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lunedì 31 gennaio 2011

Da Tettamanzi al Guardian: lezioni di giornalismo

Dionigi Tettamanzi da www.chiesamilano.it
In questi giorni in cui chi condivide con me una professione non sempre facile sta guadando il fango di un'Italia che meriterebbe ben altri scenari, viene da chiedersi se siamo ancora capaci di raccontare il mondo che ci sta accanto. Ne parlavo giusto una settimana fa con alcuni colleghi prendendo ad esempio la crisi economica che ancora ci agita: siamo stati capaci di raccontarla in modo efficace? Puntuali sì nel registrare i bollettini sindacali fatti di vertenze e, spesso, di chiusure e le messe cantate istituzionali in cui si promettevano grandi interventi che si sono rivelati bruscolini, ma non sempre efficaci nel riferire il disagio delle famiglie, le lotte dei lavoratori, le storie spesso minoritarie di chi stava ai margini dei grandi giochi, ma che non per questo non dovevano essere raccontate.
Siamo stati dei mediatori credibili e completi della realtà? E' un tema sul quale vedo un giornalismo sempre più distratto, sempre più impaurito, sempre più stanco. Un giornalismo che tende ad identificarsi con le tesi piuttosto che con i fatti. Così raccontiamo spesso una realtà dalle parole dei politici, abbeverandoci ai comunicati stampa, alle conferenze piene di flash e di microfoni, perdendo il senso dei fatti, o meglio, raccontando solo una realtà parziale, spesso gratificante per chi la racconta, ma palesemente incompleta per chi la legge sui giornali, al bar come sulla panchina del parco. L'esempio classico (giusto per non parlare di politica, ma andandoci vicino) è il tema emergenza criminalità che affiora nelle cronache come le fasi lunari nel calendario: con regolarità. Ma non perchè vi siano improvvise recrudescenze o perchè il problema sia definitivamente risolto, ma semplicemente perchè l'allarme o la quiete apparente sono funzionali ad una tesi e non ad un fatto. Basta poco per capirlo: basta sentire la gente, raccontare di interi quartieri visitati dai ladri per comprendere che gli incontestabili sforzi non hanno risolto il problema; basta uscire da una conferenza stampa delle forze dell'ordine e chiedere agli agenti che controllano il territorio come è andato il turno per sentirsi dire, come è capitato a me, rimasto vittima di un tentativo di furto: "questa notte i ladri ci hanno fatto impazzire".
Ma dovremmo raccontare la realtà, anche quella scomoda ai potenti, senza tentazioni da notizia spettacolo, senza costruirla ad uso e consumo dei lettori.
Lo hanno spiegato sabato a Milano due giornalisti autorevoli come Enrico Mentana e Mario Calabresi e un cardinale illuminato come Dionigi Tettamanzi. Insieme celebravano San Francesco di Sales, patrono dei comunicatori, in un confronto ricco di spunti.
«Nel caso Ruby, per esempio, cos’è il fatto? - ha spiegato Mentana - Il caso giudiziario o il quadro dei “valori” di una generazione che emerge dalla vicenda? Dovremmo piuttosto chiederci se comportamenti come questi sono poi così distanti dalla società. O quanto questi valori non verranno assorbiti dai tanti laureati di belle speranze, delusi perché costretti a lavorare in un call center».
Ma dove stanno le notizie vere? «Un Paese che sembra preda di un litigio isterico permanente. Personalizzazione, esasperazione, drammatizzazione, contrapposizione sono il “sale” con il quale si tenta di dare sapore a una realtà che, altrimenti, si ritiene destinata all’inevidenza - ha osservato il cardinal Tettamanzi -.È importante che i media svolgano anche questa funzione di denuncia, ma occorre porgere queste notizie con responsabilità, così che non appaia che nulla funziona, che tutto è corrotto, che la situazione è irreparabile. Dai mezzi di comunicazione emerge una classe politica che tende a mettere al centro della propria azione le vicende personali dei suoi più diversi protagonisti. Certo, nessuno chiede di tacere episodi, fatti, denunce, indagini che riguardano quanti sono chiamati ad animare e guidare il Paese e dai quali tutti attendono esemplarità, nel pubblico e nel privato. Ma giornali e tv contribuiscono davvero a costruire e a promuovere la pubblica opinione, quando si lasciano contagiare dal clima avvelenato e violento causato da una politica che dimentica o sottovaluta i bisogni reali e concreti delle persone?. Quindi non si tacciano gli scandali (veri o presunti), ma l’informazione non può, non deve esaurirsi al racconto di scandali».
