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venerdì 29 maggio 2009

Ricordando tre morti sul lavoro

Tre operai sono morti in una raffineria della Saras (famiglia Moratti)in Sardegna. Ecco "Oil" un documento filmato sul lavoro e le condizioni di vita in quello stabilimento e attorno alla fabbrica.

martedì 26 maggio 2009

Strage di piazza Loggia, la settimana del ricordo. L'anno della svolta?


Pioveva in piazza Loggia il 28 maggio 1974. Ora, a 35 anni di distanza, questa settimana verrà ricordata come una delle più calde degli anni recenti. E' cambiato il clima in Italia. E guardando quella colonna sbrecciata da una bomba, che era stata nascosta in un cestino la mattina del 28 maggio '74 nella piazza principale di Brescia, viene voglia di sperare che il clima, a 35 anni di distanza da quella strage (otto morti, un centinaio di feriti, tre inchieste giudiziarie, tanti processi e fino ad ora nessun colpevole)cambi anche da noi. E' un anno speciale questo trentacinquesimo anno dalla bomba alla manifestazione antifascista. E' l'anno nel quale mentre in piazza si commemora, nelle sale e nelle scuole della città si ricorda e riflette, a palazzo di Giustizia si tenta di percorrere l'ennesima strada che porta alla verità. Una verità lontana, dove più che le parole dei vivi, parlano le azioni attribuite ai morti (anche chi mise materialmente la bomba quel giorno secondo l'accusa è da tempo passato a miglior vita).
Fa un certo effetto sentir parlare degli eventi che hanno tristemente costellato la strategia della tensione degli anni '70, di quella guerra non convenzionale che voleva destabilizzare l'Italia con la complicità di apparati deviati dello Stato, da anziani incanutiti che spesso hanno bruciato la giovinezza in carcere (qualcuno, per troppa assiduità con le celle si è trasformato in delinquente abituale, senza nemmeno più una colorazione politica con la quale "nobilitare", si fa per dire, le proprie azioni) e che ora vorrebbero solo essere dimenticati. Stanati da una giustizia cocciuta (che di quegli anni ha da tempo individuato "il marchio di fabbrica", per usare le parole dell'allora Giudice istruttore Giampaolo Zorzi, colui che per primo inquadrò Brescia in un contesto di "guerra" nazionale) quei grandi vecchi dell'eversione nera non hanno perso la loro diffidenza, la loro indole reticente. Del resto sono in un'aula di giustizia e, persi gli appoggi e le coperture istituzionali degli anni '70, sono naufraghi di una stagione che tanti vorrebbero dimenticare e l'unica àncora di salvezza per loro ha spesso un solo nome: silenzio.
Un silenzio, a 35 anni di distanza, che allontana la svolta, la nuova stagione, quella più volte invocata da un uomo cocciuto come Manlio Milani, presidente dell'associazione dei famigliari delle vittime di Piazza Loggia, un uomo che ha fatto della memoria e della verità, come strumenti per capire chi siamo e dove vogliamo andare, le direttrici della propria quotidianità. Manlio Milani, qualche settimana fa, quando davanti al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nella giornata dedicata alle vittime del terrorismo, Gemma Calabresi, la moglie del commissario ucciso a Milano negli anni '70, e la vedova Pinelli, l'anarchico precipitato all'indomani della Strage di piazza Fontana (1969) da una finestra della Questura meneghina, si incontrarono, aveva parlato dell'inizio di un nuovo cammino in cui, nel nome della verità, iniziava la riconciliazione. Lo chiamano modello Sud Africa, perchè lo stato di Nelson Mandela chiuse i conti in sospeso con l'Apartheid, chiamando i carnefici a confessioni pubbliche davanti alle vittime. Così, esistono toccanti documenti in proposito, abbiamo visto poliziotti e membri di squadre speciali raccontare, davanti a madri distrutte dal dolore, uomini mutilati dalla crudeltà umana, quelle aggressioni fatte nel nome di uno Stato che, dopo anni, riconosceva le sue colpe e voleva voltare pagina.
Forse non è la sede adatta quella di un'aula di tribunale (dove si cerca una verità giudiziaria), ma quanto sarebbe bello se cadessero finalmente i veli di ipocrisia e i "non ricordo" sui mille depistaggi di quegli anni, sul ruolo di tanti "servitori" infedeli dello Stato, su quella guerra non convenzionale che si è combattuta in un'Italia che ha pagato con centinaia di morti, decine di attentati. Quanto sarebbe bello se si aprissero finalmente gli armadi, cadessero i segreti, si desse finalmente aria alle stanze nebbiose di un'epoca che ha lasciato solo dolore, silenzi e rabbia.
E' possibile che una nuova primavera rompa finalmente il ricordo uggioso di una giornata di maggio di 35 anni? Manlio Milani è convinto di sì: lo deve a sua moglie Livia; lo deve a Giulietta Banzi Bazoli, Euplo Natali, Luigi Pinto, Bartolomeo Talenti, Alberto Trebeschi, Clementina Calzari Trebeschi e Vittorio Zambarda. Volti e storie che da 35 anni cercano il riposo del giusto. E lo troveranno solo nella verità.

