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lunedì 9 novembre 2009

La Chiesa povera e libera di Benedetto XVI e i talenti di un umile bresciano



Cosa resta della visita di Benedetto XVI nella Brescia di Paolo VI e Sant'Arcangelo Tadini?. Frughi nelle tasche dopo una domenica di pioggia, freddo e tanto entusiasmo per un Papa che, dopo Giovanni Paolo II capace, pur piegato dalla malattia, di far tremare lo stadio Rigamonti nel 1998 reggendosi al pastorale, pensavi poco portato ad infondere quell'empatia che forgia i carismi, e ti ritrovi con tre talenti da far fruttare e un soldo bucato di cui non sai che fartene.
Il primo talento che ti ritrovi tra le mani è quello di un Papa che rompe il protocollo e saluta la gente davanti alla chiesa di Botticino; che parla di un parroco dal carattere non facile che guardava agli operai, al mondo del lavoro come ad una missione; che parla di San Tadini come di maestro, di un esempio da seguire per aiutare il prossimo, con un pensiero che va alla crisi. Quella stessa crisi che, un'ora dopo si concretizzerà all'offertorio della messa papale con la presenza di tre operai delle aziende bresciane in difficoltà. Il primo talento è anche quello di un Papa che si ferma, benedice e prega, davanti ad una stele in piazza della Loggia, davanti ad una colonna sbrecciata il cui marmo ha martoriato a morte le carni di otto persone in una giornata altrettanto piovosa del 28 maggio 1974. E', questo primo talento, il talento di una Chiesa che sa e deve parlare innanzitutto al cuore, alla città, al vivere quotidiano. Una Chiesa che senti vicina, che sa rispondere all'Sos delle tue fatiche, delle tue sofferenze, delle tue difficoltà.
Il secondo talento è quello predicato in piazza Duomo, quello che racconta di una Chiesa "povera e libera" che sappia parlare al mondo, la Chiesa della vedova povera che mette in un obolo tutte le sue sostanze, la Chiesa del parroco degli operai e della dignità del lavoro, la Chiesa del Papa che scrisse l'"Ecclesiam suam" nella quale - sono parole di Benedetto XVI - "si proponeva di spiegare a tutti l'importanza della Chiesa per la salvezza dell'umanità e l'esigenza che tra la Comunità ecclesiale e la società si stabilisca un rapporto di mutua conoscenza e di amore". Un rapporto che per la Chiesa deve rimanere centrale.
Il terzo talento è quello di una Chiesa che educa ai pensieri forti. "Papa Montini - ha ricordato Ratzinger - spiega che il giovane va educato a giudicare l'ambiente in cui vive e opera, a considerarsi come persona e non numero nella massa: in una parola ad avere un "pensiero forte", capace di un "agire forte". Paolo VI con coraggio indicò la strada dell'incontro con Cristo come esperienza educativa liberante e unica vera risposta ai desideri e alle espirazioni dei giovani, divenuti vittime dell'ideologia". Insomma una Chiesa che educa al coraggio di essere cristiani, alla tenacia di testimoniarlo non conformandosi alla mentalità del mondo.
Guardo questi tre talenti tra le mani e mi verrebbe voglia di sotterrarli aspettando tempi migliori. Aspettando una Chiesa veramente povera e libera, veramente vicina alla comunità, veramente proiettata verso "valori forti" anche se anticonformisti e invisi ai "carrieristi figli di Zebedeo" (per dirla con Cesare Trebeschi in un un'intervista a Bresciaoggi di qualche giorno fa). Li rigiro tra le mani e poi penso che anche io sono Chiesa e forse, questa Chiesa in difficoltà merita qualche sforzo di testimonianza, qualche prova di coraggio, come quella civile di Paolo VI davanti al dramma del sequestro Moro.
E il soldo bucato? Eccolo qui: porta incise le frasi fatte di quei politici che "parlano di radici cristiane" come se fosse l'etichetta di un paio di jeans o brandiscono il crocefisso (non fa nulla se lo hanno tolto dal muro senza coorgersi che era coperto di polvere e dimenticato da tempo) brandendolo come una spada per una battaglia tutta politica, tutta ideologica. Una battaglia tanto, troppo, lontana da quella Chiesa "povera e libera" che si specchia dell'obolo della vedova.

Ps. Sul tema del crocifisso e della sentenza della Corte Europea consiglio la lettura di una riflessione di padre Marcello Storgato e di un intervento di Raniero La Valle ospitati su sito bresciano di "Religioni per la Pace"




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