Cari amici che avete la costanza e un pizzico di autolesionismo per seguire questo blog permettetemi di farvi una segnalazione. E' disponibile on line (lo potete stampare in formato Pdf)il nuovo numero di Zona 508, periodico dalle carcere bresciane, un'esperienza editoriale in cui vesto gli immeritati panni di direttore responsabile. Un'esperienza umana che tutti quelli che fanno il mio mestiere, il giornalista, soprattutto dopo anni passati a scrivere di processi e delitti dovrebbero fare per dare un senso al loro raccontare, un calcio ai luoghi comuni, per dare un'anima a storie di drammi e, spesso, di ordinaria emarginazione. "Noi siamo spesso solo titoli di giornale" dicono i detenuti e proprio entrando in carcere si scopre che questi "titoli di giornale" da dietro alle sbarre hanno un'altra storia da raccontare, un'altra voglia da soddisfare: quella del riscatto. Ed è il mondo che, con l'aiuto prezioso di tanti volontari dell'associazione bresciana Carcere e territorio, vero motore dell'iniziativa, vuole raccontare Zona 508.
Cliccate qui per scaricare l'ultimo numero del giornale (oppure cercate il link qui a destra per accedere al sito dove troverete tutti i numeri della pubblicazione). Il tema del nuovo numero è quello dell'indifferenza raccontata da chi sta dietro le sbarre e da chi, quotidianamente, deve fare i conti con il mondo carcerario.
Sperando di non abusare della vostra pazienza, ecco il mio editorale sul tema...
L’indifferenza e la paralisi dell’anima
“Il peggior peccato contro i nostri simili non è l’odio ma l’indifferenza: questa è l’essenza dell’inumanità”. Ho preso in prestito questa frase di George Bernard Shaw perché mi pare che vesta bene questo nuovo numero di “Zona 508”, una pubblicazione nata proprio dalla voglia di abbattere un muro più spesso e robusto di quello che circonda il carcere di Canton Mombello: l’indifferenza, appunto.
Basta sfogliare i giornali, guardarci attorno, passare a memoria le immagini della campagna elettorale appena conclusa per capire quanto l’indifferenza sia parte integrante della nostra vita, della nostra scarsa voglia di metterci in gioco, della nostra pigrizia. Non è un caso che abbiamo mille ricette per rendere le nostre città più sicure, ma nessuno che ci dica come si combatte il male alla fonte, eliminando quelle sorgenti di disagio che, spesso, sono la molla di un comportamento criminale. In tanti ci dicono come ripulirebbero le strade dai criminali, pochi o nessuno ci spiegano come ritengono di risolvere quel problema, che sta alla base di molte condotte illegali e reiterate nel tempo, e che si chiama recidiva. Insomma ci si preoccupa troppo spesso dei rami della pianta e poco delle radici perché costa tempo e fatica entrare in profondità nei problemi: meglio coprirli, dunque, con un bello strato di indifferenza.
Così ci si preoccupa molto della pena come mera punizione, poco della pena in termini di riabilitazione, dove non basta cambiare un articolo del codice, mutare una legge, ma servono progetti, risorse, uomini e idee. Così dietro le sbarre l’indifferenza è come una muffa che copre la speranza, come la ruggine che inceppa un meccanismo che, al contrario, dovrebbe essere oliato ed efficiente per costruire un futuro senza la madre di tutti i mali: la recidiva. In questi anni si è fatto molto per vincere l’indifferenza: si è lavorato sull’educazione di chi sta fuori (partendo dal basso, dalle scuole, e incontrando un’attenzione che non ti aspetti) e sulle motivazioni di chi sta dentro (il polo universitario di Verziano ha laureato la sua prima studentessa che ha fatto un percorso, è giusto precisarlo per chi va ipotizzando l’ennesimo pretesto per una detenzione attenuata giustificata da frequenti uscite per ragioni di studio, tutto interno alla struttura carceraria), sulle istituzioni (la mobilitazione attorno al polo universitario è stata corale) e sulle persone (portando l’esperienza carceraria fuori dal perimetro detentivo e portando la gente a toccare con mano cosa voglia dire vivere all’interno di un carcere). Insomma si è lavorato sodo per costruire un ponte che superi il corso melmoso dell’indifferenza. Forse non sarà avveniristico come il ponte di Calatrava a Venezia, ma poggia su basi solide , su principi sani, su progetti condivisi.
Recentemente una tv locale di Brescia ha realizzato uno speciale dedicato al carcere. Un programma nel quale sono state cucite storie di ordinaria emarginazione, storie di delitti, pene e tentativi di riscatto. Racconti di un’umanità forte, storie di persone che si sentono spesso solo titoli di giornale, esecrati per un giorno e dimenticati il giorno successivo. Inghiottiti da una indifferenza che paralizza. In questo numero di Zona 508 abbiamo voluto conoscere la “bestia” e lo abbiamo fatto con lo stile di sempre: senza lamentazioni fini a se stesse, per essere protagonisti e non vittime. Protagonisti e non vittime come quella madre che ci ha scritto chiedendo di poter dare la sua collaborazione all’esperienza di “Zona 508”, per far conoscere la fatica di vivere di tanti genitori che condividono con i figli una pena che nessuno gli ha inflitto se non la forza dell’amore. Un altro importante colpo di piccone per abbattere il muro più robusto e più alto. Affinchè l’indifferenza non diventi, come ha scritto qualcuno, “la paralisi dell’anima, una morte prematura”.
Marco Toresini
(da "Zona 508" Giugno 2009)
Vale anche un pizzico di ironia per battere l'indifferenza...
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