPORTAGE DA PUERTA DEL SOL





LE PROMESSE ELETTORALI SECONDO LUCIANA LITIZZETTO

venerdì 20 maggio 2011

Lasciate vivere Current

Current tv è una televisione ospitata sulla piattaforma satellitare di Sky (canale 130), una televisione di informazione internazionale ma non solo, una televisione non convenzionale voluta, su scala mondiale dall'ex vicepresidente americano Al Gore, un mix, spiegano gli esperti di web, tv, multimedialità, voci fuori dal coro, giornalismo di inchiesta, palestra per giovani e pulpito multimediale per guru del pensiero libero. Insomma una televisione che in Italia non c'è, un giornalismo che fatica ad imporsi sulle reti tradizionali (vedi le vicissitudini attraversate da Report sui canali Rai), una voce che racconta storie rifiutate da altri. Comunque la si pensi una televisione che lascia la porta aperta alla libertà, alla sperimentazione, a nuovi talenti.
Una televisione che ora rischia di essere cancellata, perchè, ha spiegato ieri Al Gore ad Anno zero , Sky non sembra intenzionata a rinnovare il contratto con l'emittente per diffonderla sulla sua piattaforma. A noi poco importa se si tratti di questioni politiche come accusano i vertici dell'emittente (Sky che ambisce ad entrare nel mercato del digitale terrestre vorrebbe non disturbare troppo il manovratore e Current con molti suoi servizi, dalla rubrica di Marco Travaglio "Passaparola", ai docu-film sul premier che nessuno ha voluto mandare in onda, è uno scomodo porto franco) o di questioni economiche come ribattono di uomini di Murdoch (pretese raddoppiate e non congrue ai dati di ascolto in calo), a noi importa di poter continuare a fruire di una tv originale, interessante e, fino a prova contraria, libera. Possibile che in una piattaforma digitale così variegata tra tv trush, canali tematici su cucina, arredamento, viaggi e chirurgia plastica non ci sia spazio per una tv di informazione di respiro internazionale e fuori dagli schemi?



  

giovedì 19 maggio 2011

Manutenzione democratica

Fulvio Scaparro
La democrazia ha bisogno di fare un tagliando, un pagliando d'amore? Lo sostiene oggi Fulvio Scaparro sul Corriere parlando dell'autorevolezza del nostro capo dello Stato che, pur senza poteri reali, riesce ad ottenere rispetto e consensi grazie a poteri tutti morali costruiti negli anni, fatti di onestà e buona volontà e non sanciti da una legge. Se la democrazia si inceppa, sostiene Scaparro, va riformata, una riforma d'amore, come la chiama, fatta per le cose più preziose, all'interno di una pratica quotidiana che si dedica alle cose conquistate con fatica e per questo ancora più importanti. Il rischio è che così come la viviamo oggi la democrazia diventi un'etichetta dietro la quale si nasconde del cibo avariato. irreversibilmente degradato fino a diventare tossico. Ecco quindi la necessità di fare manutenzione, potare e sistemare la pianta della nostra vita democratica con la delicatezza che si dedica ai bonsai. Una "manutenzione d'amore" la chiama Scaparro. Ma una "manutenzione d'amore", al momento, non mi sembra che sia nell'agenda politica di nessun movimento politico italiano. Ed è un vero peccato.

mercoledì 18 maggio 2011

Non è successo nulla

"Non è successo nulla" è il titolo di un documentario che verrà proiettato il 28 maggio prossimo  per ricordare la strage del 28 maggio 1974 in Piazza Loggia a Brescia. Una strage ancora senza colpevoli, così come ha statuito la Corte d'Assise di Brescia nei mesi scorsi dopo un lungo processo e la terza lunga inchiesta sull'eccidio.
Come ogni hanno la Casa della Memoria di Brescia ha messo a punto una nutrita serie di iniziative (alcuni già iniziate) che domani vedrà vittime del terrorismo e studiosi fare il punto in un seminario su stragi e terrorismo negli anni '70. Una delle tante iniziative messe a punto per l'anniversario numero 37, uno dei tanti sforzi anche attraverso la collaborazione delle scuole, affinchè non si dica un giorno che in piazza Loggia "Non è successo nulla".
Ecco qui l'intero programma delle iniziative:

Strage Di Piazza Loggia, Anniversanio 2011

Elezioni, ma è cambiato veramente il vento?