venerdì 22 maggio 2009

Salvate quest'uomo...

Salvate Marco Pannella, comunque la pensiate, è l'appello di tanti. Salvate quest'uomo:


Voglia di libri...

I nostri figli non leggono, tentati da tv, play station e consolle mobili che piaciono tanto anche ai grandi. Ma c'è chi, nel deserto, gira con un camion carico di libri: una biblioteca mobile per le scuole del Sahara. Guarda qui:

EL PAJARO QUE TRAE LA BUENA SUERTE from Irene Bailo on Vimeo.



PER SAPERNE DI PIU' SULL'INIZIATIVA CLICCA QUI.

giovedì 21 maggio 2009

Le città tra solidarietà e apartheid

1) «Ebbene, signori Consiglieri, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia! Ma non avete il diritto di dirmi: signor Sindaco non si interessi delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.). È il mio dovere fondamentale questo: dovere che non ammette discriminazioni e che mi deriva prima che dalla mia posizione di capo della città -e quindi capo della unica e solidale famiglia cittadina- dalla mia coscienza di cristiano: c'è qui in giuoco la sostanza stessa della grazia e dell 'Evangelo! Se c'è uno che soffre io ho un dovere preciso: intervenire in tutti i modi con tutti gli accorgimenti che l'amore suggerisce e che la legge fornisce, perché quella sofferenza sia o diminuita o lenita.Altra norma di condotta per un Sindaco in genere e per un Sindaco cristiano in ispecie non c'è! »
2) «Diecimila disoccupati, 3000 sfrattati, 17000 libretti di povertà. Poi le considerazioni: ..cosa deve fare il sindaco? Può lavarsi le mani dicendo a tutti: "scusate, non posso interessarmi di voi perché non sono statalista ma
interclassista?" » (Giorgio La Pira, 1904 - 1977)



Dopo le parole di ieri del Cardinal Dionigi Tettamanzi al Corriere della Sera si apre il dibattito sul futuro della città (Milano) un futuro che accomuna tante città, piccole o grandi,d'Italia. Un dibattito che, di questi tempi, in questa campagna elettorale non puo'non essere uno stimolo per salvare queste comunità che per dirla con Salvatore Veca - sono malate, sono spesso "non luoghi che secernano solitudini". E mentre il Cardinal Tettamanzi esorta a costruire comunità solidali, la Cei mette in guardia sul rischio apartheid dopo alcune uscite elettoralistiche che vorrebbero posti riservati sui mezzi pubblici agli italiani. Alla Cei replica Matteo Salvini, parlamentare leghista e autore della proposta: "Girando per la campagna elettorale - spiega - ho incontrato un paio di frati a Milano e alcuni preti in un comune del Bergamasco. In entrambi i casi si sono avvicinati ai nostri gazebo chiedendoci di tenere duro. Evidentemente la Chiesa reale, quella che sta sul territorio, soffre i problemi della gente molto più che il Vaticano. Dove di clandestini, si sa, ce ne sono pochini. A Milano e a Bergamo, invece, ce ne sono tanti, troppi". Chissà come la metteranno questi preti con il passo del Levitico citato proprio dal Cardinal Tettamanzi nell'intervista al Corriere: "Tratterete lo stranie­ro, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stra­nieri"?
In attesa che le urne dicano quali città vogliamo per i prossimi cinque anni consoliamoci con le parole di una sindaco, Giorgio La Pira, citate in apertura e con una provocazione che resta immutata: "Tettamanzi sindaco".

mercoledì 20 maggio 2009

C'è una speranza nelle città?


