giovedì 22 luglio 2010
Quote latte: che brutto spettacolo
Con ritardo (complice qualche problema di connessione Adsl ora si spera risolto) vorrei parlare di quote latte. Una vicenda triste che la dice lunga su quanto la politica italiana abbia il fiato corto in termini di prospettiva e di lungimiranza sulla politica economica.
Attorno al tema delle quote si è detto e scritto molto in questi anni e si è anche molto indagato su un meccanismo che ben presto è risultato inquinato da una serie di manierismo talmente farragginosi da creare spazi per pasticciati tentativi di commercializzare le quote (attraverso, ad esempio, contratti di soccida) e per escamotage al limite della truffa. Chi non ha la memoria troppo corta si ricorda la relazione di una apposita commissione di indagine che ha evidenzato stalle senza vacche ma con tante quote e stalle con vacche ma con pochi certificati di produzione. Chi non è troppo smemorato si ricorda pure come molti rappresentanti delle categorie abbiamo all'inizio tranquillizzato gli iscritti dicendo: "producete, producete, poi una soluzione si troverà".
Se si è partiti con il piede sbagliato, però, ciò non giustifica il triste spettacolo di difesa dei furbi (pochi) che ancora si ostinano a non pagare le multe e per i quali la Lega cerca di dilazionare, contro il parere di tutti (è di ieri il no della camera all'emendamento), i termini di pagamento, rischiando l'infrazione dell'Unione Europea. Perchè la Lega fa questo? Basterebbe dire che fra i più grandi sforatori di quote ci sono anche ex parlamentari del Carroccio o che attorno ai Cobas latte qualche leghista ha costituito e proprie fortune politiche ma non solo. Ma c'è dell'altro, c'è ad esempio l'interessante analisi che nei giorni scorsi ha fatto sul Corriere Dario Di Vico in articolo dal titolo sufficientemente esplicativo: "Quote latte, una vicenda che paghiamo tutti".
Spiega Di Vico: "Stavolta il Carroccio sta usando male il potere di veto che si è assicurato e ha ragione invece il ministro Giancarlo Galan che da giorni si sbraccia quasi in perfetta solitudine per richiamare alla coerenza una coalizione di governo che fa finta di non vedere. Forse proprio per evitare di contraddire i proprietari dell’azione d’oro. La Lega in realtà sta rischiando di far pagare al Paese una scelta miope, quella di difendere sempre e comunque l’interesse immediato di piccole porzioni del proprio elettorato. I Cobas del latte sono costati già all’Italia all’incirca quattro miliardi di euro ai quali andrà aggiunto l’ammontare della maxi-multa (i pessimisti la stimano in un miliardo) che ci comminerà Bruxelles dopo l’apertura di una procedura di infrazione. Eppure Bossi insiste ed è disposto anche a far votare dalla maggioranza un atto di governo che serve nella buona sostanza a coprire l’impunità degli allevatori. E così facendo dimostra che pur possedendo la golden share gli manca una «leganomics », un orientamento di politica economica credibile che metta al riparo il suo stesso partito dalle pressioni delle micro- lobby".
E aggiunge impietoso: "La verità è che il sindacalismo di territorio sta mostrando la corda, si dimostra un alfabeto politico- culturale insufficiente di fronte alle sfide che il dopo-recessione impone. Prendiamo il delicato tema del rapporto tra banche e territorio. In Veneto i leghisti chiedono ai grandi istituti di credito presenti in regione di sfornare una tabellina, il rendiconto ragionieristico tra raccolta e impieghi su base micro-territoriale. In questo modo si dimostrerebbe o meno il supporto all’economia locale. Ma se le banche, parafrasando il famoso esempio di Lord Keynes, spendessero i soldi per far scavar buche, riceverebbero comunque l’applauso leghista? Purché tutto avvenga nel giardino di casa, non rimangono obiezioni di merito da avanzare? Viene da dire che forse ha più senso incalzare il sistema creditizio perché aiuti i distretti a uscire dall’afasia, favorisca le reti di impresa e accompagni gli imprenditori ad essere protagonisti sull’arena internazionale. Del resto senza avere un’idea delle trasformazioni in atto anche l’ansia di conquistare poltrone nelle fondazioni bancarie appare come la stanca ripetizione di vecchi moduli. L’economia locale c’entra poco".
Mi sembra un'analisi interessante che mi piace condividere con voi. Mi sembra la riprova che la miopia politica confonde ancora l'attenzione al territorio con la tutela degli interessi di chi pascola nel proprio orticello. Faremo mai un salto di qualità?