Così il cardinale ha chiesto più attenzione al sociale, ai problemi della gente, ai temi veri, anche se, giornalisticamente parlando, miti.
"Forse dobbiamo metterci d’accordo su cosa è sociale - risponde Calabresi-. La scuola è sociale? Gli asili nido che mancano sono sociale? La discarica è sociale? Anni fa la politica era l’asse portante di un giornale. Ma allora la politica incrociava di più la vita delle persone, oggi è più che altro scontro polarizzato. Il segreto è rendere sociale anche la politica. Come ha detto il cardinale Tettamanzi nel suo intervento, i lettori sono persone reali con bisogni reali. Bisogna partire da questi bisogni, leggendo gli effetti che le scelte della politica possono avere sulla vita di tutti i giorni, quindi sulla società».
Quale sarà il futuro del giornalismo? Riusciremo a raccontare la realtà?
«Ci sono modelli alternativi di vita da raccontare - ha concluso Tettamanzi -. Ci sono persone e comunità che attendono di essere narrate perché hanno intuizioni, progettano, studiano, lavorano, conseguono successi... Mostriamo il Paese che “ce la fa”, l’azione di quanti operano per uscire dalla crisi morale, sociale, politica, economica... Non serve creare ingenue rubriche di buone notizie, ma recuperare passione per la vita reale della gente, aiutarla a ripartire, sostenerla nel suo darsi da fare... Torniamo a guardare alla possibilità di un futuro migliore... Non rassegniamoci!».
E non si rassegnano nemmeno Mentana e Calabresi: «Quello che stiamo vivendo non è il periodo più nero della storia del giornalismo in Italia. Ci saranno pure le pressioni degli editori e della pubblicità, ma ciascun giornalista è responsabile delle sue azioni. E io credo che ci siano ancora professionisti che hanno la schiena e lo stomaco per sopportare qualche pressione».
Insomma il cammino è in salita, ma la fatica non è alla portata di soli iron-man. Intanto vi propongo qui sotto (tratti dal sito dell'Ucsi, i cronisti cattolici italiani) i 25 comandamenti del giornalismo redatti da Tim Radfort, free-lance dell'inglese Guardian, per un buon giornalismo. Radfort li ha usati per le sue lezioni di giornalismo, noi li leggiamo perchè non si finisce mai di imparare.

Tim Radfort
MY 25 COMMANDAMENTS FOR JOURNALISTS
di Tim Radford
1.Quando ti siedi a scrivere c' è una sola persona veramente importante nella tua vita. E' qualcuno che tu non incontrerai mai ed è chiamato lettore.
2. Non scrivi per far colpo sullo scienziato che hai appena intervistato, né per il professore che ti ha seguito all' università, o per il direttore che ti ha bocciato o per quella tipa sexy che hai appena incontrato a una festa e a cui hai detto che sei uno scrittore. Oppure per tua madre. Stai scrivendo per colpire qualcuno appeso a una maniglia della metro fra Parson's Green e Putney, che forse smetterà di leggere in un quinto di secondo.
3. Quindi, la prima frase che scriverai sarà la frase più importante della tua vita, e così la seconda, e così la terza. E questo perché, se tu puoi sentirti obbligato a scrivere, nessuno si potrà mai sentire obbligato a leggere.
4. Il Giornalismo è importante. Ma non deve, mai, sentirsi e mostrarsi importante. Niente spinge un lettore a rifugiarsi alla pagina delle parole crociate o a quella dei risultati dell' ippica più della pomposità. Quindi parole semplici, idee chiare e frasi brevi sono vitali nella narrazione giornalistica.
5. C' è una frase da incidere sul cartello che appenderai sulla tua macchina da scrivere: ‘'Nessuno mai protesterà se renderai un fatto più semplice da capire''.
6. Ed ecco un' altra cosa che dovrai ricordare ogni volta che ti siedi davanti alla tastiera: ‘'Nessuno ha il dovere di leggere questa merda''.
7. Se hai dei dubbi, parti dal fatto che il lettore non sa nulla. Ma non fare mai la sciocchezza di giudicarlo stupido. Un errore classico nel giornalismo è di sopravvalutare quello che il lettore sa e di sottovalutare invece la sua intelligenza.
