martedì 11 maggio 2010
Lucareli, Galli, la strage, il sangue e la memoria
Carlo Lucarelli, emiliano romagnolo di Faenza, classe 1960, ricorda la strage di Bologna, rivede quelle drammatiche immagini televisive del 2 agosto 1980, nelle cicatrici di tanti amici che, quel giorno, erano alla stazione in attesa di un treno che li avrebbe portati in vacanza.
Alessandra Galli, milanese, classe 1960, oggi magistrato, rivive l'uccisione, ad opera dei terroristi "rossi" di Prima linea, del padre Guido Galli, giudice istruttore al Tribunale di Milano e docente di criminologia alla Statale di Milano, nel ricordo, quel 19 marzo 1980, di una corsa a perdifiato fino al secondo piano della facoltà di Giurisprudenza (lei giovane studentessa di legge, stava seguendo le lezioni due rampe di scale sotto), e in quel ciuffo di capelli tanto famigliare su quel corpo a cui, gli assassini, avevano inferto anche il colpo di grazia alla nuca.
La memoria siamo noi, siamo noi e la nostra volontà di ricordare e capire, di trovare le storie semplici all'interno di trame aggrovigliate come nidi; di recuperare i fatti dalla muffa dei depistaggi e delle interpretazioni politiche. Carlo Lucarelli, che di professione fa il giallista e cura molti programmi televisivi e radiofonici, ha parlato di memoria ieri a Brescia: al mattino agli studenti, in serata, accanto ad Alessandra Galli, a quanti (sempre troppo pochi, purtroppo) hanno voluto aderire ad una iniziativa della Casa della Memoria di Brescia in occasione della giornata in ricordo delle vittime di stragi e terrorismo . Agli studenti Lucarelli aveva detto di allenare la memoria informandosi sulle stragi e sulla strage di Brescia, il cui processo è in corso da tempo in Corte d'assise e che sta facendo opera di sintesi, attraverso le parole dei protagonisti, della "Strategia della tensione" che va da Piazza Fontana a Milano alla Stazione di Bologna. Agli adulti, in serata, ha ricordato come l'Italia sia un paese strano che tra mafia e terrorismo ha un morto da ricordare quasi per ogni giorno dell'anno e come in ogni caso, in ogni delitto o in ogni strage, ci sia un pezzo mancante, dall'agenda rossa di Borsellino, ai reperti preziosi lavati via da piazza Loggia la mattina del 28 maggio '74 per ordine di un vicequestore di polizia.
"E' un paese strano - ha ribadito lo scrittore, riferendosi anche ai 13 episodi accertati di depistaggio e finiti con delle condanne relativi a quegli anni - in cui i servitori dello Stato si comportarono come nei gialli si muovono gli assassini: nascondendo dei pezzi importanti per arrivare alla verità". La deposizione di Gianaledio Maletti , generale del Sid, condannato, latitante e riparato in Sudafrica, è ancora fresca di verbale al processo di Piazza Loggia, così come gli ammonimenti del presidente della Corte per "invitare" a fare ordine nei ricordi i carabinieri che in quegli anni erano i più stretti collaboratori dell'ex generale Francesco Delfino. Si sapeva - ha spiegato Maletti - che sarebbe successo qualcosa a Brescia, ma lo Stato non ha reagito, non ha prevenuto. "La nostra memoria - ha ribadito Lucarelli - deve indignarsi per questo, lo deve fare ogni giorno, deve attivarsi, fare pressione, far discutere. Cercare di far capire che le stragi degli anni '70 fanno ancora notizia. E poi fra un anno dobbiamo ritrovarci per capire se è cambiato qualcosa. Altrimenti queste Giornate della Memoria sono giornate senza un senso".
Ma ormai, ha osservato ieri sera qualcuno dalla sala, non ci si indigna più nemmeno se un politico senza memoria promette proiettili per le toghe (frase che raggelò, quando fu pronunciata, il sangue di Alessandra Galli). "C'è sempre qualche studente, quando vado nelle scuole - ha spiegato Lucarelli - che mi dice, alla fine di tutto e davanti agli inutili sforzi per arrivare alla verità: "Ma allora avevano ragione quelli che sparavano e mettevano le bombe". Ecco, dobbiamo lavorare sulla memoria, quella collettiva come quella individuale, perchè un domani non ci sia più uno studente che faccia riflessioni di questo tipo, perchè lui stesso capisca che no, non avevano ragione".
Coltivare la memoria per capire e far capire quanto quella stagione fosse una stagione a perdere, senza futuro. Coltivare la momoria per non ricadere negli stessi errori. "Vedo tanta rabbia in giro - ha osservato Lucarelli -, rabbia strana, anche se penso che rispetto a quegli anni vedrei in azione più serial killer terroristichi che assassini inseriti in organizzazioni. Certo è che se continuiamo a non dare alcune risposte, il pericolo che ritorni una tensione simile a quegli anni non è poi così lontano".