Quote latte. Pd. 'Chi ha sbagliato deve pagare'
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Quote latte, la protesta degli allevatori e di Onestina...
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Attorno al tema delle quote si è detto e scritto molto in questi anni e si è anche molto indagato su un meccanismo che ben presto è risultato inquinato da una serie di manierismo talmente farragginosi da creare spazi per pasticciati tentativi di commercializzare le quote (attraverso, ad esempio, contratti di soccida) e per escamotage al limite della truffa. Chi non ha la memoria troppo corta si ricorda la relazione di una apposita commissione di indagine che ha evidenzato stalle senza vacche ma con tante quote e stalle con vacche ma con pochi certificati di produzione. Chi non è troppo smemorato si ricorda pure come molti rappresentanti delle categorie abbiamo all'inizio tranquillizzato gli iscritti dicendo: "producete, producete, poi una soluzione si troverà".
Se si è partiti con il piede sbagliato, però, ciò non giustifica il triste spettacolo di difesa dei furbi (pochi) che ancora si ostinano a non pagare le multe e per i quali la Lega cerca di dilazionare, contro il parere di tutti (è di ieri il no della camera all'emendamento), i termini di pagamento, rischiando l'infrazione dell'Unione Europea. Perchè la Lega fa questo? Basterebbe dire che fra i più grandi sforatori di quote ci sono anche ex parlamentari del Carroccio o che attorno ai Cobas latte qualche leghista ha costituito e proprie fortune politiche ma non solo. Ma c'è dell'altro, c'è ad esempio l'interessante analisi che nei giorni scorsi ha fatto sul Corriere Dario Di Vico in articolo dal titolo sufficientemente esplicativo: "Quote latte, una vicenda che paghiamo tutti".
Spiega Di Vico: "Stavolta il Carroccio sta usando male il potere di veto che si è assicurato e ha ragione invece il ministro Giancarlo Galan che da giorni si sbraccia quasi in perfetta solitudine per richiamare alla coerenza una coalizione di governo che fa finta di non vedere. Forse proprio per evitare di contraddire i proprietari dell’azione d’oro. La Lega in realtà sta rischiando di far pagare al Paese una scelta miope, quella di difendere sempre e comunque l’interesse immediato di piccole porzioni del proprio elettorato. I Cobas del latte sono costati già all’Italia all’incirca quattro miliardi di euro ai quali andrà aggiunto l’ammontare della maxi-multa (i pessimisti la stimano in un miliardo) che ci comminerà Bruxelles dopo l’apertura di una procedura di infrazione. Eppure Bossi insiste ed è disposto anche a far votare dalla maggioranza un atto di governo che serve nella buona sostanza a coprire l’impunità degli allevatori. E così facendo dimostra che pur possedendo la golden share gli manca una «leganomics », un orientamento di politica economica credibile che metta al riparo il suo stesso partito dalle pressioni delle micro- lobby".
E aggiunge impietoso: "La verità è che il sindacalismo di territorio sta mostrando la corda, si dimostra un alfabeto politico- culturale insufficiente di fronte alle sfide che il dopo-recessione impone. Prendiamo il delicato tema del rapporto tra banche e territorio. In Veneto i leghisti chiedono ai grandi istituti di credito presenti in regione di sfornare una tabellina, il rendiconto ragionieristico tra raccolta e impieghi su base micro-territoriale. In questo modo si dimostrerebbe o meno il supporto all’economia locale. Ma se le banche, parafrasando il famoso esempio di Lord Keynes, spendessero i soldi per far scavar buche, riceverebbero comunque l’applauso leghista? Purché tutto avvenga nel giardino di casa, non rimangono obiezioni di merito da avanzare? Viene da dire che forse ha più senso incalzare il sistema creditizio perché aiuti i distretti a uscire dall’afasia, favorisca le reti di impresa e accompagni gli imprenditori ad essere protagonisti sull’arena internazionale. Del resto senza avere un’idea delle trasformazioni in atto anche l’ansia di conquistare poltrone nelle fondazioni bancarie appare come la stanca ripetizione di vecchi moduli. L’economia locale c’entra poco".
Mi sembra un'analisi interessante che mi piace condividere con voi. Mi sembra la riprova che la miopia politica confonde ancora l'attenzione al territorio con la tutela degli interessi di chi pascola nel proprio orticello. Faremo mai un salto di qualità?
Quote latte. Pd. 'Chi ha sbagliato deve pagare'
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