8. La vita è complicata, ma il giornalismo non può essere complicato. E' proprio perché i problemi - medicina, politica, finanza - sono complicati che i lettori si rivolgono al Guardian, o alla Bbc, a Lancet, o alle vecchie pagine di giornale con cui si avvolge il pesce nelle pescherie e gli acquisti ai self service, sperando che li renderanno più semplici.
9. Quindi, se una questione è aggrovigliata come un piatto di spaghetti, tratta il tuo articolo come se fosse uno degli spaghetti, estratto dal groviglio. Rispettando la ricetta, con olio, aglio e salsa di pomodoro. Il lettore ti sarà grato perché gli hai dato la semplicità di una parte e non la complessità del tutto. Questo perché: a) il lettore sa bene che la vita è complicata, ma è contento di avere per lo meno un aspetto che è stato spiegato chiaramente e b) perché nessuno leggerebbe mai un servizio che annuncia: ‘'E' una vicenda inspiegabilmente complicata...''.
10. Una regola. Un articolo deve raccontare solo una cosa. Se hai di fronte quattro aspetti di una vicenda, intrecciali attorno alla cosa principale che devi raccontare. Puoi utilizzarne dei frammenti nel tuo articolo, ma solo se puoi farlo senza doverti staccare troppo dal racconto che hai scelto di seguire.
11. Una osservazione. Non cominciare a scrivere fino a quando non hai deciso qual è il senso della storia e cerca di formularlo con te stesso in una frase. Quindi chiediti se tua madre riuscirebbe ad ascoltare questa frase per più di un microsecondo senza riprendere a stirare. Quando dovrai vendere al direttore di un giornale una idea per un articolo, avrai lo stesso livello di attenzione, e quindi fai attenzione a quella frase. Spesso, non sempre, sarà la prima frase del tuo articolo.
12. C' è sempre un attacco ideale per qualsiasi articolo. Esso aiuta veramente a pensare a quello che viene dopo, perché scoprirai che le frasi successive si scrivono quasi da sole, molto velocemente. Non significa che tu sei semplicistico o superficiale. Oppure di gran talento. Significa solo che hai scritto la frase giusta.
13. Definizioni come queste non sono degli insulti per un giornalista. Il punto essenziale per chi paga per un giornale è avere delle informazioni che scivolano via facilmente e velocemente, senza troppe note, riferimenti oscuri e note alle note.
14. Parole come ‘'sensazionale'' o ‘'futile'' non devono far storcere il muso a un giornalista. Leggi quello che leggi - teatro elisabettiano, romanzi russi, fumetti satirici francesi, thriller americani - perché qualcosa nelle loro pagine stimola sentimenti di eccitazione, o di humour, il romanticismo o l' ironia. Il buon giornalismo dovrebbe darti appunto la sensazione di humour, di eccitazione, di intensità o di sapore piccante. Superficiale è uno degli insulti preferiti dai professoroni. Ma anche loro si appassionano delle loro materie prima di tutto perché vengono attratti da qualcosa di luccicante, appariscente e, è vero, di futile.
15. Le parole hanno un significato. Rispettalo. Guarda sul dizionario, scopri come vengono usate. E usale con proprietà. Non pavoneggiarti dietro la tua ignoranza. Non infilarti d'impulso in un sentiero impervio senza prima chiederti in che modo sarai capace di aprirti una strada.
16. I cliché, nell' istruzione classica del mondo dei quotidiani, devono essere evitati come la peste. Tranne quando sono il cliché adatto. E' sorprendente scoprire quanto sia utile un cliché, quando viene usato giudiziosamente. Perché il giornalismo non è tanto essere bravo quanto essere veloce.
17. Le metafore sono grandi cose. Ma non scegliere metafore astruse e mai, mai, mischiarle. La ciurma del Guardian aveva un Premio speciale , una sorta di Oscar dell' incompetenza, assegnato a un cronista di relazioni industriali che aveva spiegato al mondo che ‘'alcuni gatti selvaggi al Congresso delle Trade Unions erano appostati nel sottobosco, pronti a balzare come dei pirana, nonostante avessero la museruola''. E George Orwell raccontava di un poliziotto militare secondo cui ‘'la piovra dell' oppressione fascista aveva intonato il suo canto del cigno''.