CARLO LUCARELLI E LA PUNTATA SU PIAZZA LOGGIA A BLU NOTTE
Alessandra Galli, milanese, classe 1960, oggi magistrato, rivive l'uccisione, ad opera dei terroristi "rossi" di Prima linea, del padre Guido Galli, giudice istruttore al Tribunale di Milano e docente di criminologia alla Statale di Milano, nel ricordo, quel 19 marzo 1980, di una corsa a perdifiato fino al secondo piano della facoltà di Giurisprudenza (lei giovane studentessa di legge, stava seguendo le lezioni due rampe di scale sotto), e in quel ciuffo di capelli tanto famigliare su quel corpo a cui, gli assassini, avevano inferto anche il colpo di grazia alla nuca.
La memoria siamo noi, siamo noi e la nostra volontà di ricordare e capire, di trovare le storie semplici all'interno di trame aggrovigliate come nidi; di recuperare i fatti dalla muffa dei depistaggi e delle interpretazioni politiche. Carlo Lucarelli, che di professione fa il giallista e cura molti programmi televisivi e radiofonici, ha parlato di memoria ieri a Brescia: al mattino agli studenti, in serata, accanto ad Alessandra Galli, a quanti (sempre troppo pochi, purtroppo) hanno voluto aderire ad una iniziativa della Casa della Memoria di Brescia in occasione della giornata in ricordo delle vittime di stragi e terrorismo . Agli studenti Lucarelli aveva detto di allenare la memoria informandosi sulle stragi e sulla strage di Brescia, il cui processo è in corso da tempo in Corte d'assise e che sta facendo opera di sintesi, attraverso le parole dei protagonisti, della "Strategia della tensione" che va da Piazza Fontana a Milano alla Stazione di Bologna. Agli adulti, in serata, ha ricordato come l'Italia sia un paese strano che tra mafia e terrorismo ha un morto da ricordare quasi per ogni giorno dell'anno e come in ogni caso, in ogni delitto o in ogni strage, ci sia un pezzo mancante, dall'agenda rossa di Borsellino, ai reperti preziosi lavati via da piazza Loggia la mattina del 28 maggio '74 per ordine di un vicequestore di polizia.
"E' un paese strano - ha ribadito lo scrittore, riferendosi anche ai 13 episodi accertati di depistaggio e finiti con delle condanne relativi a quegli anni - in cui i servitori dello Stato si comportarono come nei gialli si muovono gli assassini: nascondendo dei pezzi importanti per arrivare alla verità". La deposizione di Gianaledio Maletti , generale del Sid, condannato, latitante e riparato in Sudafrica, è ancora fresca di verbale al processo di Piazza Loggia, così come gli ammonimenti del presidente della Corte per "invitare" a fare ordine nei ricordi i carabinieri che in quegli anni erano i più stretti collaboratori dell'ex generale Francesco Delfino. Si sapeva - ha spiegato Maletti - che sarebbe successo qualcosa a Brescia, ma lo Stato non ha reagito, non ha prevenuto. "La nostra memoria - ha ribadito Lucarelli - deve indignarsi per questo, lo deve fare ogni giorno, deve attivarsi, fare pressione, far discutere. Cercare di far capire che le stragi degli anni '70 fanno ancora notizia. E poi fra un anno dobbiamo ritrovarci per capire se è cambiato qualcosa. Altrimenti queste Giornate della Memoria sono giornate senza un senso".
Ma ormai, ha osservato ieri sera qualcuno dalla sala, non ci si indigna più nemmeno se un politico senza memoria promette proiettili per le toghe (frase che raggelò, quando fu pronunciata, il sangue di Alessandra Galli). "C'è sempre qualche studente, quando vado nelle scuole - ha spiegato Lucarelli - che mi dice, alla fine di tutto e davanti agli inutili sforzi per arrivare alla verità: "Ma allora avevano ragione quelli che sparavano e mettevano le bombe". Ecco, dobbiamo lavorare sulla memoria, quella collettiva come quella individuale, perchè un domani non ci sia più uno studente che faccia riflessioni di questo tipo, perchè lui stesso capisca che no, non avevano ragione".
Coltivare la memoria per capire e far capire quanto quella stagione fosse una stagione a perdere, senza futuro. Coltivare la momoria per non ricadere negli stessi errori. "Vedo tanta rabbia in giro - ha osservato Lucarelli -, rabbia strana, anche se penso che rispetto a quegli anni vedrei in azione più serial killer terroristichi che assassini inseriti in organizzazioni. Certo è che se continuiamo a non dare alcune risposte, il pericolo che ritorni una tensione simile a quegli anni non è poi così lontano".
CARLO LUCARELLI E LA PUNTATA SU PIAZZA LOGGIA A BLU NOTTE
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