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giovedì 6 maggio 2010

Il dibattito sulle carceri: ma quanta confusione

Leggo sui giornali: Maroni è scettico sul provvedimento svuota carceri del Ministro Alfano che prevede la possibilità per i detenuti di scontare in detezione domiciliare l'ultimo anno di pena. "Peggio dell'indulto" dice il ministro leghista. "Nessuno tornerà libero" ribatte il responsabile della Giustizia. Maroni da reggente degli Interni, quindi responsabile delle forze di Polizia, spiega come sia difficile un efficace controllo a tappeto dei detenuti a casa. Un dibattito che forse i ministri avrebbero dovuto fare a Palazzo Chigi al momento in cui si è parlato del provvedimento, ma si sa che la propaganda, sopratutto per chi sulla paura miete consensi, può essere più forte del buon senso. Certo è che la confusione, in tema di carcere, regna sovrana dalle parti dell'esecutivo, al di là della politica degli annunci. Viene da chiedersi, ad esempio: che fine ha fatto il "piano carceri"? E il tanto pubblicizzato braccialetto elettronico, costato undici milioni di euro l'anno?
A mettere un po' d'ordine, sul Corriere ci ha pensato il solito Luigi Ferrarella ricordando che solo 4 detenuti su mille che beneficiano delle pene alternative violano le condizioni imposte dalla misura, mentre tornano a delinquere, a pena alternativa scontata, il 19%, contro il 67% dei casi di quelli che scontano l'intera condanna in cella. Le pene alternative, quindi funzionano anche se chi ci governa da sempre pare non accorgersene, visto che lo stanziamento nel bilancio della giustizia è solo di un misero 2%, mentre a questo settore si dedica solo il 3,5% del personale. Ovviamente numeri che ci collocano abbondantemente lontano da paesi come Francia e Inghilterra. Tutto normale in un Paese dove si pensa di curare la sicurezza con una sola medicina: il carcere.

Antigone, rapporto carceri 2009

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