A urne abbondantemente chiuse viene da chiedersi se è cambiato veramente il vento. E non so se stia arrivando, come ipotizza qualcuno, il "tramonto delle libertà". Certo a Milano, nonostante l'impegno personale del premier, lo scudetto del Milan e l'ampio spreco di risorse, c'è stato un risultato importante, ma non mi sembra che i giochi siano fatti che il de profundis sia cantato fino in fondo. Nonostante un candidato finalmente convincente, propositivo, che sappia parlare al territorio (finora il centro sinistra all'ombra della Madonnina dorata non aveva brillato in avversari temibili autorevoli e concorrenziali) il suo exploit non può prescindere dagli sbagli altrui, dal ringhio mister B. che ha probabilmente stufato e dalla legnosità del sindaco uscente che, quando la macchina va in affanno, mostra tutto il suo scarso appeal da donna di canasta più che da "animale" di consiglio comunale e periferia degradata. Insomma, vivere sugli sbagli e le dobolezze altrui non è mai sinonimo di radioso futuro, soprattutto se alle spalle di Pisapia si continua a litigare e a non tesaurizzare l'inaspettata vittoria per costruire quelle certezze che potrebbero far guardare fiduciosi verso un reale e duraturo cambio di direzione su scala nazionale.
E su scala locale? Nel Bresciano le urne han detto che gli elettori quando devono scegliere il sindaco sanno quello che vogliono, al di la degli scheramenti. Sanno punire chi ha male amministrato, ma sanno anche dire no a candidati imposti che male rappresentano la continuità. Una lezione che forse i politici professionali non impareranno mai, così come la politica non perderà mai vecchi vizietti come i sindaci di facciata, dietro i quali si muovono (a destra come a sinistra) politici di lungo corso e gli interessi di sempre. E allora ci si chiede ma è veramente cambiato il vento, ma veramente è stata premiata la genuinità della politica locale?
Un'analisi attenta potrebbe anche dire che qualche segnale c'è, ma che la politica, come altre volte potrebbe non coglierlo. Potrebbe far finta di nulla, troppo impegnata in giochi lontani dagli interessi del proprio elettorato.

lunedì 16 maggio 2011

Salone del libro: reportage


Al solito ricca di spunti la trasferta a Torino per il Salone del Libro. Apre il cuore vedere tanta gente che ama la lettura, ama confrontarsi, ama dibattere, ama riflettere. Difficile o meglio impossibile condensare ciò che esce da una giornata al salone, caotica come una fiera, appagante come uno show, interessante come un viaggio al centro della cultura con i suoi problemi (la fiera è stata oggetto della rumorosa manifestazione dei precari che nel mondo dell'editoria sono molti) i suoi grandi protagonisti, da Dario Fo a Tullio de Mauro che si è spesso per salvare la scuola pubblica. Quello che è uscito lo trovate qui sotto in una fotogallery e in tre filmati che hanno rapito tre scorci dell'immenso show del Lingotto. Che libri ho acquistato al Salone? Ammesso che vi interessi sono: Mario Calabresi, "Cosa tiene accese le stelle" (Mondadori); Giampaolo Pansa "Carta Straccia" (Rizzoli) e Enzo Bianchi "Una lotta per la via" (Edizioni Paoline).







sabato 14 maggio 2011

Torino viaggio al salone


Avremmo voluto seguire in diretta gli eventi del salone del libro di Torino, ma il temnporaneo stop della piattaforma Blogger cui questo blog si appoggia con l'impossibilità almeno per ora di ripristinare la sezione e i post realizzati giovaedì, ci ha privato di questa possibilità. Oggi la nostra destinazione è Torino. In attesa di arricchire questo blog con foto e reportage sulla trasferta, seguitemi su Twitter...

giovedì 12 maggio 2011

Moderato a chi?

