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lunedì 17 gennaio 2011

Yara Gambirasio: è giusto il silenzio?

I famigliari di Yara Gambirasio, la ragazza di 13 anni, scomparsa ormai da una cinquantina di giorni in provincia di Bergamo, e il sindaco di Brembate di Sopra, Diego Locatelli, hanno chiesto agli organi di informazione il silenzio stampa e alle troupe televisive di togliere il disturbo da via Rampinelli, la strada nei pressi della casa della ragazzina fino a ieri popolata di fly (i furgoni con le parabole per le trasmissioni via satellite) e telecamere. Una richiesta, hanno spiegato, per fermare la morbosità e le illazioni su questa vicenda, i falsi scoop e le ipotesi spesso fantasiose che hanno popolato questi cinquanta giorni di vane ricerche. Un'accusa che ha toccato soprattutto le tv, dove la vicenda continuava a popolare i pomeriggi in diretta e dove diventa necessità mediatica, per reggere la lunga distanza, vivisezionare ogni piccolo indizio, ogni piccolo sussurro, anche se destinato a spegnarsi nel giro di poche ore o in una semplice smentita.
Ma è giusto il silenzio su un caso come quello di Yara Gambirasio? E' la scelta migliore? E' sicuramente una richiesta strana, fuori dagli schemi classici: il silenzio stampa viene chiesto, su indicazione degli inquirenti, nei casi di sequestro di persona a scopo di estorisione sin dalle prime battute della vicenda in modo da poter stabilire un contatto in tranquillità e per evitare che fughe di notizie compromettano le trattative. Qui sono ormai trascorsi quasi due mesi e se di sequestro di persona si è trattato, l'estorsione non sembra il fine al quale mirano i rapitori. Dunque la richiesta di silenzio stampa arriva dalla famiglia e da un paese comprensibilimente esasperati e devastati da una tensione che sfianca. Ma siamo sicuri che la richiesta non giustificata da esigenze di indagine sia la scelta migliore per la famiglia? Siamo sicuri che spegnere completamente i riflettori  su questa vicenda non voglia dire spegnere anche l'attenzione sulle sorti di Yara?
Ma siamo sicuri che senza telecamere e taccuini gli sforzi investigativi non finiscano, nel giro di qualche giorno, per diventare semplice routine, sicura anticamera di ogni caso insoluto? Basti vedere come l'indagine ha mosso i primi passi, con i suoi balbettamenti, i passi falsi, gli errori, per capire quanto la presenza massiccia dei media abbia imposto agli stessi inquirenti (sempre attenti all'immagine pubblica del loro lavoro) un salto di qualità con la messa in campo degli esperti dello Sco della Polizia, dei Ros dei Carabinieri, con le tecniche che siamo abituati a vedere nei telefilm di Fox Crime.
Forse, più che nuocere al caso, l'attenzione dei media, sia pur con tutte le distorsioni e gli eccessi della categoria, è servita di stimolo, di sollecitazione, è servita a far sentire meno sola anche la famiglia Gambirasio. Insomma: temo che senza i riflettori delle dirette la notte di Brembate possa essere più buia e più fredda per tutti. Su L'Eco di Bergamo il direttore Ettore Ongis ha scritto ha firmato un intervento sul tema carico di umanità e di buon senso, che, da giornalista, mi sento di condividere. Eccolo:

Aderiamo alla richiesta della famiglia Gambirasio di far calare il silenzio stampa sul caso di Yara, pur senza nascondere che lo facciamo a malincuore. Avremmo preferito continuare a tenere informata l'opinione pubblica e la popolazione bergamasca sugli sviluppi di questa tristissima vicenda, e di farlo con la misura, l'attenzione e la partecipazione con cui abbiamo cercato di seguirla in questi 50 giorni.
Da lunedì sia sul giornale che sul sito internet non daremo più notizie relative all'inchiesta - a meno che non si venga a conoscenza di una svolta nelle indagini - limitandoci a riferire di iniziative pubbliche o di testimonianze di affetto e solidarietà che sappiamo essere in programma nei prossimi giorni.
La scelta della famiglia, condivisa dalle autorità di Brembate Sopra e dagli inquirenti, scaturisce da un giudizio negativo su come una parte dell'informazione, e in particolare quella televisiva, ha trattato (purtroppo in molti casi maltrattato) le poche notizie su Yara, la comunità di Brembate e alcune realtà chiamate in causa anche se totalmente estranee ai fatti.
Ci sono stati colleghi che hanno diffuso informazioni infondate, seminato sospetti, elaborato teoremi, col rischio reale di intralciare le indagini degli inquirenti. Sotto accusa sono soprattutto certi programmi di informazione-intrattenimento nei quali, in assenza di notizie, troppo spesso sono prevalse le chiacchiere ripetute all'infinito.
Comprendiamo dunque la stanchezza di un paese che da 51 giorni vive con i riflettori puntati in faccia. Dal canto nostro, per quanto possibile, abbiamo cercato, anche partecipando ad alcuni di questi programmi, di stare ai fatti e di ridimensionare le fantasie.
Nell'assecondare la richiesta di silenzio, ci permettiamo però di fare presente alcune questioni. Innanzitutto abbiamo l'impressione che non basterà un appello a fermare i media. Il rischio potrebbe essere, paradossalmente, quello di lasciare il campo libero a chi fa un giornalismo senza tanti scrupoli, a danno di quanti invece lavorano con coscienza e rigore professionale.
C'è solo un antidoto al cattivo giornalismo, ed è il buon giornalismo. In secondo luogo, l'attenzione della stampa se da un lato rischia di essere troppo invadente, dall'altro può contribuire a non far abbassare la guardia su una vicenda che ha avuto un forte impatto sulla vita di tutti.
Ecco perché ci sembra eccessivo il perentorio invito degli amministratori a sgomberare il suolo pubblico di Brembate. Quello che non vorremmo si verificasse, è che il silenzio stampa, con l'andare del tempo, diventasse silenzio tout court. Questo sì che sarebbe grave.