Il cardinal Dionigi Tettamanzi distilla sempre riflessioni interessanti. L'ultima è quella affidata oggi a Giangiacomo Schiavi sul Corriere della Sera sul ruolo della città di Milano alla vigilia di tante scommesse per il futuro, prima fra tutte quella dell'Expo. Il cardinale meneghino parla di Milano, ma potrebbe parlare di Roma o di Brescia, di Venezia o di Genova, perchè parla di una città che potrebbe essere la nostra città, una città smarrita, frantumata, incattività. Una città impaurita, una città non luogo fatta di tante città impenetrabili. "Ci sono tante città impenetrabili - osserva il cardinale parlando di Milano - la città della fiera e quella dell'Expo, della finanza, di un gruppo etnico, quella della periferia e del centro storico. Ma solo una città che ritrova l'ambizione della propria identità civica - pensata come sintesi viva di tutte le sue originalità - può tornare a fare appassionare al bene comune e a suscitare il desiderio di una partecipazione responsabile. Una città così ritiene dovere fondamentale garantire un'abitazione decorosa ai suoi abitanti, si preoccupa di tutelare tutti e in particolare i più deboli. Se in­vece si alimentano le contrapposizioni questa identità non si realizza, l’atteggiamento della cor­responsabilità decresce e scompare, ad alcune ca­tegorie di persone non vengono riconosciuti tutti i diritti". Parla di Milano, ma forse siamo un po' tutti milanesi in queste città dove il divieto diventa discriminazione, dove la paura e i timori diventano propaganda e le angosce si curano con la divisione e la contrapposizione invece che con la condivisione, la conoscenza dell'altro, la costruzione di una comunità che la storia ci ha dato contadina, che il futuro ci restituisce, giocoforza, multietnica e che qualcuno, forse, ci dovrebbe insegnare a gestire con meno pregiudizi e con meno paure.
Il cardinal Tettamanzi esorta a liberare le potenzialità di una città che un tempo fu capitale morale d'Italia. Quante rovine di capitali sparse per il paese ci toccherà ricostruire in questi anni? C'è un cardinale che ci dice che si può e mentre soffia la campagna elettorale con le sue esagerazioni, i suoi slogan spesso fuori misura, ci verrebbe voglia di sintetizzare anche noi un spot. Un messaggio che è allo stesso tempo, provocazione, riflessione e speranza: "Tettamanzi sindaco".

martedì 19 maggio 2009

Giustizia: ma stiamo lavorando per la giustizia?

A volte mi chiedo se si stia valorando per il bene della giustizia italiana, che - non dimentichiamolo - viene dopo quella dell'Angola per efficienza. Leggete questo editoriale apparso su La Stampa e scritto da Bruno Tinti, magistrato torinese di quelli che non le mandano a dire. Urge una riflessione seria.


