lunedì 18 ottobre 2010
Gabanelli, censure e giornalismo alla deriva
Premessa: ieri sera lavoravo e non ho visto report di Milena Gabanelli. Ma le polemiche che hanno accompagnato la puntata ci danno lo spessore del giornalismo, di come è inteso e dell'autorevolezza che si è conquistato in Italia.
Mi chiedo cosa sarebbe successo se ci fosse stato fra "gli uomini del presidente" un avvocato Ghedini anche ai tempi dello scandalo Watergate, ma forse oltre oceano, una figura del genere non sarebbe nemmeno concepita. Perchè solo in Italia l'opacità vera (non diversa da quella evocata per la genesi delle ville ad Antigua del presidente del Consiglio) è quella tra politica e giornalismo, imprenditoria e media. Di chi è la colpa? Dei giornalisti innanzitutto, una categoria che in questi anni, complice la congiuntura, si sta costruendo un declino sicuro sul fronte della credibilità, della trasparenza, dell'indipendenza (un esempio: sapete su quali argomenti vertono maggiormente le sanzioni dell'ordine dei giornalisti? Sul rapporto non sempre trasparente tra giornalisti e pubblicità). Di avvocati Ghedini è pieno il mondo, magari non laureati in legge, ma semplicemente in scienze della comunicazione, che spesso è la scienza di fare lobbing attraverso i giornali. Basta poco, spesso solo un buon ufficio stampa ed il gioco e fatto. E da giornalisti possiamo solo rimproverare noi stessi per aver perso una bussola che ora è difficile da recuperare.
Ci hanno vestito con delle casacche colorate e messo in squadra: a destra o a sinistra. Così è più facile, a torto o a ragione, bollarci come dei servi, minare il lavoro che molti continuano a fare con scrupolo. E spesso, è accaduto anche in questo caso, invece di difendere, a prescindere da come la si pensi, il lavoro d'inchiesta dei colleghi ecco la censura, l'insinuazione, l'accusa delle accuse: il falso moralismo.
Spiega Sallusti, il direttore del Giornale: "La procura di Roma avrebbe acquisito la perizia sul reale valore della casa di Montecarlo venduta da An via offshore e finita al cognato di Fini. Sarebbe tre volte tanto il prezzo pagato. La questione si arricchisce così di un nuovo tassello che per quanto ovvio ha la sua importanza. E dimostra come il presidente della Camera abbia mentito sulla dinamica e sul contenuto della vicenda. Siamo rimasti soli a chiedere che si faccia luce. Poco male, fin dall'inizio le grandi firme del giornalismo d'inchiesta e i campioni di moralismo, quelli che alla casta gli spezzerebbero le reni, si sono affannati a cercare smentite invece che investigare per trovare conferme. Non ce l'hanno fatta ma non si danno pace. A dare loro manforte è scesa in campo ieri sera anche Milena Gabanelli, la segugia di Report , in prima serata su Raitre. La Gabanelli è una brava giornalista, non c'è dubbio. Ma ha un difetto: i suoi dossier ( pardon, i giornalisti democratici fanno solo inchieste) sono a senso unico. Ha fatto le pulci a mezzo centrodestra, è stata alla larga da qualsiasi cosa possa portare dalle parti della sinistra. Quindi anche da Gianfranco Fini. Peccato, con il suo intuito avrebbe dato una grossa mano alla ricerca della verità. A parte quella, però, le case le interessano. Anzi, è attratta da una in particolare, che guarda caso è di Silvio Berlusconi. Altro che i settanta metri quadrati di Montecarlo, parliamo di una reggia costruita ad Antigua".
L'esito di tutto ciò è che sia il lavoro della "comunista" Gabanelli come quello del "berlusconiano" Sallusti finiscano per essere bollati come inchieste di parte al di là di quella ricerca di trasparenza che aveva ispirato entrambe. Faziosità e giornalismo non vanno d'accordo, aprono le strade ai tanti Ghedini che popolano l'Italia, dai piccoli comuni (con tanti sindaci di destra e sinistra che confondono il consenso popolare con il salvacondotto per dire e fare cazzate) alle grande città. Così si giustificano silenzi (quanti no comment hanno raccolto i collaboratori di Report da amministratori e politici, compresi quelli bresciani?), si fanno melina, si eludono, con l'arroganza di chi passa con il rosso e fa pure il gestaccio al vigile, quelle richieste di trasparenza e spiegazioni che non dovrebbe essere esigenze del giornalista, ma dell'opinione pubblica. Qualcuno mi dirà: sei il solito moralista (i nuovi liberi pensatori dell'era moderna, si sa, hanno messo al bando parole come morale, etica, coerenza e guai a contraddirli). Qualcunn altro mi vaticinerà che mi estinguerò presto. Poco male. Intanto sfoglio il giornale e leggo della lista dei regali ricevuti da Toni Blair durante la permanenza a Downing Street e riscattati (pagando di tasca propria) dall'ex premier a fine mandato. Quella banale lista di orologi e altre amenità è stata chiesta al Cabinet Office dalla Commissione per la libertà d'informazione. Perchè in Gran Bretagna, la libertà di informazione è una questione di stato....
God save the queen.
CLICCA QUI E GUARDA LA PUNTATA DI REPORT
CLICCA QUI PER VEDERLA DAL SITO RAI.TV
GIUSTO PER RINFRESCARCI LA MEMORIA....
