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mercoledì 17 marzo 2010

Carcere e riscatto: vi racconto una storia

"Certo non ho vissuto in paradiso: la mia vita l'ho vissuta tra le fiamme dell'inferno, dove agli angeli il minimo che gli possa capitare è bruciarsi le ali e vedersi preclusa la possibilità di volare tanto alto quanto la loro natura avrebbe consentito.... "

Il suo nome? No, non ve lo dico, anche perchè non so, quanti amici di questa sua nuova vita conoscano quella scritta dietro una pagina appena voltata. La sua storia, però, ve la racconto volentieri (sperando di non far troppi danni con questa biografia non autorizzata) anche perchè in queste ore lui discute la tesi di laurea in giurisprudenza, un ulteriore tassello lungo un cammino che si chiama riscatto. Sì perchè la prima volta che lo conobbi (alcuni anni fa) era arrivato a Brescia con un permesso speciale perchè era un detenuto del penitenziario di Fossombrone, braccio di Levante, quello di massima sicurezza, quello che ospita i carcerati di mafia. Lui è nato in Calabria, in uno di quei paesi, Palmi, dove alcune condizioni di vita sono come un marchio di fabbrica, un tatuaggio difficile da togliersi di dosso e per la giustizia quel tatuaggio si chiama "associazione mafiosa". Ma lui quel giorno era a Brescia per raccontarci la sua passione per la scrittura, la poesia, la prosa e il teatro. Era a Brescia per raccontarci il suo mondo a quadretti, come si chiama la rivista carceraria che lui con altri detenuti realizzava a Fossombrone. La sua passione per la scrittura gli ha portato negli anni anche premi letterari, riconoscimenti nazionali, soddisfazioni che aiutano a vivere. Soprattutto se, sono parole sue, pensi che: "i confini della tua vita sono le mura del carcere,che il sole non può sorgere per te perchè dentro i confini di quel mondo non poteva che essere sempre e solo notte". "I miei occhi però - racconta ricostruendo il suo arrivo in carcere e una notte trascorsa pensando al suo futuro - erano accecati dall'intensità della luce e per me quella era l'alba del mio nuovo giorno, un giorno che avrebbe smentito la mia convinzione iniziale".
Quel giorno ricco di sole ha riempito la sua vita di scommesse: un diploma conseguito dietro le sbarre e poi, dopo la scarcerazione, l'università e gli studi scelti proprio qui a Brescia, la città che lo aveva accolto nel suo salotto buono (il Vanvitelliano di palazzo Loggia) in un pomeriggio in cui si è riflettutto di pena detentiva e cultura, carcere e riscatto. Intanto, da uomo libero, non ha mai rinnegato gli anni difficili della detenzione, mettendo il suo impegno e la sua passione a disposizione dei volontari di Carcere e Territorio, con i quali collabora per Zona 508 (il periodico degli istituti di pena bresciani) e per il "Progetto scuola" un percorso formativo dedicato agli istituti superiori bresciani per far conoscere la realtà carceraria agli studenti. Persino la sua tesi parla di pena e misure di sicurezza perchè il passato può aiutare a capire meglio il presente. "Scrivendo - racconta quando ancora era detenuto in un saggio premiato anni fa in un concorso letterario - ho rovistato ogni giorno di tutti gli anni trascorsi in detenzione; ho raccolto tutte le macerie, le angosce e i tormenti; li ho abbandonati dentro una cella, ho chiuso la porta e gettato la chiave; per me però ho trattenuto la speranza, quella speranza da mettere nel bagaglio che mi accompagnerà all'uscita". Quella speranza, caro amico, oggi è diventata una certezza: la certezza che il paradiso (quello che dipingi nella citazione con il quale ho aperto questo post) può essere tale anche nelle piccole cose. Nelle scommesse giocate a cuore aperto e nelle sfide vinte.
Auguri, caro dottore....

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