Editoriali
19/5/2009 -
Il magistrato? Cieco per legge
BRUNO TINTI
Il Parlamento (beh, non esageriamo, il governo, che lo obbligherà a votare la fiducia) sta per emanare una nuova legge che impedirà al Pm di prendere, di propria iniziativa, notizia dei reati. Fino ad ora c’era l’articolo 330 cpp che faceva obbligo a Pm e polizia di non aspettare le denunce dei cittadini: se un reato era stato commesso e se il Pm se ne rendeva conto, doveva subito aprire un’indagine. In realtà proprio così sono cominciati molti processi importanti. Ne ricordo uno per tutti, aperto proprio da me, quand’ero procuratore aggiunto a Torino: Telekom Serbia, che permise di smascherare il complotto ordito nei confronti di Prodi, Dini e Fassino, accusati falsamente di aver intascato tangenti in occasione dell’acquisto fatto da Telecom Italia di una parte del pacchetto azionario di Telekom Serbia. Adesso il Pm non può più aprire un’indagine di sua iniziativa: se un reato è stato commesso la polizia deve mandargli un rapporto (oppure un privato cittadino deve fare denuncia); altrimenti niente, l’indagine non comincia e il processo non si fa.Proviamo a immaginare che un ladruncolo in perfetta salute entri in un commissariato e ne esca con la faccia pesta; ovvero che un indagato per violenza carnale, pur essendo innocente, confessi alla polizia d’averla commessa. Non solo un sagace Pm ma qualunque persona ragionevole immaginerà che il primo è stato pestato e che il secondo potrebbe averlo fatto perché minacciato o picchiato. Adesso, con la nuova legge, se le violenze eventualmente commesse dalla polizia vengono denunciate, il Pm aprirà un’indagine; se invece, come talvolta accade, verrà spiegato che le scale erano ripide e quell’incapace è inciampato; oppure che, in un momento di sconforto, il depresso di turno ha deciso di accusarsi di un reato mai commesso, non si potrà fare nulla. Certo, i due malcapitati potranno denunciare autonomamente il fatto; oppure lo potrà fare un collega o addirittura un superiore dei poliziotti che (forse) hanno pestato il primo e minacciato o torturato il secondo. Non sono situazioni molto frequenti.Oppure proviamo a immaginare che qualche politico accetti le consuete tangenti per favorire qualcuno dei suoi passati o futuri elettori; e che il risultato della corruzione sia un appalto che non doveva essere attribuito, una concessione edilizia contraria alla legge e al piano regolatore, una nomina a un importante incarico pubblico che non doveva avvenire, finanziamenti pubblici dati a chi non ne ha diritto oppure utilizzati per scopi non istituzionali. E proviamo a immaginare che uno dei tanti ispettori, funzionari, ufficiali di polizia giudiziaria di specchiata onestà e di grande capacità investigativa, che collaborano con le Procure della Repubblica, si renda conto dei reati che vengono commessi e cominci a indagare. E proviamo a immaginare che i ministri dll’Interno, della Difesa o delle Finanze (rispettivamente superiori gerarchici di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza), espressione di quella stessa classe politica che ha applaudito l’autocertificazione d’innocenza di Mastella, che ha immediatamente preso le difese di Del Turco, che ha ordinato le ispezioni negli uffici giudiziari che indagavano il governatore Fitto... ma l’elenco è sterminato; ecco, proviamo a immaginare che telefonino al prefetto, al questore, al comandante generale dell’Arma o del Corpo; e che ordinino (ne hanno la facoltà) di smetterla, di non fare alcuna indagine, di lasciar perdere. Cosa pensate che accadrà? E come si sentiranno i poliziotti, i carabinieri, i finanzieri che hanno lavorato come bestie e a cui verrà detto che non se ne parla nemmeno, tutto nel cestino?Per finire, provate a immaginare che cosa accadrebbe in Abruzzo, se il presidente del Consiglio, che ha già manifestato la sua insofferenza per le eventuali inchieste che la Procura della Repubblica dell’Aquila avrebbe potuto iniziare nei confronti dei criminali che avevano costruito i palazzi con la sabbia di mare, spiegasse ai ministri competenti che, adesso che si può per via della nuova legge, sarà proprio bene assicurarsi che Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza non facciano pervenire rapporti a questi Pm che fanno solo del male. Insomma, il Pm reso cieco per legge; e i suoi cani guida addestrati a obbedire ai comandi di qualcun altro.

