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martedì 31 marzo 2009

Ci hanno detto che dobbiamo morire.





Com'è la vita a cento anni?




"Ho perso un po' la vista, molto l'udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent'anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo. Io sono la mente"
(Rita Levi Montalcini intervistata dallo scrittore Paolo Giordano per il mensile Wired)




Ci dicono che dobbiamo morire. Ci dicono che siamo finiti, che le nuove tecnologie ci renderanno vecchi e osboleti come una vecchia radio con le valvole. Ci dicono che costiamo troppo, come quel centro tavola di Capomonte, che han regalato ai miei per le nozze d'argento. Ci dicono che siamo di troppo in questo mondo dove marketing fa così poco rima con journalism.


Ci dicono, insomma che dobbiamo morire. Professionalmente, intendo. Ma noi ci sentiamo un po' come Rita Levi Montalcini: forse provati nel fisico (un fisico di carta, che molti non usano più nemmeno per avvolgere il pesce o imbiancare la casa), ma noi non siamo il corpo. Siamo la mente. La mente prestata ad un mondo che non aspetta altro che essere raccontato; la mente che sa distinguere i fatti dalle opinioni, che aiuta a discernere fra ciò che sta succedendo e ciò che altri vorrebbero che accadesse, che aiuta a capire il mondo partendo dai fatti e non dagli aggettivi.

Eppure ci dicono che siamo finiti, che la crisi economica accelererà ciò che la rivoluzione tecnologica ha instradato: il nostro declino. E il viottolo in discesa l'abbiamo costruito un po' anche noi, barattando l'autorevolezza con i privilegi, un po' di verità con un giro di valzer sulla giostra del potere. Così non stupiamoci se il 68 % dei lombardi, in una indagine recente, ci ha giudicato bugiardi , il 60% ha ritenuto inadeguata la nostra informazione, il 52% "di parte" il nostro lavoro.
Ci dicono anche per questo che dobbiamo morire, che l'informazione sulla rete è ovunque e che, quindi, noi possiamo anche non essere in alcun posto.
Ma c'è anche chi dice che, forse, spariranno i giornali, ma resterà il giornalismo con le sue regole e le sue tecniche capaci di garantire informazione qualificata, comprensibile, obiettiva.
Ci dicono che dobbiamo morire, ma se sapremo rigenerarci forse a morire sarà solo il corpo.
E noi non siamo il corpo. "Siamo la mente".



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