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venerdì 27 marzo 2009

Giustizia? Veniamo dopo l'Angola


"La giustizia è l'insieme delle norme che perpetuano un tipo umano in una civiltà" (Antoine de Saint-Exupéry)
E' un principio giornalistico consolidato: se una notizia diventa routine, anche se importante è facile che finisca tra le "brevi". Così nelle edizioni di oggi di qualche quotidiano troviamo l'ennesima condanna del Consiglio d'Europa per la lentezza delle procedure giudiziarie italiane a far da riempitivo agli ingombri pubblicitari (cfr. Corriere della sera del 27 marzo, pagina 23).
Eppure quelle poche righe dicono una verità agghiacciante: per la lentezza dei processi l'Italia è 156esima nel mondo, dopo Angola, Gabon, Guinea e Sao Tomè. Bel colpo, Italia!
Parecchi anni fa venne a trovarmi in redazione un sarto con laboratorio nel centro di Brescia, aveva una storia da raccontarmi che già allora faceva gridare allo scandalo: la moglie era morta 10 anni prima, colpita da un male atroce e doloroso, un male che, nei sospetti del marito disperato, era stato mal diagnostica e altrettanto malamente curato. Ne nacque una causa civile che, dopo dieci anni, non aveva ancora esaurito il primo grado di giudizio. "Io non voglio aver ragione a tutti i costi - spiegava quell'uomo con composta dignità -: vorrei solo che la giustizia mi dicesse se per salvare mia moglie sia stato fatto tutto il possibile e se i medici abbiano lavorato con scrupolo e competenza professionale".
Richiesta sacrosanta che forse in Angola sarebbe stata soddisfatta con più celerità. Ricordo che dopo aver raccolto la testimonianza del sarto bresciano parlai con il presidente del tribunale di allora che, lasciò da parte le difese d'ufficio, le belle parole da uomo di diritto, e allargò le braccia facendo capire che forse quella storia era un caso limite, ma la routine della giustizia civile bresciana non era molto diversa.
Sono passati anni da quel giorno, ma non c'è inaugurazione di anno giudiziario che non mi si dipinga davanti la faccia rassegnata di quel sarto bresciano al cospetto di uno Stato incapace di dargli risposte in tempi rapidi. Un segno di civiltà, che nessuno è ancora in grado di garantire.
Ne usciremo mai da questa situazione? La vedo dura. Servono sì più mezzi, più uomini (vedi la situazione di certe procure e di certi tribunali), nuove regole, ma anche una nuova mentalità. Come conciliamo la necessità di processi rapidi con il vecchio principio che per un avvocato riuscire a lucrare un rinvio nel corso del processo è una mezza vittoria, un passo importante verso l'unica giustizia che funzioni: la prescrizione?
Come conciliamo la necessità di processi spediti se non si mette mano in maniera seria ad un lavoro di depenalizzazione dei reati minori ma, al contrario, non si spreca occasione per aggiungere nuove ipotesi criminose, che potrebbero essere comodamente perseguite per via amministrativa?
Dilemmi mai sciolti sui quali nemmeno la riforma della giustizia del ministro Angelino Alfano sembra dare risposte incoraggianti. Il Guardasigilli ieri si è affrettato a dire che con la riforma cambieranno molte cose e vi sarà quell'accelerata in campo Civile attesa da tempo. Gli esperti non ne sono così sicuri. Vittorio Grevi in un articolo sul Corriere della Sera (http://archiviostorico.corriere.it/2009/febbraio/08/rischio_processi_piu_lenti_co_9_090208032.shtml)
del febbraio scorso, denuncia, ad esempio, come il progetto del Governo sulla giustizia penale finisca per perseguire altre finalità rispetto all'esigenza di maggiore funzionalità. "La sensazione - conclude Grevi - è che - semmai dovesse diventare legge il progetto Alfano - difficilmente potrebbero riceverne concreti vantaggi la funzionalità e la durata del processo penale".
Sarà così o l'insigne docente universitario rema contro?
A Brescia c'è un sarto che aspetta.... per non sentirsi dire dal venditore africano che bazzica il centro storico della città lombarda che in Angola le cose vanno meglio.

2 commenti:

stefytolly ha detto...

E' un sollievo sapere che non corro più il rischio di sentirmi rivolgere, dal suddetto insigne docente universitario pavese, il seguente invito (con il tipico tono tra l'ironico e l'altezzoso): "Signorina, parliamo del progetto di riforma della giustizia penale. Ha letto cosa scrivono i giornali? ..su, ordunque, cerchiamo di chiarire due concetti a quegli ignoranti dei giornalisti...".

Simpatico il Grevi neh?
Mi vengono ancora i brividi nel ricordarmi quell'esame...

Marco Toresini ha detto...

Essere preparati nelle analisi, casa Stefy, e anche simpatici è come pretendere un po' troppo dalla vita. Resta il fatto che Grevi è sempre acuto nei suoi commenti. Sulla poca stima dei giornalisti e sul loro grado di informazione sui temi della giustizia è un po' un dato di fatto. Comunque qualche soddisfazione sul punto me la sono presa anche io conversando con avvocati - professori...