(Da La Stampa.it)
"E' una tranquilla notte di Regime. Le guerre sono tutte lontane. Oggi ci sono stati soltanto sette omicidi, tre per sbaglio di persona. L'inquinamento atmosferico è nei limiti della norma. C'è biossido per tutti. Invece non c'è felicità per tutti. Ognuno la porta via all'altro. Così dice un predicatore all'angolo della strada, uno dall'aria mite di quelli che poi si ammazzano insieme a duecento discepoli. Ce n'è parecchi in città. Dai difensori dei diritti dei piccioni alla Liga artica. Siamo una democrazia. Ogni tanto, sul marciapiede, si inciampa in qualcuno con le mani legate dietro la schiena. Forse la polizia lo ha dimenticato la notte prima" (Stefano Benni - Baol)

Ma la crisi c'è, è passata, o il peggio deve ancora venire? Una domanda che si fanno in molti: i dati dicono una cosa, i politici un'altra, gli economisti un'altra ancora. Insomma c'è più confusione nelle ovattate stanze dei bottoni che in un antico mercato arabo. Avrà ragione Giulio Tremonti, ministro dell'Economia del Governo Berlusconi, o Massimo Mucchetti, giornalista economico, vice direttore del Corriere della Sera? Il primo ha detto proprio in un intervista al Corriere che siamo fuori dall'inverno dell'economia (anche se a giudicare da Pil, dati di produzione, cassa integrazione, progetti di ristrutturazione, non si direbbe), il secondo, in un dibattito pubblico a
Brescia (vedi il quotidiano Bresciaoggi), ha sostenuto il contrario: siamo sott'acqua (e speriamo sia solo acqua) e non è ancora tempo di riemergere. Noi, che di economia siamo un po' neofiti
ci guardiamo attorno smarriti e chiediamo: "risposte chiare e precise, please!". E' pretendere troppo?

venerdì 15 maggio 2009

Un libro al giorno....

"Uccidere un buon libro è quasi lo stesso che uccidere un uomo; chi uccide
un uomo uccide una creatura ragionevole, immagine di Dio; ma chi distrugge un
buon libro uccide la ragione stessa, uccide l'immagine di Dio, per così dire,
nell'occhio" (John Milton)
Nei giorni della fiera del libro di Torino chiediamoci quanto l'amore per la lettura possa essere anche l'amore per una riflessione meno volatile di uno spot televisivo. Se amassimo di più i libri, forse leggeremmo più giornali, avremmo un più spiccato gusto critico. Penseremmo di più con la nostra testa e, forse, non confonderemmo l'arroganza di un tronista per il nuovo senso della vita, un reality per la fatica di vivere, una balla per la nuova ricetta che ci salverà dalla crisi...

Ecco in video alcuni spunti per la lettura... e per la riflessioni:

INTERVISTA A GIUSEPPE CULICCHIA
CONFERENZA DI UMBERTO ECO

ALTRI SPUNTI SU:

giovedì 14 maggio 2009

La globalizzazione prende, la globalizzazione dà

Questa è una storia che potrebbe entrare a pieno titolo in quei reportage sulla crisi che fiacca la nostra economia, deprime le nostre vite e i nostri pensieri. E' la storia di Angela (il nome è di fantasia, la storia rigorosamente vera) dipendente di un'azienda con quasi duecento dipendenti della provincia bresciana. Una fabbrica storica del paese, che fabbrica freni e frizioni sin dagli anni '70 e che da tempo è il piccolo satellite di una galassia che ha testa in Germania: Brescia come l'India, periferia dell'impero della globalizzazione.
Così se la crisi morde forte il settore dell'auto la casa madre fa i conti con i bilanci in rosso e, come in ogni storia di globalizzazione che si rispetti, taglia lontano per non avere proteste sotto casa, per non incrociare sguardi che potrebbero imbarazzare. La crisi, a casa di Angela, però, è ancora più pesante, più devastante. Sì, perchè anche il marito di Angela lavora in quell'azienda macinando tutti i santi giorni il turno di notte per poter dare qualche tranquillità in più alla famiglia che deve crescere anche due figlie (una di 13 e l'altra poco più che 18enne). La messa in liquidazione dell'azienda fa franare ogni speranza per il futuro, fatto ora di ammortizzatori sociali e notti insonni. "Quando siamo andati a Roma, al ministero del lavoro per firmare l'accordo sulla mobilità e gli ammortizzatori sociali - racconta Angela, che era pure delegata sindacale nella fabbrica ormai chiusa - prima siamo stati in S.Pietro e abbiamo acceso un cero grosso così...".
Angela mentre parla stringe tra le mani una divisa da lavoro sulla quale si intravede un logo giallo e rosso dai tratti famigliari. Angela sorride: "Sai, qualche giorno fa mia figlia è stata chiamata a lavorare da Mc Donalds: contratto a tempo determinato di tre anni. Ora potremo contare anche su di lei". C'è una luce in fondo al tunnel in casa di Angela. E lei ne parla sollevando, quasi fosse un trofeo, quella divisa simbolo della globalizzazione. Una globalizzzione che spesso prende ma che, a volte, sa anche dare...