(Pisapia vs Moratti su Sky)
"Sul piano politico ho inteso dire che la storia di Pisapia non è la storia di una persona moderata"
Letizia Moratti
Candidato sindaco al Comune di Milano
 Del faccia a faccia tra Giuliano Pisapia e Letizia Moratti su Sky in vista delle elezioni amministrative di Milano di domenica e lunedì, non mi ha colpito tanto l'uso strumentale ed errato di una sentenza fatto dal sindaco uscente; nemmeno la scarsa memoria di lady Moratti che accusa ingiustamente l'avversario di essere stato graziato da un'amnistia (in realtà vi fu assoluzione), scordando - sottolinea oggi sul Corriere Luigi Ferrarella - che per fatti ugualmente datati l'amnistia lavò le accuse di falsa testimonianza per aver negato l'iscrizione alla Loggia P2 del capolista del Pdl a Milano, Silvio Berlusconi. La politica ormai ci ha abituato alla scarsa serietà degli imbonitori, all'incanto dei fantasisti e al chiacchiericcio lontano dai fatti e dai problemi.
Mi ha colpito di più la finalità di quel dardo lanciato in pieno petto all'avversario: spiegare che Pisapia non è un moderato, non ne ha il fisico. Moderato a chi? Verrebbe da dire in questa politica da corpi contundenti. Se moderato vuol dire "contenuto", "misurato", uno che sa controllarsi, mi chiedo se sia più moderato Giuliano Pisapia o, per esempio, Giorgio Stracquadanio (vedi le sue dichiarazioni sul caso) o Maurizio Gasparri. Se moderato significa sostenitore di idee non radicali mi chiedo se su temi come l'immigrazione sia più moderata la politica leghista o, per esempio, quella del centro sinistra.
Se si guarda al passato per "dare la patente" di moderato ai contemporanei mi chiedo se vi sia differenza tra chi a Milano frequentava ambienti  della sinistra extraparlamentare o a Roma, qualche anno prima, aveva partecipato alla cosiddetta Battaglia di Valle Giulia (Giuliano Ferrara, Paolo Liguori, Ernesto Galli della Loggia) con gravi scontri con la polizia alla Sapienza; se sia più moderato chi è finito in carcere e poi è stato ampiamente prosciolto (come è accaduto a Pisapia) o chi sfilava facendo il saluto romano per le strade (sfidando il reato di ricostituzione del partito fascista) o il cui nome ha fatto talvolta capolino  nelle mille inchieste sull'eversione nera e lo stragismo.
Insomma: moderato a chi?
In una politica di guerriglia mi sembra che mai parola sia oggi più fuori luogo di "moderato".

mercoledì 11 maggio 2011

Vivere di libri

Torna da domani il salone del Libro di Torino. L'edizione 2011 ospita la Russia come paese di cui conoscere tradizioni letterarie e scrittori emergenti e parlerà di Unità d'Italia come tema quasi obbligato per una rassegna che si tiene a Torino a 150 anni da quel passo storico. In questa luce si proseguirà a scandagliare il tema della memoria che fu già protagonista dell'edizione del 2010.
Il salone sarà anche l'occasione per fare il punto sullo stato di salute dell'editoria, quella tradizionale, ma anche quella digitale. In casa mia proprio in questi giorni è entrato un Kindle, il lettore di e-book della Amazon, il salone sarà un'ottima occasione per esplorare nuove frontiere. Come al solito questo blog avrà una sezione dedicata con notizie, filmati e tweet sui giorni dell'evento.

Ecco il link del sito del salone: http://www.salonelibro.it/

Ecco il programma completo:



mercoledì 4 maggio 2011

Nome in codice Geronimo

Avete visto Nonna Papera? Sì, forse era è quella seduta nella "situation room" (vedi la foto al post di ieri) con la mano alla bocca e la tensione dipinta in volto? Chissà se qualcuno ha battezzato il segretario di Stato Hillary Clinton come l'anziana signora coi piedi palmati nota nell'universo Disney per la bontà delle sue torte?
Certo è che l'operazione che ha portato all'uccisione di Osama bin Laden ora diventa un copione, una fiction buona per l'immaginario, un racconto da tramandare ai posteri con il suo bagaglio thriller e i suoi nomi in codice.
Così Osama è diventato Geronimo, come il capo Apaches contro il quale gli americani scatenarono 5 mila soldati fino alla resa, nel 1886, a Skeleton Canyon in Arizona. I soliti americani pronti a pescare nei tempi eroici per vestire nemici moderni di un po' di leggenda, dimenticando però (ce lo ricorda Guido Olimpo sul Corriere.it)  che se Osama fu uno spietato terrorista, Geronimo vide la sua famiglia sterminata dai messicani e gli Apaches le proprie terre depredate dai coloni e dalla parte del terrore, in quegli anni, come hanno sottolineato molti, c'erano altri e non certo i nativi americani.
Paragonare Bin Laden a Geronimo sarà anche politicamente poco corretto ma che importa: la fiction vuole la sua parte, il suo slang; gli "Hvt" (i bersagli ad alto valore), gli "E-Kia" (il nemico ucciso in azione) esigono un tributo alla mitologia, cosi come la stanza delle menti pensanti, dei consulenti ritratti alla Casa bianca mentre seguono in diretta le fasi del blitz. "Consiglio di volpi, strage di galline" dice un vecchio proverbio abruzzese, ma qui non siamo alla fattoria di Lupo Alberto ma nella stanza dei bottoni di una superpotenza in cui sono passati in tanti da Jfk a George Bush, da Abramo Lincon a  Lyndon Johnson e poi giù di copioni cinematografici, giù di grandi nomi della cinematografia.
Li vedi lì con gli sguardi tesi e preoccupati e ti aspetti che qualcuno irrompa nella stanza con la più ferale delle notizie: "Hanno ucciso l'Uomo ragno chi sia stato non si sa forse quelli della mala forse la pubblicità"...

