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lunedì 8 novembre 2010

La lezione della gru e quel colpo di teatro che ancora non c'è


Questo pomeriggio (lo so, avrei potuto utilizzare meglio questo giorno di ferie, ma - che volete - per uno come me è il richiamo della foresta) sono stato in via San Faustino a Brescia  (avete letto i miei tweet?) dove alcuni immigrati sono da poco meno di dieci giorni saliti su una gru rivendicando il permesso di soggiorno dopo aver pagato per istruire una pratica costata parecchie centinaia di euro. Questa mattina polizia e carabinieri hanno sgomberato il presidio che sosteneva gli immigrati abbarbicati sulla torre con cariche e arresti arrivando al risultato di un pomeriggio di contrapposizione aspra con i manifestanti in via San Faustino e gli asserragliati sulla gru che minacciano di buttarsi di sotto e dicono che faranno lo sciopero della fame se a dar loro da mangiare sarà la questura (detto per inciso la Lega ha già detto di prendere per fame e per sete quel manipolo di rivoltosi). Sono stato in via San Faustino, cuore storico e multirazziale di Brescia, perchè volevo capire. Ho trovato una città finita in un culo di sacco come il tappo che un cordone di poliziotti e di blindati ha creato a difesa della gru della discordia con i suoi scomodi abitanti. Ho trovato una città che non sa più che pesci pigliare per venire fuori da una situazione paradossale e rischiosa, da una storia che si è talmente avvitata su se stessa che rischia di diventare infinita, con tutti i rischi di emulazione che già si registrano qua e la per l'Italia.
Conversando con alcune persone che avevano seguito il caso sin dall'inizio, non ho potuto fare a meno di leggere un certo sconforto per come la questione è stata gestita sin dalle prime battute. Non basta il pugno di ferro se il risultato finale sono sei persone su una gru che tengono in scacco una città (è il risultato che si voleva sbancando il presidio che questi avevano allestito in un giardinetto o vietando una manifestazione, dandole di fatto diritto di scorazzare senza preavviso per la città?), non bastano le dichiarazioni di principio sulla legalità se poi di fatto ci si mette in condizioni di non poterla garantire perchè si è fatto un tal casino (le foto di gente manganellata davanti alla chiesa di San Faustino, non sono una bella immagine di ripristino della legalità e non fa bene alla nostra democrazia) che ora si fatica ad intravedere la luce in fondo al tunnel.
L'ordine pubblico è una scienza difficile, un'alchimia fatti di passi avanti e concessioni, un gioco sottile nel quale si sa dove si vuole arrivare, dicevano i vecchi poliziotti e gli uomini dello Stato. "Ecco - mi spiega in via San Faustino uno dei protagonisti delle trattative di questi giorni - la verità che a Brescia non ho mai incontrato  come in questi anni interlocutori così poco autorevoli. Così tanto asserviti alla politica". Già, la politica. In via San Faustino ieri non si è consumata una questione di ordine pubblico, ma una questione prettamente politica (un po' nell'interesse di tutte le parti in causa, per la verità). Su quella gru non sventolano solo gli striscioni di chi chiede più diritti, ma soffia anche il vento della campagna elettorale prossima futura. Un vento di quelli che non piacciono nemmeno ai velisti, di quelli bizzarri e nervosi che rischiano di spezzare vele e alberi.
Che fare ora. Osvaldo Squassina, ex segretario della Fiom di Brescia, ex consigliere  regionale (un altro che non ha resistito a fare una capatina in via San Faustino) allarga le braccia con la faccia di chi, in tanti anni di trattative sindacali, una situazione così non l'ha mai vista. "Mi sembra che siano stati fatti tanti sbagli - osserva - ci vorrebbe ora l'impegno di persone autorevoli e terze e di qualche esponente del Governo". Un'idea la azzarda anche: "E se i direttori dei quotidiani locali chiamassero Maroni e chiedessero nel nome della città e della necessità di restituirle serenità, di incontrare i ragazzi sulla gru? Non vorrebbe dire concedere automaticamente loro il permesso di soggiorno, ma ascoltarli facendo loro una proposta alla quale è difficile dire di no rimanendo appesi a quella gru".
Osvaldo Squassina si sta godendo la pensione, ma la tempra del trattativista non l'ha persa affatto e il colpo di  teatro potrebbe avere un suo perchè. Già: è proprio un peccato che Brescia non abbia più i mediatori autorevoli e  preparati di un tempo.  

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