Mi chiedo cosa sarebbe successo se ci fosse stato fra "gli uomini del presidente" un avvocato Ghedini anche ai tempi dello scandalo Watergate, ma forse oltre oceano, una figura del genere non sarebbe nemmeno concepita. Perchè solo in Italia l'opacità vera (non diversa da quella evocata per la genesi delle ville ad Antigua del presidente del Consiglio) è quella tra politica e giornalismo, imprenditoria e media. Di chi è la colpa? Dei giornalisti innanzitutto, una categoria che in questi anni, complice la congiuntura, si sta costruendo un declino sicuro sul fronte della credibilità, della trasparenza, dell'indipendenza (un esempio: sapete su quali argomenti vertono maggiormente le sanzioni dell'ordine dei giornalisti? Sul rapporto non sempre trasparente tra giornalisti e pubblicità). Di avvocati Ghedini è pieno il mondo, magari non laureati in legge, ma semplicemente in scienze della comunicazione, che spesso è la scienza di fare lobbing attraverso i giornali. Basta poco, spesso solo un buon ufficio stampa ed il gioco e fatto. E da giornalisti possiamo solo rimproverare noi stessi per aver perso una bussola che ora è difficile da recuperare.
Ci hanno vestito con delle casacche colorate e messo in squadra: a destra o a sinistra. Così è più facile, a torto o a ragione, bollarci come dei servi, minare il lavoro che molti continuano a fare con scrupolo. E spesso, è accaduto anche in questo caso, invece di difendere, a prescindere da come la si pensi, il lavoro d'inchiesta dei colleghi ecco la censura, l'insinuazione, l'accusa delle accuse: il falso moralismo.
Spiega Sallusti, il direttore del Giornale: "La procura di Roma avrebbe acquisito la perizia sul reale valore della casa di Montecarlo venduta da An via offshore e finita al cognato di Fini. Sarebbe tre volte tanto il prezzo pagato. La questione si arricchisce così di un nuovo tassello che per quanto ovvio ha la sua importanza. E dimostra come il presidente della Camera abbia mentito sulla dinamica e sul contenuto della vicenda. Siamo rimasti soli a chiedere che si faccia luce. Poco male, fin dall'inizio le grandi firme del giornalismo d'inchiesta e i campioni di moralismo, quelli che alla casta gli spezzerebbero le reni, si sono affannati a cercare smentite invece che investigare per trovare conferme. Non ce l'hanno fatta ma non si danno pace. A dare loro manforte è scesa in campo ieri sera anche Milena Gabanelli, la segugia di Report , in prima serata su Raitre. La Gabanelli è una brava giornalista, non c'è dubbio. Ma ha un difetto: i suoi dossier ( pardon, i giornalisti democratici fanno solo inchieste) sono a senso unico. Ha fatto le pulci a mezzo centrodestra, è stata alla larga da qualsiasi cosa possa portare dalle parti della sinistra. Quindi anche da Gianfranco Fini. Peccato, con il suo intuito avrebbe dato una grossa mano alla ricerca della verità. A parte quella, però, le case le interessano. Anzi, è attratta da una in particolare, che guarda caso è di Silvio Berlusconi. Altro che i settanta metri quadrati di Montecarlo, parliamo di una reggia costruita ad Antigua".
L'esito di tutto ciò è che sia il lavoro della "comunista" Gabanelli come quello del "berlusconiano" Sallusti finiscano per essere bollati come inchieste di parte al di là di quella ricerca di trasparenza che aveva ispirato entrambe. Faziosità e giornalismo non vanno d'accordo, aprono le strade ai tanti Ghedini che popolano l'Italia, dai piccoli comuni (con tanti sindaci di destra e sinistra che confondono il consenso popolare con il salvacondotto per dire e fare cazzate) alle grande città. Così si giustificano silenzi (quanti no comment hanno raccolto i collaboratori di Report da amministratori e politici, compresi quelli bresciani?), si fanno melina, si eludono, con l'arroganza di chi passa con il rosso e fa pure il gestaccio al vigile, quelle richieste di trasparenza e spiegazioni che non dovrebbe essere esigenze del giornalista, ma dell'opinione pubblica. Qualcuno mi dirà: sei il solito moralista (i nuovi liberi pensatori dell'era moderna, si sa, hanno messo al bando parole come morale, etica, coerenza e guai a contraddirli). Qualcunn altro mi vaticinerà che mi estinguerò presto. Poco male. Intanto sfoglio il giornale e leggo della lista dei regali ricevuti da Toni Blair durante la permanenza a Downing Street e riscattati (pagando di tasca propria) dall'ex premier a fine mandato. Quella banale lista di orologi e altre amenità è stata chiesta al Cabinet Office dalla Commissione per la libertà d'informazione. Perchè in Gran Bretagna, la libertà di informazione è una questione di stato....
God save the queen.
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GIUSTO PER RINFRESCARCI LA MEMORIA....
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2 commenti:
Caro Marco:
sai che seguo, non lo dico per piaggeria, il tuo blog con attenzione per le cose che dici e come le dici. Questa volta hai fatto più centro delle altre. Sei riuscito a rappresentare il pensiero di molti italiani e non nascondo di trovarmi fra questi. La vicenda inseguita dalla Gabanelli è di alto profilo giornalistico e forse per questo inseguita dalla schiera di giornalisti che non condividono il suo modo di fare la professione senza doversi tutti i giorni inchinare di fronte a qualcuno o qualcosa.
Buon lavoro.
Enzo Trigiani
Grazie, Enzo
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