martedì 3 maggio 2011

La morte di Bin Laden e l'America dei critici

Situation room in the White House by Pete Souza da The New York Times


Colpisce, nell'America festante per la morte di Bin Laden, trovare delle voci critiche, dei richiami alla sobrietà di una morte che più che il sentimento della giustizia richiama quello della vendetta. Basta leggere fra i commenti arrivati alla versione online del New York Times. Per cogliere qualche voce critica al metodo.
Dalla Virginia, ad esempio, Benjamin Reynolds si chiede: "Nel suo discorso di domenica, il presidente Obama ha ribadito: che la morte di Bin Laden è la vittoria della giustizia per quelli uccisi negli attentati efferati di Al Qaeda. Dovremmo chiederci se la giustizia per i morti l'11 settembre e nelle nostre guerre in Afghanistan e in Iraq può essere raggiunta attraverso un omicidio. Mi addolora vedere la nostra idea di giustizia svilita da una aspettativa di omicidio. La nostra "vendetta" non potrà mai restituire i nostri morti ai loro cari e non potrà mai guarire le sofferenze causate dalla loro perdita. Spero che il nostro impegno venga rivisto per coloro che abbiamo perso e si possa trovare giustizia nella lotta all'odio e alla violenza, ovunque si trovino. Lo dobbiamo alla memoria dei nostri cari perduti, e lo dobbiamo a noi stessi".
John S. Koppel da Bethesda in Maryland è anche più polemico: "Mentre l'indecorosa cassa di risonanza per la morte di Osama bin Laden dimostra che la sete di sangue di vendetta del popolo americano è viva e vegeta, questo macabro trionfalismo sembra particolarmente esagerato alla luce del fatto che il governo degli Stati Uniti, con le sue enormi risorse, ha impegato quasi 10 anni e miliardi di dollari per individuare e uccidere un uomo. Inoltre, a meno che gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali non cambino radicalmente le proprie politiche, smettendo di cercare di imporre la loro volontà e i loro valori in altre nazioni e culture, essi continueranno a generare l'odio e il risentimento che danno origine al terrorismo. La morte di Osama bin Laden da sola non permette di mettere il genio nella bottiglia".
Voci critiche (poche per la verità) in una America festante, che non può non uscire dagli slogan con interrogativi importanti. Gli stessi che hanno fatto dire alla Chiesa cattolica che non si gioisce per una morte, anche per quella del più sanguinario fra i terroristi, o che spingono Aldo Cazzullo oggi sul Corriere della Sera a chiedersi se non fosse stato meglio catturare Osama bin Laden vivo per poterlo processare. "Ricordare l'esistenza di un'altra via - la cattura, il processo, la condanna, l'espiazione della pena - non significa - scrive Cazzullo - abbandonarsi a facili umanitarismi. Significa ribadire la superiorità del diritto e della democrazia sul terrore e sul dispostismo". L'interrogativo è sempre quello: qual è la vera giustizia?

lunedì 2 maggio 2011

Bin Laden, da terrorista a martire?

("Ben Laden is dead" by The New York Times)

