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venerdì 17 aprile 2009

Pronti, via. E' tempo di votare

Anche quest'anno ci tocca. Nel senso che come quasi ogni primavera inoltrata dovremo fare i conti con le urne e le elezioni. Quest'anno accanto alle Europee e - forse, che più forse non si può - ai referendum ci sono le elezioni amministrative generali, ovvero il rinnovo di buona parte delle Province e delle amministrazioni comunali d'Italia. In provincia di Brescia ciò vuol dire che verrano rinnovati 154 consigli comunali, ovvero più di tre quarti dei comuni che la compongono (sono 206, capoluogo compreso).
Che vigilia si sta vivendo? Il Centro destra sogna il cappotto, la Lega, tornata quella dei tempi d'oro, scalpita e vuole contare in termine di uomini quanto il suo peso elettorale gli permette di capitalizzare, il Centro sinistra è sulle difensive e cerca di fare argine all'onda di piena preparandosi almeno a preservare dal ribaltone le vecchie roccaforti che costellano, soprattutto, l'hinterland cittadino. Ma, si sa, le elezioni comunali sono un animale strano: comuni che da sempre sono un serbatoio di voti per una coalizione politica, possono riuscire a regolare i conti con il primo cittadino uscente rinnegando, sulla scheda azzurra del sindaco, ogni patto di fedeltà a questo o a quello schieramento nazionale; elettorati apparentemente moderati, possono premiare, contro ogni pronostico, outsider che sono un'incognità, stizziti dalle troppe beghe di chi è al governo.
Insomma, è come addentrarsi in un campo minato, quasi a occhi bendati visto che repentine crescite demografiche, nuovi arrivi e tante partenze rendono il corpo elettorale di molti comuni difficilmente leggibile anche dal più fedele interprete del territorio.
Movimenti, coalizioni, liste civiche, lavorano ormai a pieno regime, invadono la rete e le cassette della posta, fanno conferenze stampa e lanciano proclami per una politica diversa e per un comune più vivibile. Ma tutti, o quasi, hanno un problema: trovare volti nuovi. Tempo fa Romano Prodi, parlando ad un seminario nel Regno Unito, spiegò che in Italia non c'è più chi forma, in politica, una classe dirigente, prerogativa un tempo di tante scuole quadri dei partiti e di tanti oratori dove la dottrina sociale della Chiesa diventava spesso cimento di impegno amministrativo alla guida di un comune.
Così, ecco ricomparire ex sindaci messi cinque anni fa in quarantena perchè non più eleggibili dopo due mandati consecutivi, vecchi politici che avevano masticato di giunte e consigli anche in amministrazioni lontane e, addirittura, ecco prendere corpo voci che vogliono il sindaco uscente e non più eleggibile cercare di indossare la fascia tricolore del comune attiguo, una variante alla prassi del "sindaco ombra", il primo cittadino uscente che passa il testimone ad un suo delfino, dal quale ottiene poi il ruolo di vice, per continuare, nella sostanza, a decidere il menù nei banchetti che contano.
Insomma nella politica italiana il problema del ricambio esiste sin dalle sue diramazioni più periferiche. Ma ci sarà mai una via di mezzo tra il sindaco "professionista" e il dilettante allo sbaraglio? Troveremo mai volti giovani e motivati disposti a lavorare con spirito di servizio e competenza amministrativa?

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