18. Attenzione alle pose. Quando Mosé ordinò ai suoi comandanti di uccidere i Madianiti non lo fece per dimostrare che lui era un vero duro. (...). Il linguaggio del pub o del bar ha i suoi ritmi, il suo codice corporeo, i suoi sistemi di segnalamento. Il linguaggio della pagina non ha accentuazioni, non ha le tonalità che possono indicare scherzo o commedia o autoironia. Deve essere diretto, chiaro e vivido. E per essere diretto e vivo, deve seguire la propria grammatica.
19. Attenzione alle parole lunghe e incomprensibili. Attenzione al gergo. Se scrivi cose scientifiche questo è doppiamente importante. Devi bandire le parole che gli esseri umani normali non userebbero mai, come fenotipo, mitocondrio, inflazione cosmica, distribuzione di Gauss o isostasia. Non cercare di sembrare ‘'sfavillante'' o ‘'al settimo cielo'', basta essere brillante e felice.
20. L' inglese è meglio del latino. Tu non stermini, tu uccidi. Tu non ‘'sbavi'', tu sei innamorato. Tu non deflagri, bruci. Mosè non disse al Faraone:''La conseguenza della mancata liberazione della popolazione di un particolare soggetto etnico potrebbe determinare alla fine qualche particolare affezione alle colonie di alghe nel bacino centrale del fiume, con delle conseguenze impreviste per la flora e la fauna, e anche per i servizi ai consumatori''. Disse invece: ‘'le acque del fiume...si trasformeranno in sangue, e i pesci del fiume moriranno, e il fiume puzzerà''.
21. Ricorda che le persone vengono colpite da quello che è più vicino a loro. I cittadini della zona sud di Londra potrebbero preoccuparsi di più per la riforma economica in Surinam che per il risultato della squadra del Millwall il sabato, ma la maggior parte di loro non lo farà. Devi accettarlo. Il 24 novembre 1963, l' Hull Daily Mail (un giornale locale della zona di Hull, nello Yorkshire, ndr) mi mandò alla ricerca di un punto di vista locale sull' assassinio del presidente Kennedy. Una volta trovato l' attacco del pezzo, che faceva ‘'Gli abitanti di Hull erano in lutto stamani per...'', potevo andare avanti tranquillamente col racconto di quello che era accaduto a Dallas.
22. Leggi. Leggi un sacco di cose diverse. Leggi la Bibbia di Re Giacomo e Dickens, le poesie di Shelley e i fumetti della Marvel e i thriller di Chester Himes e Dashiel Hammet. Guarda le cose strabilianti che si possono fare con le parole. Osserva come possono evocare per incanto interi mondi nello spazio di mezza pagina.
23. Attenzione alle cose troppo definitive. L' ultimo cavallo di Godalming (cittadina del Surrey, ndr) non sarà certamente l' ultimo cavallo del Surrey. Ci sarà sempre più o meno qualcuno più grande, veloce, vecchio, giovane, ricco o nauseante del candidato a cui hai appena affibbiato l' ultimo superlative. Salvati sempre dai seccatori: ‘'Uno dei primi...'' ti salverà. Altrimenti, per lo meno qualificalo così: ‘'Secondo il Guinness dei primati...'', ‘'L' elenco dei ricchi del Sunday Times...''. E così via.
24. Ci sono cose che il buon gusto e la legge ti impediscono semplicemente di dire per iscritto. Le mie preferite sono: ‘'Assassino assolto'' e (in un articolo sulle funzioni religiose di Pasqua), ‘'Paul Meyers, che faceva Gesù Cristo, è emerso come la star dello show''.
25. Chi scrive ha delle responsabilità, non solo di tipo legale. Puntare alla verità. Se quest' ultima è sfuggente, e spesso lo è, per lo meno puntare alla correttezza, coscienti che c' è sempre un' altra faccia della vicenda. Attenzione a chi predica l' obbiettività. Costoro sono i più elusivi di tutti. Puoi scrivere che la Royal Society sostiene che l' ingegneria genetica è una buona cosa e che l' uranio impoverito è assolutamente innocuo. Ma devi ricordarti che l' ingegneria genetica è stata inventata da persone che sono state immediatamente accolte nella Royal Society, per la loro intelligenza, da altre persone che sono già membri della società perché hanno scoperto come arricchire il combustibile delle barre di uranio e come impoverire il resto. Dunque, parafrasando Miss Mandy Rice-Davies, (una delle protagoniste dello scandalo Profumo, ndr), "Che altro potrebbero dire, non vi sembra?'
L'INTERVENTO INTEGRALE DEL CARDINAL TETTAMANZI

Tettamanzi: la scelta della responsabilità

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