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sabato 24 luglio 2010

Martinazzoli, Berlusconi e il nuovo che avanza

Proprio ieri ho parlato di Martinazzoli nel post sulla sentenza che ha bacchettato il comune di Adro. Un Martinazzoli che, basta leggere il suo libro "Uno strano democristiano", non si tira indietro quando si tratta di fare valutazioni sulla politica contemporanea, sul nuovo che avanza.
Giusto poche ore fa  l'Ansa ha diffuso l'anticipazione di una lunga intervista che verrà ospitata oggi sul quotidiano Liberal: come sempre una sferzante, acuta e impetosa analisi che vale la pena di essere letta.
In attesa di curiosare fra le pagine del quotidiano ecco l'anticipazione d'agenzia.

Con una spietata e sferzante analisi sul vuoto della politica attuale Mino Martinazzoli commenta le vicende degli ultimi giorni, dalla P3 alla crisi dei partiti e del Pdl in particolare. Lo fa in un’intervista che sarà pubblicata domani dal quotidiano «Liberal» e in cui non risparmia pesanti giudizi su Berlusconi: «Purtroppo ha trionfato già tanti anni fa l’antipolitica: l’idea cioè che l’analisi politica fosse un inutile orpello, che i partiti fossero degli oggetti d’antiquariato, e che bastasse essere un buon imprenditore per governare il Paese. Una volta nel 1994 incontrai Silvio Berlusconi e cercai di spiegargli che fare politica significava fare gli interessi degli altri e non i propri. Non ebbi successo. Viviamo una situazione in cui da un lato viene da pensare - parafrasando Gobetti - che Berlusconi sia l’autobiografia della Nazione, ma anche che Berlusconi abbia determinato un tale degrado riuscendo a tirar fuori il peggio dagli italiani. E allora potremmo arrivare ad affermare che la Nazione è l’autobiografia di Berlusconi».
L’ex segretario della Dc prova sensazioni al limite del disgusto davanti agli ultimi avvenimenti: «Quando mi domandano dove vivo, rispondo: a Brescia, in Svizzera. L’Italia preferisco guardarla da lontano anche se non ho mai avuto la tentazione in tutta la vita di fare l’antitaliano. Per quanto riguarda la cosiddetta questione morale, credo che dovremmo cominciare ad usare parole meno nobili: si tratta di volgari furfanti. Sarebbe un errore ritenere ciò che accade oggi una ripetizione di Tangentopoli. Allora si rubava perchè c’era un troppo di politica, ora si ruba perchè non ce n’è più niente. Allora le tangenti in larga misura servivano a finanziare i partiti, ora ad arricchirsi personalmente. L’illecito si è privatizzato".
Rispetto alle sempre incombenti rivelazioni sui patti tra Stato e Cosa nostra, Martinazzoli dice di guardare con grande cautela alle indiscrezioni che circolano: "ricordo che quando ero ministro della Giustizia ebbi alcuni colloqui con Falcone e non posso dimenticare il pragmatismo col quale parlava di queste cose. Non amava i proclami, si muoveva con concretezza, passo dopo passo. E quando qualcuno nominava il ’terzo livello' faceva un sorrisetto ironico. Quanto alla P3 mi sembra una definizione caricaturale, ma non ha nulla a che vedere con la Massoneria ed è profondamente diversa dalla P2. La P3 è semplicemente una cricca. Il messaggio finale rivolto ala classe politica in generale è spietato. Tanti anni fa Prezzolini voleva metter su la conventicola degli ’apoti', di quelli cioè che ’non la bevono'. Questa posizione appariva l’anticamera del qualunquismo. Oggi io vorrei far nascere la conventicola di quelli che non la danno a bere".

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