APPROFONDIMENTI:

La vita ai tempi della crisi. Leggi Lietta Tornabuoni su La Stampa


Una famiglia americana nella trappola dei debiti (video dal New York Time)

mercoledì 13 maggio 2009

Amministrative 2009, via alle danze...

Sabato 9 maggio nelle segreterie comunali dei 154 comuni della provincia di Brescia che rinnoveranno sindaco e consiglieri sono state scaricate quasi 350 liste, altrettanti aspiranti sindaci, oltre 4200 candidati alla carica di consigliere.
Che elezioni saranno quelle del 2009? Le elezioni in cui, probabilmente, il Centro - destra celebrerà il miglior risultato di sempre, riuscendo a conquistare (non è difficile prevederlo) anche qualche roccaforte della sinistra, fino ad ora risparmiata dallo tsunami del dopo-Prodi; le consultazioni elettorali in cui la Lega nord sanerà una contraddizione che agitava i sonni di molti militanti: il Carroccio è partito di maggioranza relativa in molti comuni bresciani, ma, fino ad ora, i sindaci che è riuscito ad esprimere si contano sulle dita di due mani.
E proprio per cercare di sanare questo deficit di rappresentatività ai vertici (evidenziato da molti militanti in una delle ultime convention del Carroccio) che le comunali 2009 verranno ricordate anche come le elezioni in cui le segreterie provinciali, almeno nel centro destra, l'hanno fatta da padrone. Giustamente orgogliosa, Viviana Beccalossi, coordinatrice provinciale del Pdl, ha evidenziato come con la Lega siano stati stretti accordi nell'80% dei comuni della provincia. Così gli ultimi giorni prima del deposito delle liste si sono consumati drammi che forse avranno qualche ripercussione amara nelle urne: a Montichiari la dirigenza leghista che aveva amministrato per 10 anni è stata sacrificata nel nome di una giovane candidata del Pdl, provocando uno scisma talmente forte (una vera e propria secessione della sezione locale della Lega che correrà nel nome di Elena Zanola, da sempre candidata in pectore del Centro destra) che il Carroccio non è stata in grado di formare una propria lista, mandando due esponenti di spicco come l'ex senatore Sergio Agoni di Offlaga e la consigliere regionale Monica Rizzi (camuna di Darfo) a rimpolpare la lista unica del Centro destra. A Palazzolo invece le scelte delle segreterie (l'assessore provinciale Alessandro Sala) sono piaciute poco ai militanti locali del Pdl, per i metodi e per la sostanza (almeno a giudicare dallo sfogo amaro e duro del sindaco uscente Silvano Moreschi su Bresciaoggi).
E il centro sinistra? E' sembrato più occupato a raccogliere in liste civiche (soprattutto dove si vota a turno unico)gli insoddisfatti (l'unico modo, forse, per tentare l'impresa impossibile) che a tracciare un percorso politico preciso e riconoscibile. E in qualche caso ha saputo anche usare uno strumento di democrazia come le primarie per esaltare le divisioni interne con il risultato di rendere ancora più in salita la strada della vittoria (è il caso di Ghedi dove il sindaco uscente Anna Guarneri, dovrà vedersela con un assessore della sua giunta).
Resta, in tutto ciò, il problema di sempre: la difficoltà di trovare nomi e volti nuovi per la politica. A parte qualche encomiabile eccezione (soprattutto nei centri più piccoli), ritroviamo ex sindaci tornati in pista dopo una sosta ai box, perchè cinque anni erano reduci da un doppio mandato, assessori provinciali spediti (si dice non senza qualche malumore)a correre nei comuni maggiori, anche se non quelli di nascita o di residenza (è il caso del leghista Aristide Peli da Polaveno che aspira alla carica di sindaco di Iseo) e vecchie glorie della politica che bevono l'amaro calice per attaccamento alla maglia.
Comunque dopo le ore convulse che precedono la presentazione delle liste, ora si balla, in una campagna elettorale all'ombra delle elezioni Europee e fra poco meno di un mese vedremo quanto le scelte fatte siano state gradite dall'elettorato.

venerdì 8 maggio 2009

Meno male che la Bonino c'è....

