"Una casalinga che vince un milione di euro - scrive Michela, 43 anni, una laurea in tasca carica di aspettative per il futuro - al «Milionario», magari avrebbe fatto notizia in qualsiasi Paese. Ma nella nostra Italia, oggi, a fare notizia dovrebbe essere soprattutto il fatto che quella casalinga, che poi sarei io, non lo è per scelta, ma per necessità. Preferisco dire che sono casalinga solo perché suona meglio che disoccupata, ma la casalinghitudine non fa per me. Sento che potrei dare qualcosa a questa società. Ma, fino ad oggi, non ne ho avuto l’occasione. O non me l’hanno data. Per questo non dovete stupirvi se, mentre la prima cosa che salta in mente a chi vince una somma come quella che ho vinto io è, di solito, «finalmente smetterò di lavorare», io un lavoro mi auguro invece di iniziare a farlo".
Ma Michela non si fa illusioni: il motore con cui si avanza in questo Paese è un altro e sembra stare un po' più sotto del collo, sul quale dovrebbe poggiare ciò che fa di una persona un individuo di qualità. "L’Italia non è un Paese per intelligenti - continua Michela, consapevole di non avere il fisico da velina -. E’, piuttosto, un Paese culturalmente allo sbando, dove quasi tutti pensano solo ad apparire, dove l’apparenza conta più dell’intelligenza, come anche recenti vicende, stando almeno a quel che ne scrivono i giornali, sembrerebbero dimostrare. Non so se quella sia l’immagine reale del Paese, di sicuro è quella che passa. Dunque, meglio bella e scema che intelligente senza il fisico? Francamente, non me lo sono mai chiesta. Certo, qualche volta mi sono detta: tornassi indietro, farei la parrucchiera".
Tommaso Padoa Schioppa
Parole amare, ma sfoglio lo stesso giornale e leggo il direttore del quotidiano di via Solferino, Ferruccio De Bortoli, che commenta la commemorazione, all'Università Bocconi, di Tommaso Padoa Schioppa, l'economista scomparso a Roma il 18 dicembre scorso. La commemorazione, alla presenza del presidente Giorgio Napolitano, è stata per De Bortoli "l'occasione per provare un sentimento che spesso colpevolmente tratteniamo: l'orgoglio di essere italiani. E' assai raro ascoltare dalla voce di prestigiosi protagonisti del processo di unità europea o della finanza mondiale omaggi così lusinghieri al ruolo che gli italiani hanno svolto nel rendere possibile la moneta unica o nello scrivere le regole dei mercati. Un contributo insostituibile d'intelligenza, umanità e cultura che ha avvicinato governi e popoli, costruito ponti dalle architetture ambiziose, invisibili solo ai nostri occhi, colpiti da improvvisa miopia storica".
Continuo a sfogliare il giornale e trovo un'arzilla vecchietta classe 1922 di nome Margherita Hack che ha deciso di spiegare, lei astrofisica di fama mondiale, le stelle ai bambini in un programma tv su un canale per i più piccoli (Deakids). Di intelligenza ce n'è tanta in questa donna che all'acume ha affiancato una combattività invidiabile anche a 88 anni. "La divulgazione è importante - spiega la Hack - perchè c'è tanta disinformazione".
Margherita Hack
Chiudi il giornale e mediti su questi tre incontri virtuali per concludere che forse c'è ancora un po' di speranza per questa Italia, "L'orgoglio può apparire un peccato di presunzione, un'ingenuità da sognatori - osserva De Bortoli -. Ma questo è il momento in cui ne abbiamo più bisogno. E speriamo che la prossima occasione pubblica nella quale si possa essere orgogliosi del proprio Paese non coincida con il ricordo di un italiano che non c'è più". E, in effetti, l'Italia di oggi non sarà un paese per intelligenti, ma forse la nostra storia ci dice che il futuro potrebbe essere diverso. Sembra crederci anche Michela, la "casalinga" laureata e milionaria: "La mia rivincita di oggi, arrivata dopo tante porte sbattute in faccia, sarà un esempio per loro, una speranza? Chissà. A me, in fondo, basterebbe che quel che mi è successo spingesse tante mamme a dire ai loro figli: studia, che così un giorno vincerai al Milionario".
Chiudi il giornale e ti alzi rinfrancato. Almeno un po'...
"Viviamo in un'epoca promettente e drammatica che merita d'essere intensamente studiata, capita, vissuta. Questa è la verità. E in un'epoca come questa anche il mio vecchio mestiere di cronista - che teme soprattutto i momenti di banalità - torna ad essere, continua ad essere, il più bel mestiere del mondo". Piero Agostini (1934 -1992)
(dall'editoriale di insediamento alla direzione di Bresciaoggi - 12 gennaio 1990)
Il buon giornalismo
"Per fare buon giornalismo non ci vuole un'intelligenza superiore ma tenacia.Bisogna capire che un buon reportage è anche noia: bisogna esserci, aspettare,
stare concentrati, guardare tutto con grande cura, ascoltare con attenzione e preoccuparsi sempre di cercare il senso di ciò che si vede. E bussare, bussare
continuamente alle porte. Forse il mio motto potrebbe essere sintetizzato così: "toc-toc". E' questa la tenacia"
David Remnick
direttore del "New Yorker"
(da Mario Calabresi: "La fortuna non esiste" Mondadori)
Al servizio dei lettori
"Esprimi il tuo pensiero in modo conciso perché sia letto, in modo chiaro perché sia capito, in modo pittoresco perché sia ricordato e, soprattutto, in modo esatto perché i lettori siano guidati dalla sua luce".
"Una stampa cinica e mercenaria, prima o poi, creerà un pubblico ignobile".
Joseph Pulitzer (1847 – 1911), giornalista ed editore ungherese naturalizzato statunitense.
Giornalisti, giornalisti...
La citazione
A dio (fermo posta) "Eri - come la "lettera smarrita" di Pöe, nello spazio impensabile perché scontato. Eri - e sei, ora ho capito - fra le parole che ho tanto usato ed osato. Sempre ci sei stato, eri lì, ci sei ancora, e voglio decifrarti,stanarti, usando sì le parole ma in modo diverso, e in diverso modo la follia, il mestiere con cui la parola mi diventava grafia, mania, nodo, vuoto suono od effetto; e fola. Solo quello so fare, solo lì speranza che Tu adesso compaia,perfetto, magari in rima ma rimando con te stesso, in un metro o in un altro. Tu puoi elevare al cielo qualunque prosodia; purché Tu appaia, le fruste parole si faranno Parola e col mio io sepolto finalmente parlerai, che mai è stato quel ch'era forse destinato ad essere, un Io mancato, strangolato. Parlami a perdifiato. Ti cedo, ogni suono o silenzio; e già Ti vedo emergere da quella pila di parole inutilmente ... di parole inutilmente sparse nel cassetto, cancellarne rime e rumore, facendone linguaggio perfetto d'amore. Cancella anche me, cambiami, conducimi, ri-traducimi, parla Tu per sempre, Signore"
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