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giovedì 15 luglio 2010

Acciaio




La classe operaia andrà mai in paradiso? E' la domanda di sempre e traspare anche dal libro-opera prima di Silvia Avallone: Accaio. Qui la classe operaia sta tutta attorno alla Lucchini di Piombino, a quel che resta di un colosso siderurgico nato per trasformare il minerale che arrivava dall' Ilva, il nome antico dell'Isola d'Elba, ed ora, sono notizie di questi giorni, alle prese con i morsi della crisi.



Mi e' capitato di scrutare la Lucchini dal largo di Piombino e appare proprio quell'inquietante mostro sputa acciaio che ingoia generazioni, sogni e famiglie, come lo descrive Silvia Avallone. Famiglie come quelle delle case di via Stalingrado, case operaie vista mare, come si conviene ad una amministrazione rossa vecchio stampo, dove sono ambientati le gioie, i dolori, gli amori raccontati in Acciaio da una che in quelle strade e' cresciuta, che nei personaggi del suo libro, dallo spinello e dalla "striscia" facile prima di mettersi al carro ponte o alla siviera, descrive gli amici di un tempo. E il paradiso? Dove sta
il paradiso in storie operaie da schiene rotte dalla fatica? Forse vicino, forse basta allungare l'occhio oltre lo scheletro dell'altoforno e guardare verso l'isola d'Elba. L'isola simbolo di una vita che non può essere solo disperazione. Come nelle tante vie Stalingrado d'Italia senza lustrini e senza veline.


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