"Bisogna vivere come si pensa, altrimenti si finirà per pensare come si è vissuto" (Paul Bourget)

Il tema di "papi Silvio" e della richiesta di divorzio di Veronica Lario a Silvio Berlusconi non mi sembra particolarmente appassionante, ma nell'ultima puntata di Annozero l'argomento è stato lo spunto per far uscire la Emma Bonino dei tempi migliori, invitando i paladini della morale, i difensori (autonominatisi) della cattolicità ad un piccolo, grande impegno: quello della coerenza.
Ecco in questo video una Emma Bonino che dice le cose che molti pensano e che forse è ora che qualcuno le dica senza troppi timori.

giovedì 7 maggio 2009

La storia, la memoria, la riconciliazione

Sabato al Quirinale si ricorderanno le vittime del terrorismo e il presidente della Repubblica ha invitato Licia Rognoni vedova Pinelli, compagna di Giuseppe Pinelli "volato" da una finestra della questura di Milano il 15 dicembre 1969, nei giorni delle concitate indagini dopo la bomba di Piazza Fontana, a sedere accanto a Gemma Calabresi, la moglie del commissario Pietro, assassinato dopo che contro di lui si era ordita una campagna d'opinione che lo indicava come uno dei coprotagonisti di quella morte.
Una notizia che riporta ad anni bui, ma che manda un po' di colore tra le istantanee di quegli anni rigorosamente in bianco e nero. Una luce e un colore che si chiama riconciliazione senza colpi di spugna. Ancora una volta è Manlio Milani dei famigliari delle vittime di Piazza Loggia a Brescia a farsi carico di lanciare un appello forte: "Lo stato finalmente ammetta le sue colpe, si apra una stagione nuova - ha spiegato al Corriere della Sera -. Ascoltando la voce di tutte le parti, nessuna esclusa, potrà essere delineato con precisione il quadro storico che determinò i fatti". Si chiama modello Sud Africa, dove gli odi dell'apartheid furono leniti solo quando vittime e carnefici si sedettero l'uno davanti all'altro e si dissero tutto in un confronto che rimarrà nelle menti di tutti. Sarà possibile anche in Italia portare un po' di luce nella "notte della Repubblica"? Molte cose dovranno cambiare, a partire dalle norme sul segreto di Stato, ma forse dall'incontro Calabresi-Pinelli potrebbe nascere una stagione nuova.
E basta vedere i vecchi incanutiti testimoni di quegli anni, che in queste settimana passano nelle aule di giustizia bresciane dove è in corso il terzo processo sulla Strage di Piazza della Loggia per capire che è arrivato il momento della verità riconciliatrice. Di una stagione nuova che dia aria ai fascicoli "top secret" e alle coscienze di ognuno.

Ecco un video in ricordo della strage di piazza Loggia...

martedì 5 maggio 2009

Prostituzione, basta la tolleranza zero? C'è chi ha ricette alternative

Si fa presto a dire prostituzione, si fa presto anche a toglierla dalle strade pensando di far sparire il problema con i suoi drammi e i suoi sottoboschi criminali. Ma c'è chi ha ricette alternative alla tolleranza zero. Basta leggere "Marciapiedi" il nuovo saggio di Carlo Alberto Romano (docente di Criminologia all'Università di Brescia) che ha deciso di presentarlo nei giorni scorsi in antemprima alle detenute del carcere di Verziano a Brescia in un pomeriggio intenso davanti ad una platea che ha spesso vissito sulla propria pelle ciò di cui disserta il libro. Ecco l'articolo che compare oggi sul quotidiano Bresciaoggi.