Ettore Ongis

 

2 commenti:

Botta e risposta dal profilo facebook di Marco Toresini ha detto...

Gabriella Rovati: Perchè, il putiferio per Sarah oltre che per i giornalisti ha reso qualcosa di utile?

Daniela Rossi: Purtroppo sì, a mio parere - i media sono uno strumento molto potente e spesso emerge solo un certo tipo di giornalismo, quello peggiore - rispetto la scelta dei Gambirasio ma la trovo poco utile: in questi casi, come si chiede consulenza a un legale, servirebbe un esperto di comunicazione per gestire i rapporti tra la stampa, gli inquirenti e le famiglie

Gabriella Rovati: MHA!

Daniela Rossi sono convinta che una gestione strategica delle informazioni sarebbe di grande aiuto alle indagini, anche solo per evitare che televisioni e giornali pubblichino certe porcherie

Gabriella Rovati peggio di quello che si è fatto nel sopra citato caso penso sia impossibile, per cui, probabilmente hai ragione, forse.

mimma ha detto...

Onesamente ho sempre pensato che gli estremi o comunque gli eccessi non vadano mai bene. Se la famiglia Gambirasio non ha la minima intenzione di comparire in trasmissioni o "salotti" TV come dalla Durso o in altre sia della RAI e delle Reti Commerciali, dove in modo schizzofrenico si passa dalla cronaca nera a quella rosa, hanno pienamente ragione. Comprendo anche il loro immenso dolore per come hanno perso
la figlia. Già il fatto di sopravvivere ad un figlio è la cosa più innaturale della vita e il modo come è morta la piccola Jara è ancor meno accettabile.
Aggiungo ora un PERÒ: sono proprio sicuri che sia stato Massimo Bossetti? Soprattutto dopo quanto sta emergendo grazie alla sua difesa, i dubbi non mancano.
Ci sono dati oggettivi che fanno sorgere più di qualche dubbio sulla sua presunta colpevolezza, soprattutto perché la controparte che lo ha già condannato, non da modo ai suoi legali di mettere in luce in modo più chiaro tutte le criticità della sua condanna. Come se lui dovesse essere il colpevole e basta! Nemmeno se comparisse un video che lo scagionerebbe, chi lo considera come l'omicida della ragazzina, non si smuoverebbe di un cm. dalla propria posizione. La famiglia di Jara in questo suo silenzio, non ha mai solo ipotizzato che forse il vero assassino è ancora libero e quando le "acque" si calmeranno, potrà uccidere ancora?
Perché poi tutta questa necessità da parte della famiglia Gambirasio, di "riabilitare" la disgrazia che li ha "toccati"?
Poichè ho avuto più volte l'impressione che abbiano soprattutto il bisogno di "santificare" l'immagine di Jara come per epurare un loro disagio dovuto dalla violenza sessuale che avrebbe subìto la figlia, tra l'altro quando era ancora minorenne.
Ho notato quindi questa loro ansia di allontanamento nei confronti non solo dalla disgrazia per andare avanti con la vita, com'è comunque possibile riuscirci dopo una "botta" di questo tipo, ma anche dall' "onta" che hanno subìto perché trattasi di omicidio a sfondo sessuale!
Tutto ciò poi potrebbe indurre a individuare anche da parte della famiglia, con troppa fretta l'assassino in Bossetti? Allora mi chiedo anche se questo silenzio non celi invece qualche loro lecito dubbio...forse già espresso a chi di competenza...