"Uccidere una persona è molto più facile che uccidere un’idea, per sciagurata che essa sia".Vittorio Zucconi, lucido osservatore di cose americane, uomo che ha raccontato il mondo dall'Unione sovietica comunista agli Stati Uniti di Obama, non si fa illusioni sul suo blog: la morte di Osama bin Laden trasforma per una parte di mondo lo sceicco del terrore in un martire della fede.
"Ho il forte sospetto - continua Zucconi - che il terrorismo non finirà con lui. Quali esplosioni di dietrologia, o appelli alla vendetta, sgorgheranno da questa morte?". Domande che inquietano in un vortice di festa là dove ci sono almeno (osserva ancora Zucconi) tremila buoni motivi per festeggiare, quanti sono i morti delle torri gemelle. E non è un caso che per raccontare della morte del "The Most Wanted Face of Terrorism" il New York Time metta in home page una schiera di vigili del fuoco che esultano alla notizia, così come, poco più sotto, un video mostra le bandiere festanti davanti alla Casa Bianca o una finestra apre ai commenti e alle foto delle reazioni della gente alla notizia (accanto ad articoli che ripercorrono, con meticolosità tutta americana gli anni della caccia all'uomo dell'intelligence Usa).
Una morte buona per il morale, per i mercati (in netto rialzo, giusto per farci capire quali sono i poteri forti che governano il mondo) e - sono in molti a temerlo - per le illusioni. Una morte che è un' indubbia vittoria di chi nell'eliminazione di Osama (ma - mi sono sempre chiesto - in questi casi è più utile alla causa la cattura o l'eliminazione fisica?) ha letto la speranza di fiaccare la determinazione di Al Qaida. Una morte che, allo stesso tempo, potrebbe rappresentare benzina nel serbatorio della macchina dell'odio verso l'occidente. Qualche sentore c'è già e ne riferisce il giornale online Il Post nel microbloggin sull'uccisione di Obama. Il reporter del Guardian Jason Burke esperto di Al Qaida risponde così alle domande sul dopo-Osama: "Ci sono molti leader giovani, alcuni promossi recentemente nel tentativo di arginare la arginalizzazione che al Qaida ha subito negli ultimi anni. Ma persone come Abu Yayha al-Libi, che ha circa quarant’anni, non potranno mai sostituire “lo sceicco”. La leadership centrale di al Qaida è stata lacerata da molte divisioni negli ultimi anni, spesso opponendo militanti sauditi, egiziani e libici gli uni contro gli altri. Ora è molto probabile che si consumerà una frattura definitiva". Se uno sbandamento è nelle cose Haji Mullah il comandante talebano attivo nelle tre province meridionali di Kandahar, Uruzgan e Helmand ha spiegato al corrispondente del Guardian da Kabul che non cambierà nulla per loro: «Quando altri comandanti di alto livello sono stati uccisi in passato non ha mai veramente influito sui nostri movimenti o operazioni. Questo tipo di operazioni non ci rende più deboli ma più forti e determinati».
Aver schiacciato, bibblicamente parlando, la testa del Serpente potrebbe non voler dire, ancora una volta, aver soffocato definitivamente il male.

domenica 1 maggio 2011

"Non abbiate paura"


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In piazza S.Pietro Giovanni Paolo II, Karol Woityla sta per essere proclamato beato. Di lui mi ha sempre colpito il discorso con il quale si è insediato al soglio che fu di Pietro; quel "non abbiate paura" ripetuto tante volte quasi a spronare i più lontani, ad invitare i più scettici. Per me cattolico resta la cifra di un pontificato vicino alla gente, di un prete-operaio, di un prete-papa, di un uomo che ha saputo dialogare con tutti. Poi della sua avventura terrena possiamo scrivere e dire tutto, glorificarne i pensieri e le azioni o guardare in controluce i dispacci di wikileaks, resta la forza di quelle parole "non abbiate paura", la semplicità di quella esortazione. Resta la grande voglia di scommettere su noi stessi, sulla nostra capacità di fare i passi più difficili, di vincere le sfide più grandi.
Perchè non avere paura resta un po' il sogno di tutti, cattolici, laici, agnostici. Perchè quel "non abbiate paura" resta sempre un'esortazione che è anche un progetto di vita. Una vita vissuta, da cristiani o da atei, fino in fondo.



Infondi la saggezza della pace 
Ascolta la mia voce
perchè è la voce delle vittime
di tutte le guerre
e della violenza tra gli individui e le nazioni.
Ascolta la mia voce,
perchè è la voce di tutti i bambini
che soffrono e soffriranno
ogni qualvolta i popoli ripongono la loro fiducia
nelle armi e nella guerra.
Ascolta la mia voce, quando Ti prego
di infondere nei cuori di tutti
gli esseri umani la saggezza della pace,
la forza della giustizia
e la gioia dell'amicizia.
Ascolta la mia voce,
perchè parlo per le moltitudini di ogni Paese
e di ogni periodo della storia
che non vogliono la guerra
e sono pronte a percorrere
il cammino della pace.
Ascolta la mia voce e donaci la capacità
e la forza per poter sempre rispondere all'odio
con l'amore, all'ingiustizia
con una completa dedizione alla giustizia,
al bisogno con la nostra stessa partecipazione,
alla guerra con la pace.
O Dio, ascolta la mia voce
e concedi al mondo per sempre
la Tua pace.
Giovanni Paolo II (1981)