Quanto costa una donna da avviare alla prostituzione? Dai mille ai 14 mila
euro. Qual è il fatturato annuo dei trafficanti? Dai 2 e mezzo ai 74 milioni
di euro. E il fatturato annuo degli sfruttatori? Dai 475 ai 950 milioni di
euro. Le cifre sono quelle dell’analisi "Transcrime 2000" e sia pur pescando
in un sommerso criminale che non fa lo scontrino dà il polso di un fenomeno
che, nonostante provvedimenti anche recenti, pulsa ancora nelle strade e
nelle notti di tante città. A parlare del fenomeno a Brescia è ora il saggio
«Marciapiedi - La prostituzione nella Brescia contemporanea», pubblicato da
Carlo Alberto Romano, docente di Criminologia all’Università di Brescia, per
i tipi di Liberedizioni Brescia, con il quale la casa editrice cittadina
avvia la collana Bs64, sessantaquattro pagine per conoscere la nuova
Brescia.
E Carlo Alberto Romano coglie a pieno lo spirito della collana, dando in 64
pagine inquadramento storico, analisi statistica, valutazione prospettica
sul futuro di un fenomeno che a Brescia ha radici profonde. Così se Marin
Sanudo, viaggiatore della Repubblica Veneta del 1483 descriveva Brescia come
città «fornida di fontane, campane et putane», negli anni ’90 la
magistratura bresciana fu una delle prime ad utilizzare il pugno di ferro
della «riduzione in schiavitù» per punire le bande di sfruttatori. Così se
all’antica arte del meretricio Brescia aveva dedicato vie, case e quartieri,
alla nuova prostituzione i bresciani hanno saputo dare un aiuto concreto con
il lavoro contro corrente di associazioni come Imp-sex, che hanno tolto
dalla strada tante ragazze.
«Marciapiedi» è in distribuzione nelle librerie, ma Carlo Alberto Romano ha
scelto, per l’anteprima del saggio, una location particolare (il carcere di
Verziano) e un’altrettanto singolare platea (le ospiti della sezione
femminile del penitenziario cittadino). Una presentazione introdotta da uno
spettacolo delle ragazze della Quinta A del liceo linguistico Gambara
ispirato alla piaga della prostituzione.
«Non bisogna arrendersi davanti all’ipocrita rassegnazione che il problema è
sempre esistito» ha spiegato il professor Romano, davanti ad una platea i
cui sguardi, in alcuni casi raccontavano, storie non troppo diverse da
quelle portate in scena dalle ragazze del Gambara. «Non arrendetevi - ha
continuato - alle imposizioni e alla violenza. Non esiste solo la schiavitù
di chi impone, ma anche la schiavitù di chi vi dice che non potete fare
altro. Fatevi testimoni della non eludibilità della situazione».
Un appello che voleva scaldare i cuori di vite faticate e che sta anche
nella sintesi che Carlo Alberto Romano vuole affidare a «Marciapiedi»: «una
possibile, forse l’unica, forma di contrasto alla prostituzione - scrive - è
l’integrazione delle persone coinvolte, senza paura di dover contrastare
immotivati, transitori e velleitari livelli di contrasto ideologico basati
sul tentativo di intercettare gli umori reazionari di una emotività
superficiale e contingente». Insomma, ridare valore alla persona e alla
convivenza in una Brescia che non deve essere più solo ricordata per
«fontane, campane et putane».
Marco Toresini
(da Bresciaoggi del 5 maggio 2009)

venerdì 1 maggio 2009

Il primo maggio nell'anno della crisi

E' il primo maggio dell'anno della crisi, è il primo maggio della globalizzazione dell'incertezza. Speriamo diventi il primo maggio della fiducia che da storie come quelle raccontate qui sotto, ci possa tornare a ricostruire il futuro.

1) Stati uniti d'America, voci e volti dal crepuscolo dell'economia....



2) La crisi anche nella provincia italiana si è portata via fabbriche simbolo, mezzo di sostentamento per intere famiglie. Qui sotto una manifestazione della Tmd friction di Orzinuovi (Brescia), messa in liquidazione dalla casa madre tedesca: 200 famiglie senza lavoro e tante storie da raccontare. Lo faremo nei prossimi post...




Che dire ora: buon primo maggio a tutti.